L’Alto Consesso amministrativo rimarca gli esatti termini dell’istruttoria finalizzata al rilascio del permesso di costruire: il Comune non deve disporre accertamenti approfonditi sul titolo di proprietà ed eventuali limitazioni, ma non può ignorare le stesse ove emerse, pena l’eccesso di potere nella spendita del potere concessorio. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – SENTENZA 6 Marzo 2012, n.1270
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 1197 del 2012, proposto da:
Pietro Giorgio Todesco, Elisa Baggio, rappresentati e difesi dall’avv. Adriano Casellato, con domicilio eletto presso Adriano Casellato in Roma, viale R. Margherita 290;
Comune di Rosa’, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall’avv. Marcello Fracanzani, con domicilio eletto presso Paolo Stella Richter in Roma, viale Mazzini, 11;
della sentenza breve del T.A.R. del VENETO – Sede di VENEZIA – SEZIONE II n. 01622/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO DI PERMESSO DI COSTRUZIONE PER LO SPOSTAMENTO DI UN TRATTO DI STRADA ESISTENTE – RICHIESTA INTEGRAZIONE DOCUMENTI
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Rosa’;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2012 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’Avvocato Paolo Stella Richter in sostituzione di Marcello Fracanzani e l’Avvocato Adriano Casellato ;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Con il ricorso di primo grado era stato chiesto dagli odierni appellanti Pietro Giorgio Todesco e Elisa Baggio l’annullamento della nota avente ad oggetto la richiesta di integrazione documentale id. 175/2011 dell’8.7.2011, comunicata al progettista degli appellanti sia nella parte in cui la responsabile del procedimento del Comune di Rosà faceva presente che lo spostamento della stradina oggetto del permesso di costruire “dovrà essere autorizzato da tutti gli aventi diritto di passaggio con atto notarile registrato e trascritto”, sia nella parte in cui richiedeva “una planimetria che evidenzi i mappali interessati e asserviti dalla stradina oggetto di modifica”.
Essi, nel premettere di essere proprietari di immobili siti in Comune di Rosà, catastalmente identificati al foglio 11, mappali 213, 732, 833 e 844 e ricadenti in zona classificata A/2.5, e di avere presentato istanza di rilascio di un permesso di costruire per spostare un tratto di strada esistente e una derivazione di acqua per usi irrigui, nonché per realizzare una nuova recinzione e per interventi di manutenzione straordinaria sul tetto dell’edificio di loro proprietà, avevano prospettato i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sostanzialmente evidenziando che la avversata nota determinava un inutile aggravio del procedimento in quanto al Comune di Rosà sarebbe spettata soltanto la verifica dell’esistenza di un titolo idoneo a legittimare la presentazione dell’istanza edilizia e non anche il compimento di ulteriori accertamenti di natura squisitamente civilistica.
Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto – Sede di Venezia – ha accolto l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso proposta dalla amministrazione comunale odierna appellata, avendo rilevato che l’impugnato atto – di indubitabile natura infraprocedimentale- da un canto non era di per sé idoneo a ledere in alcun modo la sfera giuridica dei suoi destinatari ( non avendo natura vincolante o pregiudiziale rispetto all’emissione del richiesto titolo edilizio) e neppure determinava un arresto procedimentale, in considerazione della sua valenza chiaramente interlocutoria e dell’assenza di qualsiasi effetto soprassessorio.
Avverso la sentenza in epigrafe gli originarii ricorrenti hanno proposto un articolato appello sostenendo che la motivazione della impugnata decisione era apodittica ed errata.
Gli incombenti documentali richiesti aggravavano il procedimento cagionando un (potenziale) arresto dello stesso; l’atto notarile preteso non era richiesto ex lege.
E’ stata pertanto chiesta la riforma della decisione, e sono state riproposte tutte le doglianze di merito già contenute nel mezzo di primo grado e non esaminate.
Il comune di Rosà ha depositato un articolato controricorso chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato, chiarendo altresì che gli artt. 9 e 12 del Regolamento edilizio, rimasti inimpugnati, prescrivevano esattamente gli stessi incombenti contenuti nella avversata nota.
Alla odierna camera di consiglio del 6 marzo 2012 la causa è stata posta in decisione.
1.Stante la completezza del contraddittorio, nella mancata opposizione delle parti rese edotte della possibilità di immediata definizione della causa, la controversia può essere decisa nel merito tenuto conto della infondatezza dell’appello.
