Una sentenza può essere dichiarata nulla se non prende posizione sui motivi di impugnazione proposti?
In estrema sintesi l’interrogativo registra una risposta positiva, ma più articolato è il percorso logico che induce a rendere una simile risposta, volta ad arginare il fenomeno delle sentenze seriali, che sono in apparenza scrutinano le ragioni articolate dalla parte appellante.
La risposta è stata da ultimo fornita dalla Corte di Cassazione nella sentenza N° 28517 del 2024, chiamata a dirimere una controversia insorta tra l’Agenzia delle Entrate e un contribuente, destinatario di un avviso di accertamento volto a rettificare la dichiarazione dei redditi ai fini IRPEF. L’avviso di accertamento in danno del soggetto passivo d’imposta conseguiva ad un bonifico di una ingente somma ricevuta, in ordine al quale il percettore, chiamato a rendere giustificazione circa il versamento, dichiarava trattarsi della somma ottenuta per vendita di un’abitazione. L’ufficio fiscale, di contro, appurava trattarsi di utili generati da una società estera, partecipata dal contribuente italiano. Pertanto, sulla base degli articoli 18 e 47 D.P.R. N° 917/1986, la tassazione applicabile doveva essere pari al 40%, vista la natura di reddito di capitale di fonte estera.
L’avviso veniva impugnato dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale, sostenendo il contribuente essere la somma introitata il provento della vendita di un’immobile sito in territorio francese, in detti termini deputato a radicare la competenza fiscale spettava alla Francia. L’impianto difensivo veniva condiviso dal giudice di primo grado, e così l’avviso di accertamento veniva annullato.
Al verificarsi di tale decisione, l’Agenzia delle Entrate interponeva appello dinanzi alla Corte Tributaria Regionale, chiedendo confermare l’atto fiscale e l’assoggettamento delle somme a tassazione. Nell’atto di appello l’Agenzia delle entrate valorizzava un ulteriore e importante elemento: nell’avviso di accertamento si era qualificato l’accredito sul conto corrente del soggetto come distribuzione di dividendi. Tuttavia, ed ecco l’insorgere del problema, la CTR ha rigettato il ricorso, ritenendo ineccepibili le valutazioni del giudice del primo grado ed il relativo percorso motivo. La condivisione della originaria parte motiva obliterava lo scrutinio degli specifici motivi di appello, al punto che il giudice di secondo grado “facendola propria così che la stessa debba considerarsi qui di seguito fedelmente trascritta”.
L’Agenzia procedeva, perciò, con ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, per rilevare la nullità della sentenza d’appello, in quanto il thema decidendum e la motivazione sarebbero del tutto mancanti, soppiantati da mere clausole di stile, mediante dozzinale tecnica di rimando al primo grado.
La Corte di Cassazione, in sede di analisi della controversia, riportandosi a pregressa giurisprudenza, acclara sin da subito essere la motivazione solo “apparente”, e la sentenza nulla, seppure esistente e redatta, in quanto inidonea ad illustrare gli elementi posti a fondamento della decisione, ed il sottostante ragionamento seguito dal giudice per poter giungere all’assunzione di una determinata decisione. La Cassazione, con ciò, non vuole negare la tecnica motivazionale per relationem, bensì vuole semplicemente confermare e ribadire la necessità dei contenuti della motivazione di essere oggetto di autonoma e nuova valutazione critica del giudice adito, garantendo, così, la chiarezza, univocità ed esaustività delle ragioni della decisione.
Ciò non è avvenuto nel caso analizzato, dove la CTR ha indicato in maniera del tutto generica la materia del contendere, omettendo di esaminare le censure proposte da parte ricorrente e riportandosi solamente a quanto affermato dai giudici di prime cure. Pertanto, la Corte di Legittimità ha ritenuto accogliere il ricorso e cassare con rinvio la sentenza, al fine di garantire un nuovo e corretto scrutinio da parte del giudice d’appello.
In conclusione, la sentenza assunta all’esito di un giudizio di impugnazione impone comunque analizzare gli elementi portati all’attenzione del giudice, cui è precluso adagiarsi sulla sentenza impugnata, anche qualora ne condivida le ragioni; in detta evenienza, l’estensore deve comunque procedere ad una nuova analisi per poter confermare o meno quanto statuito dai giudici della sentenza impugnata. Omessa siffatta incombenza motiva, non solo non avrebbe alcun senso un procedimento di impugnazione -deputato a fornire una maggiore ponderazione sui motivi addotti dal giudice a quo-, ma al tempo stesso sarebbe precluso al soggetto soccombente conoscere le ragioni sottese alla statuizione di conferma, impedendogli di esperire nel migliore dei modi il diritto alla difesa (Cassazione Civile, Sezione Quinta Civile, Sentenza 6 Novembre 2024).
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