La Corte di Legittimità, nella massima composizione, respinge il ricorso di un contribuente, e ritiene legittima la sentenza del giudice di merito, tesa a riconoscere la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di accertare la sussistenza di redditi esteri non dichiarati sulla base dello scambio di informazioni tra paesi esteri, ancor più se ricadenti nell’area comunitaria, e ciò anche se le notizie acquisite siano indirettamente riconducibili al cittadino italiano. Il Giudice Nomofilattico, dopo avere rimarcato il pieno connubio tra la normativa sovranazionale (Direttiva Comunitaria n. 77/799/CEE del 19/12/1977 recepita nel nostro ordinamento con il d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 56, modificata dalla Direttiva 2004/56/CE del 21/4/2004) e l’art. 38 DPR N° 600/1973, statuisce la legittimità di un avviso di accertamento che annoveri quali “altri dati in possesso dell’amministrazione” l’informativa internazionale, se effettuato in base a principi di cooperazione amministrativa e con riferimento a modelli attuativi di accordi bilaterali, finalizzati come notorio ad ovviare al fenomeno della migrazione di risorse verso paesi a fiscalità più favorevole. Le informazioni pervenute dalle omologhe agenzie estere, ancor più se riferiti a paesi ritenuti paradisi fiscali, sono da considerarsi quali presunzioni assistiti da gravità e concordanza, ed obbligano il contribuente, chiamato ad esercitare le opportune difese nella fase istruttoria ex art. 38 DPR N° 600/1973, ad offrire la prova di estraneità al reddito dichiarato. Quest’ultimo non potrà pertanto limitarsi a dedurre la necessità di partecipazione del contribuente allo scambio di informazioni, proprio perché tale ultima appare improntata sul criterio dettato dall’art. 4 della Direttiva Comunitaria 77/799 (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza N° 25857 dell’1/09/2022)
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