Il Consiglio di Stato illustra il raccordo tra normazione edilizia ordinaria e regime autorizzativo degli impianti energetici, nelle ipotesi in cui il privato provveda alla costruzione di una serra dotata sul tetto di impianto energetico. Il Supremo Consesso, nel dirimere il caso controverso, innanzitutto riepiloga le tre fattispecie autorizzative cui sono subordinati gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. A tal fine si alternano: a) l’autorizzazione unica ex art. 12 D. L.vo N° 387 2003 -approvata come notorio in attuazione della Direttiva europea 2001/77CE-, di competenza delle Regioni -o delle province delegate-, ovvero del Ministero dello sviluppo economico, se di potenza termica pari o superiore a 300 MW; b) la procedura abilitativa semplificata (p.a.s.) per gli impianti di potenza non superiore a 50 KW -soglia elevabile dalle regioni o province sino a 1 MW, ai sensi dell’art. 6 D. L.vo N° 28/2011; c) l’attività ad edilizia libera, mediante semplice comunicazione al Comune, qualora gli impianti, non ricadenti in zona vincolata ex D. L.vo N° 42/2004, siano integrati ad un tetto già esistente, e si preservi la dimensione e la sagoma, oppure con capacità di generazione energetica compatibile con lo scambio sul posto. Tale regime, così come delineato dalla citata novella del 2011, non lascia spazio alcuno al regime edilizio ordinario previsto dal TU N° 380/2001, ed ancor meno in ipotesi di impianto energetico realizzato su una serra. Siffatte strutture non possono considerarsi peraltro costruzioni, secondo una accezione propriamente edilizia, a tenore peraltro del DM 5 maggio 2011 (e ciò a prescindere dalla tipologia costruttiva, siano o meno ancorate al suolo). La serra con sovrastante impianto energetico costituisce allora un complesso integrato, da vagliare alla stregua del D. L.vo N° 387/2003 (Consiglio di Stato, sentenza 3924 del 30 Marzo 2023).