La Corte di Cassazione affronta la tematica del diritto alla compensazione pecuniaria per il passeggero, in caso di volo ritardato, fornendo un’ulteriore conferma rispetto a quanto assai di recente statuito (Ordinanza N° 6646 del 12 marzo 2024), circa il diritto del passeggero, il cui volo è in ritardo, a ricevere la somma a titolo di compensazione, anche se questi aveva trascorso le ore di attesa in albergo e non in aeroporto.
La Suprema Corte è stata chiamata, infatti, a pronunciarsi su una nuova questione riguardante due passeggeri che avevano proposto azione contro una compagnia aerea davanti il Giudice di pace di Busto Arsizio, per sentirla condannare, sulla base del regolamento Ce n. 261/2004, alla compensazione pecuniaria per un valore pari ad Euro 1.200,00 a seguito di ritardata partenza del del volo di oltre 3 ore rispetto all’orario programmato.
Il Giudice di Pace aveva respinto la domanda poiché i passeggeri avevano atteso la partenza presso il luogo di villeggiatura, e ciò in quanto la comunicazione del ritardo era stata inviata loro prima di intraprendere il tragitto verso l’aeroporto. Di contrario avviso il Tribunale di Busto Arsizio, adito in sede d’appello, che accoglieva la domanda dei passeggeri, e condannava la compagnia a pagare la somma di euro 1.200,00, compensando le spese del doppio grado di lite, il tutto alla stregua dei principi affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza Sturgeon n. 581 del 23 ottobre 2012.
La compagnia aerea, soccombente in sede di appello, ha interposto ricorso per Cassazione, resistito dai passeggeri con controricorso.
La Suprema Corte, tuttavia, conferma la decisione del Tribunale, ritenendo fondate le ragioni dei passeggeri.
La compagnia aerea aveva lamentato l’illogica applicazione del Regolamento (CE) n. 261/2004, sulla base dei nuovi principi introdotti dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza Sturgeon n. 581 del 23 ottobre 2012, attraverso la quale si era giunti a stabilire che la compensazione pecuniaria (art. 7) spettasse ai passeggeri dei voli per i quali si verificava un ritardo di oltre tre ore, salvo l’assenza di circostanze eccezionali (art. 5, par. 3), e che essi si fossero presentati all’accettazione all’orario stabilito (art. 3, par. 2, lett. a). Nel caso di specie, di contro, i passeggeri erano rimasti nel luogo della loro villeggiatura, poiché avvertiti preventivamente del ritardo, e, sulla base di questo dato, la compagnia area aveva ritenuto non potersi riconoscere alcun indennizzo; siffatta compensazione, secondo quanto sostenuto dalla stessa compagnia, mira a ristorare l’attesa in aeroporto, e non il ritardo alla destinazione.
Di contrario avviso la Suprema Corte, allineatasi alla posizione già assunta dal Tribunale; nel ritenere infondata la doglianza della compagnia aerea, rammenta l’Organo di Legittimità quanto affermato dalla stessa Corte di Giustizia Europea nella sentenza Sturgeon, secondo cui i passeggeri dei voli ritardati di un tempo pari o superiore a tre ore, possono essere considerati come passeggeri di voli cancellati, e quindi hanno diritto alla compensazione pecuniaria prevista dal suesposto Regolamento CE.
Tutto ciò, perché, come affermato anche dal Tribunale (alla stregua di una equipollenza tra il volo ritardato ed il volo cancellato, come sancita nella citata sentenza “Sturgeon”), lo scopo della compensazione non è quello di ristorare i passeggeri per il tempo sprecato in aeroporto per l’attesa, ma è il compensare la perdita di tempo rispetto alla programmazione originaria del volo e, pertanto, il compensare il ritardo all’arrivo (Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, Ordinanza N° 7010 del 15/03/2024)
Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza Napoli