2. Per pacifica giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, gli atti infraprocedimentali immediatamente impugnabili sono unicamente quelli “che interrompono il procedimento e sono immediatamente lesivi.”(Consiglio Stato , sez. V, 17 settembre 2001 , n. 4847)
Nessuna delle due condizioni sopra individuate è ravvisabile nel caso di specie, e ciò è tanto più vero in quanto l’appellante impugna soltanto una parte di detta nota, e non la medesima nella sua integralità, laddove è rimasto incontestato che l’istanza era altresì sprovvista dei mappali e della planimetria.
Alle evidenti ragioni di fondatezza della pronuncia del primo giudice che ha fatto presente come l’atto predetto non comportasse alcun arresto procedimentale (ma semmai avrebbe potuto eventualmente stimolare una interlocuzione della quale non è prevedibile l’esito in ordine a taluna delle emergenze documentali asseritamente mancante), può aggiungersi che il mezzo di primo grado non era assistito da un interesse giuridicamente rilevante: posto, infatti, che la documentazione presentata a corredo della istanza era carente (quantomeno, anche) di documentazione certamente indispensabile alla evasione della richiesta, essa non aveva alcun interesse a gravarla perché l’asserito arresto (ma semmai, dovrebbe parlarsi di possibile dilatazione dei tempi) non era ascrivibile esclusivamente ad un surplus della richiesta documentazione.
3. Sotto altro profilo, rimarca il collegio che la giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato, n. 3525/2000) ha riconosciuto che ‘l’esecuzione di opere di trasformazione edilizia…è sottoposta a una disciplina complessa, che riguarda, rispettivamente, la definizione degli assetti della proprietà immobiliare e il controllo pubblicistico sulla conformità alle regole e ai piani di derivazione pubblicistica. Gli ambiti delle due discipline, finalizzate alla tutela di interessi di consistenza disomogenea, non sono pienamente sovrapponibili. È quindi possibile che un intervento edilizio, astrattamente conforme alla prescrizioni urbanistiche, si ponga in contrasto con la normativa di derivazione civilistica, costituendo la violazione di diritti reali di godimento o di altre facoltà dei soggetti interessati. Tuttavia, la necessaria distinzione tra gli aspetti civilistici e quelli pubblicistici dell’attività edificatoria non impedisce di rilevare la presenza di significativi punti di contatto tra i due diversi profili. Da una parte, la normativa edilizia di carattere regolamentare è idonea a fondare pretese sostanziali nei rapporti interprivati, che assumono la consistenza e il grado di protezione del diritto soggettivo. Dall’altra parte, alcuni elementi di origine civilistica assumono una rilevanza qualificata nel procedimento di rilascio della concessione edilizia’.
In questo senso il Comune, nel verificare l’esistenza in capo al richiedente il permesso edilizio di un idoneo titolo di godimento sull’immobile, non si assume il compito di risolvere eventuali conflitti di interesse tra le parti private in ordine all’assetto proprietario, ma accerta soltanto il requisito della legittimazione soggettiva di colui che richiede il permesso.
È stato precisato che ‘in termini generali la funzione autorizzatoria dell’amministrazione richiede un livello minimo di istruttoria che comprende …l’acquisizione di tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza e il bene giuridico oggetto dell’autorizzazione’, senza che l’esame del titolo di godimento operato dalla p.a. costituisca un’illegittima intrusione in ambito privatistico, ma soltanto per assicurare un ordinato svolgimento delle attività sottoposte al controllo autorizzatorio al fine di non alimentare il contenzioso tra le parti, e ciò anche nell’ambito del procedimento di rilascio del permesso di costruire.
Circa l’ampiezza dei poteri istruttori è stato precisato che non si tratta di obbligare la p.a. a complessi e laboriosi accertamenti anche per non aggravare il procedimento, e non può porsi a carico della p.a. l’onere probatorio di appurare l’eventuale esistenza di servitù o di altri vincoli reali che limitano l’ampiezza del titolo di proprietà.
Qualora però tali limiti siano accertati il Comune non può ignorarli, pena un’insufficiente istruttoria.
3.1. E’ evidente che la cura e lo scrupolo della appellata amministrazione, oltre a non dettare alcun incombente vessatorio od eccessivo (né, per le già chiarite ragioni determinante un arresto del procedimento) era semmai finalizzata ad ottenere una cognizione completa degli aspetti giuridici e fattuali sottesi alla richiesta, di guisa che, anche sotto tale profilo, le censure proposte appaiono infondate.
4.Conclusivamente, l’appello va respinto.
5.Sussistono tuttavia le condizioni di legge per disporre la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti a cagione della particolarità della controversia.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.