Validità fideiussione

Quali elementi determinano la sopravvenuta inefficacia della fideiussione prestata in favore di una banca o di una istituzione finanziaria?

Come può il garante liberarsi della fideiussione per tempo prestata?

Quali circostanze determinano la liberazione dall’obbligo sottoscritto?

Gli interrogativi suesposti trovano risposta in una recente ordinanza della Corte di Cassazione, deputata a ridimensionare le recenti aperture che avevano alimentato un contenzioso divenuto seriale da parte del ceto debitorio, incardinato sulla sopravvenuta invalidità delle garanzie prestate, per fattori correlati all’inerzia della banca (lo stesso dicasi per l’intermediario finanziario), oppure per il mutamento delle condizioni finanziarie delle parti garantite.

Come notorio, il codice civile dedica apposita sezione alla tematica della fideiussione, prevendendo due diversi principi, volti appunto a regolamentare il peggioramento delle condizioni economiche, e poi i termini di esercizio del diritto da parte del creditore garantito.

L’art. 1956 cc prevede la liberazione del fideiussore, nell’ipotesi in cui abbia fatto credito al debitore, pur conoscendo il peggioramento delle condizioni finanziarie, in detti termini aggravando la posizione del garante.

L’art. 1957 cc, di contro, disciplina la decadenza del creditore, obbligato ad escutere il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza del debito, perché solo in questo caso può estendere l’attività di recupero, seppure in un momento posteriore, al garante.

Entrambe le regole codicistiche conoscono una più mirata, ed in larga misura derogatoria, disciplina nelle usuali fideiussioni predisposte dalla banca (confluenti nella eterogenea tipologia negoziale dei contratti autonomi di garanzia), volte a disciplinare le tematiche suesposte nei seguenti termini:

1- Obbligo contrattuale in capo ai fideiussori di mantenersi informati circa l’andamento finanziario della parte garantita.

2- Previsione pattizia di durata della fideiussione sino alla completa tacitazione del debito garantito.

3 – Deroga convenzionale al termine ex art. 1957 cc, mediante apposita clausola di escussione c.d. a prima richiesta, dunque svincolata dal debitore principale e dal termine codicistico semestrale.

Circa tale ultimo punto, come notorio, la Corte di Cassazione, con la nota sentenza a Sezioni Unite N° 41994/2021, ha dichiarato la nullità parziale dello schema ABI redatto per le fideiussioni omnibus 2003, nella parte (e non solo quella) in cui prevedevano la possibilità di derogare in via pattizia al termine semestrale, e ciò per essere lo schema ABI suddetto l’epilogo di una intesa restrittiva della concorrenza, vietata ex art. 2 L. N° 287/1990.

Da qui l’autentico dilagare dei rilievi sulle fideiussioni (a prescindere dalla tipologia -omnibus o specifica- e dall’anno di sottoscrizione), spesso per la prima volta in appello o anche in Cassazione (talune volte persino senza neppure allegare lo schema ABI o la stessa fideiussione, nella più totale divergenza ai criteri sottesi allo scrutinio contrattuale), per sentire dichiarata la sopravvenuta liberazione del debitore, e molto più spesso la nullità della fideiussione.

Lo stesso format espositivo si è presentato dinanzi alla Corte di Cassazione, a fronte di un giudizio (originato da opposizione a decreto ingiuntivo) che ha visto i garanti eccepire dapprima la liberazione del garante ex art. 1956cc, e solo dinanzi al giudice di appello la nullità della fideiussione per contrarietà all’art. 2 L. N° 287/1990, dimostrata a loro dire dal provvedimento della Banca d’Italia N° 55/2005.

I giudici di merito hanno respinto entrambi i rilievi, confermando il decreto ingiuntivo, ed a ciò ha fatto seguito l’impugnativa nella sede di legittimità, volta a dedurre la decadenza del creditore e comunque la sopravvenuta invalidità della fideiussione.

La Corte di Legittimità respinge il ricorso degli originari ingiunti, mediante pronuncia destinata a circoscrivere i margini di operatività del ceto debitorio.

Per quanto concerne la sopravvenuta decorrenza del termine semestrale per l’escussione della fideiussione (rilievo per i ricorrenti correlato alla invalidità della clausola derogatoria inserita nel corpo del contratto autonomo di garanzia, a loro dire contrario allo schema fideiussorio ABI 2003), l’Organo di Legittimità, dopo avere comunque ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per la impropria metodica di deduzione, ritiene ad ogni modo infondato il rilievo dei debitori.

Il fulcro del contendere si sposta non già sul valore della clausola (per quanto di contenuto omologo allo schema ABI 2003, comunque sottoscritto in un momento posteriore), bensì sulla acclarata possibilità per il debitore di rinunciarvi in via pattizia o per fatti concludenti.

Tali rinuncia deve intendersi sussistente allorquando il contratto di garanzia intercorso tra la banca ed il garante annoveri una apposita clausola dal seguente tenore: “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escludere il debitore principale o il fideiussore medesimo o qualsiasi altro coobbligato garante, entro i termini previsti all’articolo 1957 c.c., che si intende derogato“. La possibile invalidità della clausola fideiussoria viene eclissata dall’obbligo pattizio di integrale adempimento della fideiussione, e dalla eterogenea regola esegetica, fissata da più tempo, per effetto della quale, nel caso in cui il contratto di fideiussione estenda l’obbligazione del fideiussore sino all’integrale adempimento (e non soltanto quindi sino alla scadenza dell’obbligazione principale), l’azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta a nessun termine di decadenza (Cass. n. 16836/2015, conf. Cass. n. 8839/2007, Cass. n. 16233/2005; Cass. n. 16758/2002; Cass. N. 16233/2005).

Meramente riepilogativo appare il secondo rilievo, volto a respingere la sopravvenuta decadenza del creditore per il peggioramento delle condizioni economiche. Senza neppure scrutinare la regola pattizia volta ad imporre, a carico dei garanti, l’obbligo di mantenersi informati circa l’andamento finanziario della parte garantita, ritiene la Corte adita solutorio il dato temporale, non essendo emerso alcun riscontro circa il peggioramento delle condizioni economiche, nella irrilevanza di una difficoltà pregressa (Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, Ordinanza 7 Ottobre 2024, N° 26223).

Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza Napoli

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