La Corte di Cassazione respinge l’impugnativa dell’Agenzia delle Entrate, ed esclude che la mera sussistenza di una attività di lavoro autonomo, a prescindere dai volumi di affari e dalla posizione di responsabilità, possa costituire il presupposto per l’assoggettamento ad IRAP.
Come notorio, l’imposta regionale sulle attività produttive -più conosciuta con l’acronimo IRAP-, è stata introdotta con il decreto legislativo 15 Dicembre 1997 N° 446, e la legge istitutiva individua il seguente perimetro soggettivo per l’operatività dell’imposizione:
- società di capitali (Spa, Srl, Sapa), società cooperative e di mutua assicurazione, enti pubblici e privati diversi dalla società che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
- società di persone (Snc e Sas) e quelle a esse equiparate;
- persone fisiche esercenti attività commerciali;
- soggetti fisici, società semplici ed equiparate esercenti arti e professioni;
- enti privati diversi dalle società residenti che non hanno per oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di attività commerciale;
- ONLUS quanto alle attività commerciali eventualmente esercitata;
- società ed enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.
Nel caso di specie, un contribuente veniva assoggettato ad IRAP, sul presupposto di una attività autonoma operata presso un soggetto imprenditoriale organizzato il forma societaria, e ciò anche alla luce del volume di affari. Il ricorso del contribuente veniva respinto in primo grado, salvo essere accolto dalla Commissione Regionale Tributaria, avverso cui ha promosso ricorso l’Agenzia delle Entrate, richiamando l’espressa previsione di cui all’art. 3 Decreto Legislativo N° 446/1997.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, volto a valorizzare l’aspetto probatorio del requisito organizzativo, a detta dell’Ufficio rimasto indimostrato da parte del contribuente.
Di contraria lettura il Giudice nomofilattico, secondo cui innanzitutto non può dirsi integrato il requisito di autonoma organizzazione per il solo fatto di potersi avvalere delle struttura e delle risorse umane della società terza. Tale requisito presuppone una triplice premessa: a) titolarità dell’organizzazione in capo al contribuente, non riferibile ad altrui responsabilità ed interesse; b) impiego di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione; c) utilizzo in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi di segreteria ovvero meramente esecutive.
Una volta operata siffatta premessa di lettura, la Corte di Legittimità ritiene dirimente l’esatta portata soggettiva dell’imposta, e pertanto, laddove l’attività autonoma sia svolta presso soggetto terzo già dotato di organizzazione stabile, non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è altresì necessario che tale struttura sia autonoma, ovvero faccia capo al professionista sul piano operativo ed organizzativo (Corte di Cassazione, Sezione Quinta Civile, sentenza 8 Febbraio 2024, N° 3640).
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