La Corte di Legittimità enuclea i requisiti che permettono ritenere valido il motivo di ricorso per cassazione adagiato quasi per intero sull’atto fiscale (tecnica sovente attinta dalla Agenzia delle Entrate), in detti termini trasfuso nel corpo dello scritto. Si tratta, come notorio, della tecnica di redazione dei ricorsi “assemblati” o “farciti” -per attingere la locuzione in uso-, consistente nell’inserimento del documento completo, non accompagnato da alcuno sforzo di rielaborazione dei relativi contenuti. Tale metodica di redazione, spesso sostanziatasi in ricorsi assai corposi, non soddisfa il requisito di sinteticità, ed impedisce una agevole comprensione del vizio dedotto, sortendo oltremodo l’effetto contrario, ove si consideri giungere ad un sostanziale occultamento dei dati rilevanti ai fini della pronuncia sollecitata, spesso tale da minare il parallelo canone di autosufficienza del ricorso. Atteso non essere onere della Corte procedere ad una defatigante identificazione della premessa in fatto, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, indicato dall’art. 366 cpc, N° 3, deve perseguire il proposito di epurare dall’ambito di indagine le questioni non più rilevanti ai fini del giudizio di legittimità, e consentire così un agevole ed immediato raccordo tra l’antefatto processuale ed i motivi dell’impugnativa. Il requisito anzidetto, pertanto, difetta nel ricorso ex art. 360 cpc, se limitatosi a trascrivere l’intero atto fiscale, ancorché non esaminato dal giudice di merito, non potendosi demandare alla Corte un onore suppletivo di indagine sul fatto storico. I corollari di autosufficienza e sinteticità del ricorso, tuttavia, possono intendersi a tal fine osservati se, dal coacervo dei documenti riportati in ricorso, possa comunque essere isolato il corpo logico dell’atto, e compreso agevolmente il motivo di legittimità articolato dal difensore (Cassazione Civile, Sezione Quinta Civile, sentenza 36694 del 15 Dicembre 2022).
Studio Legale Avvocato Francesco Noto Cosenza Napoli