I Giudici di Legittimità hanno affermato che, l’omesso versamento di somme da destinare alla Cassa edile per gratifica natalizia e ferie (erogate in busta paga all’operaio e contestualmente trattenute ai fini dell’accantonamento alla cassa edile) non configura il delitto di appropriazione indebita, trattandosi di somme rientranti nel patrimonio del datore di lavoro. Di conseguenza al datore inadempiente può solo contestarsi un illecito amministrativo. Corte di Cassazione, Sentenza n. 2723 del 23 gennaio 2012
Corte di Cassazione Sez. Seconda Pen. Sent. del 23.01.2012, n. 2723
Considerato in fatto
La Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 25.11.2010 riformava la decisione pronunziata in data 15.07.2008 dal Tribunale di Crotone – sez. di Strongoli – nei confronti di:
T.A. nonché di S.A. (non ricorrente) imputata del reato ex art. 81-646/co.3 -61 n.1 c.p. commesso mediante appropriazione delle somme di denaro destinate alla Cassa Edile e relative alle buste paga dei lavoratori M.P. e G.G. ; fatti del (…) ;
La Corte di appello dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputata per intervenuta prescrizione del reato ma, ritenuta sussistente la responsabilità in ordine al reato contestato, confermava le statuizioni civili contenute nell’impugnata sentenza.
Ricorre per cassazione il difensore di T.A.M. , deducendo: motivi ex art. 606, 1 co, lett. b) e) c.p.p.
Il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione di legge, avendo ritenuto il reato di appropriazione indebita sulla scorta dell’erronea equiparazione delle somme da versare alla Cassa Edile ai contributi previdenziali e assistenziali; in realtà, la Cassa Edile non è Ente previdenziale e quindi il fatto ascritto integrava solo l’illecito amministrativo di cui all’art. 13 D.L vo 19.12.1994 n. 758, come per altro statuito dalla Corte di Cassazione con la decisione Sezioni Unite del 27.10.2004 n. 1327;
il ricorrente deduce che, pertanto, mancando ogni ipotesi di illecito penale, mancava la legittimazione a provvedere in ordine alle statuizioni civili;
chiede l’annullamento della sentenza impugnata con sospensione dell’esecuzione della condanna civile.
Considerato in diritto
Va premesso che l’imputato, anche ove assolto per intervenuta prescrizione, conserva la legittimazione all’impugnazione per cassazione della sentenza limitatamente ai fini civili.
La previsione di cui all’art. 578 – per la quale il giudice di appello o quello di legittimità, che dichiarino l’estinzione per amnistia o prescrizione del reato per cui sia intervenuta in primo grado condanna, sono tenuti a decidere sulla impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili -comporta che i motivi di impugnazione dell’imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna (anche solo generica) al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza degli imputati, secondo quanto previsto dall’art. 129, comma 2, c.p.p. (Cassazione penale, sez. V, 24/03/2009. n. 14522).
Tanto premesso in ordine all’ammissibilità del ricorso, si deve subito osservare che lo stesso risulta fondato atteso che, in effetti, le Casse Edili non appartengono alla categoria degli Enti previdenziali, sicché il mancato versamento delle somme “trattenute” dal datore di lavoro sulla retribuzione del dipendente e da destinare alla Cassa Edile per ferie, gratifiche natalizie e festività non integra il reato di appropriazione indebita, ma solo l’illecito amministrativo previsto dall’art. 8 l. 741/59 come sostituito dall’art. 13 d.lg. 758/94.
Si tratta di un principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità nella sede più autorevole (Cassazione penale, sez. un. 27/10/2004. n. 1327) e pienamente condiviso da questo Collegio, atteso che le somme che il datore di lavoro è tenuto a versare sia agli enti di assistenza, sia ad enti che abbiano la funzione di erogare una retribuzione differita (come nel caso della “Cassa Edile” per ferie, gratifica e contributi), fanno parte del patrimonio del datore di lavoro, confuse con tutti gli altri diritti e beni che lo compongono, sicché il mancato versamento delle somme suddette non costituisce appropriazione indebita.
I giudici de merito hanno mostrato di aderire ad una diversa Giurisprudenza, per la quale le somme “trattenute” dal datore di lavoro sulla retribuzione del dipendente e destinate a terzi a vario titolo (per legge, per contratto collettivo, o per ogni altro atto o fatto idoneo a far sorgere nello stesso datore di lavoro un obbligo giuridico di versare somme per conto del lavoratore) fanno parte integrante della retribuzione spettante al lavoratore come corrispettivo per la prestazione già resa; tali somme non apparterrebbero più al datore di lavoro, che ne ha solo una disponibilità precaria, posto che esse hanno una destinazione precisa, così che il datore che scientemente lascia trascorrere il termine per il versamento, manifestando così la volontà di appropriarsi di una somma non sua e di cui solo provvisoriamente dispone, commetterebbe il reato di appropriazione indebita. (Cassazione penale, sez. II, 27/06/2003, n. 30075).
Tale orientamento minoritario è stato ormai superato dalla suddetta decisione a SS UU della Corte di cassazione, così come confermato anche da altre pronunce di questa stessa sezione che hanno precisato come “non può dirsi cosa altrui il danaro trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione del dipendente (ed in quella fattispecie valutata dalle SS.UU. destinato alla cassa edile). Tale danaro, infatti, non fuoriesce mai dal patrimonio del datore di lavoro per diventare di proprietà del lavoratore. 11 mancato accantonamento di tali somme (in una posta autonoma rispetto alla cassa del datore di lavoro: n.d.r.) non integra gli estremi del reato di appropriazione indebita”. (Cass. Pen. sez. il 18.03.2009 a 19911);
resta pertanto operante la previsione della responsabilità penale, a titolo di appropriazione indebita, solo nel caso in cui il datore di lavoro trattenga indebitamente somme destinate però agli Enti Previdenziali propriamente intesi, dei quali, come detto, non fa parte la Cassa Edile.
Conseguentemente la sentenza impugnata va annullata senza rinvio atteso che il fatto contestato non è previsto dalla legge come reato, con conseguente trasmissione degli atti all’Autorità Amministrativa competente per le sanzioni amministrative (Ministero del Lavoro ex artt. 8 e 9 Legge n. 741 del 1959)
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato;
Dispone trasmettersi gli atti all’Autorità Amministrativa competente.
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Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza