L’accordo con cui i soci subordinano la vendita della quota al contestuale obbligo di pagare un mutuo contratto dalla società, costituisce patto parasociale?
La risposta offerta dalla Corte di Cassazione è negativa, ed il caso scrutinato dai giudici costituisce l’occasione per riepilogare i termini dei patti parasociali e le sue implicazioni con la operatività della compagine societaria.
La controversia sorge dalla adozione di un decreto ingiuntivo, a richiesta della compagine sociale ed in danno del quotista uscente, il quale ha impugnato il provvedimento monitorio. Dopo un primo grado favorevole alla società creditrice, la corte d’appello adita ha ribaltato il primo verdetto, qualificando il suddetto accordo come patto parasociale, estraneo alla compagine sociale, a quel punto carente di legittimazione attiva alla domanda monitoria. La sentenza di appello viene da ultimo impugnata dinanzi al Giudice di Legittimità, ed il ricorso viene accolto, con rimessione della controversa alla Corte d’appello per un nuovo vaglio sulla portata dell’accordo.
La Corte di Legittimità rammenta innanzitutto il perimetro dei patti parasociali, che rinvengono oggi innanzitutto una diretta fonte codicistica: l’art. 2341 bis cc, in particolare, riconosce la liceità dei patti, non contrastanti con i canoni generali del diritto societario ed entro il limite del quinquennio -passibile di proroga-, se hanno ad oggetto il proposito di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società, e più in dettaglio:
a) hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano;
b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano;
c) hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società.
Si ammette, al contempo, la ammissibilità di patti parasociali atipici (la stessa Corte di Cassazione, assai di recente, ha stabilità la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa per siffatta tipologia, come sancito dall’art. 3, D. L.vo N° 168/2023 – Ordinanza N° 2335/2023), ovvero non conformi al modello tipizzato dall’art. 2341 bis cc, meritevoli di tutela se finalizzati a regolare il comportamento dei soci all’interno della compagine nell’esercizio della funzione organica svolta in conseguenza della qualità rivestita.
E’ tuttavia necessario, per assumere la connotazione parasociale, estranea in detti termini ad ogni interesse della società, che i contenuti impressi nell’accordo dai soci ineriscano all’esercizio dei poteri amministrativi loro spettanti all’interno della compagine. Tale premessa è necessaria, ma non sufficiente per la qualificazione parasociale dell’accordo, essendo al contempo necessario che il patto persegua comunque il proposito di stabilizzare la governance societaria cui si riferisce l’art. 2341 bis cc.
Sulla scorta di tale decalogo, costituente l’essenza di un giudizio di meritevolezza ex art. 1322 cc, l’accordo che regolamenta la sorte di un debito in occasione della cessione di quota non può essere qualificato come patto parasociale, considerato non inerire con l’assetto della compagine, e neppure con l’esercizio dei diritti futuri all’interno della società. Un simile accordo potrà essere ricondotto nell’alveo dei patti parasociali solo se registrato una sua causale inerenza con la governance della società, e solo se appurata siffatta ipotesi potrà escludersi la titolarità della compagine alla richiesta di provvedimento monitorio, di contro pienamente legittima (Cassazione Civile, Prima Sezione Civile, Ordinanza 16 Maggio 2024, N° 13561).
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