Il rimpatrio del cittadino italiano per contingenze politiche ed economiche del paese di residenza non si traduce nel contestuale riconoscimento dello status di profugo

Non è legittimato ad invocare lo status di profugo (accedendo al contempo ai benefici economici previsti dalla legge N° 763 – 1981) il cittadino italiano che si veda costretto al forzoso rimpatrio dal proprio paese di residenza, a causa di insorte crisi politiche, umanitarie o economiche.  La condizione di rifugiato non può collegarsi alla mera contingenza degli eventi (seppure lo stato italiano nei sia edotto), ma richiede sempre la previa adozione di un decreto da parte del Ministro degli affari esteri, sulla base delle segnalazioni pervenute al riguardo dalle autorità diplomatiche accreditate nei predetti Paesi (TAR Piemonte, Sezione I, sentenza 14 maggio 2020, N° 285)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 51 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato A. S., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato -OMISSIS-, domiciliataria ex lege in Torino, via dell’Arsenale, n. 21;

per l’annullamento

della nota della Prefettura -OMISSIS- – Ufficio Territoriale del Governo datata 15 -OMISSIS- 2019, Prot. 2019/3928/14202/14200/14199/14197/14196/14194/14193/14192/14190, trasmessa a mezzo posta ordinaria in busta chiusa recante timbro postale del 19 -OMISSIS- 2019, con la quale si rigettavano le previe istanze dei ricorrenti ai sensi dell’art. 4 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 volte al riconoscimento della qualifica di profugo in capo agli stessi istanti;

di ogni altro atto comunque presupposto, prodromico, connesso e consequenziale;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 aprile 2020 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti affermano di essere cittadini italiani fin dalla nascita, ovvero iure sanguinis, in quanto figli – o comunque discendenti – di cittadini/e italiani/e, emigrati e trasferiti in -OMISSIS- nel corso del XX secolo e che pertanto, ai sensi dell’art. 1 e seguenti della legge n. 91 del 1992, essi godono della doppia cittadinanza, -OMISSIS- iure soli, in quanto nati in -OMISSIS-, nonché italiana iure sanguinis, in quanto figli – o comunque discendenti – di cittadini italiani.

I ricorrenti evidenziano di essere nati quasi tutti in -OMISSIS- e di avervi risieduto ed abitato a lungo, ma che il grave quadro politico e sociale di quel Paese li aveva costretti al rimpatrio definitivo in Italia nel corso degli ultimi anni risultando impossibile il rientro stabile – o anche solo provvisorio – in -OMISSIS-, a causa delle condizioni dissestate e travagliate di quel Paese.

I ricorrente affermano di essere stati costretti a fuggire con celerità a causa della crisi politica, umanitaria ed economica di quel Paese.

Poco tempo dopo il rimpatrio tutti i ricorrenti hanno presentato domanda di riconoscimento della qualifica di profugo al Prefetto -OMISSIS-.

Con il gravame indicato in epigrafe i ricorrenti hanno impugnato la nota della Prefettura -OMISSIS- – Ufficio Territoriale del Governo del 15 -OMISSIS- 2019 con la quale è stato comunicato ai ricorrenti medesimi che nessuna disposizione era pervenuta dal Ministero dell’Interno, circa la possibilità del riconoscimento della qualifica di profugo ai cittadini italiani provenienti dal -OMISSIS- e che il riconoscimento della qualifica di profugo è riservata a coloro che al momento del rimpatrio sono in possesso della cittadinanza italiana.

Avverso la nota impugnata, i ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità per violazione di legge in relazione agli articoli 1, 2 nonché 4 della legge 26 dicembre 1981, n. 763, nonché agli articoli 1 e seguenti della legge 5 febbraio 1992 n. 91, indi all’art. 3 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241, errata interpretazione e falsa applicazione delle norme, travisamento dei fatti ed errata valutazione dei presupposti ex lege, eccesso di potere per palese carenza di istruttoria, nonché manifesto difetto ed illogicità di motivazione, violazione del principio della buona fede e dei principi generali dell’azione amministrativa (imparzialità, buon andamento, non discriminazione, pubblicità, trasparenza, efficacia e ragionevolezza), manifesta irrazionalità, arbitrarietà e contraddittorietà.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno.

All’udienza camerale del 12 febbraio 2020 il difensore dei ricorrenti ha dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare e il Collegio, con l’accordo delle parti, ha rinviato la discussione della causa alla pubblica udienza di merito del giorno 8 aprile 2020.

Il giorno 8 aprile 2020 il Collegio si è riunito per celebrare l’udienza pubblica mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 e dal decreto del Presidente del T.A.R. Piemonte n. 14-2020 -Udienze collegamento a distanza.

Il Collegio ha dunque dato atto che le parti costituite avevano presentato richiesta congiunta di passaggio della causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 2, primo periodo, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 e si è riservato di decidere.

Nelle note di udienza depositate dai ricorrenti in data 1° aprile 2020 infatti si legge: “Si presta fin d’ora il consenso affinché il gravame, ai sensi dell’art. 84, comma 2, D.L. 18/2020, in deroga al comma 1, art. 84, venga trattenuto in decisione dal Collegio, sulla base degli atti depositati, rinunciando a comparire all’udienza dell’8 aprile 2020 ed alla relativa discussione” e nelle note di udienza presentate dall’Avvocatura dello Stato in data 1° aprile 2020 si legge: “Qualora non vi fossero opposizioni di controparte all’acquisizione della presente memoria, si presta fin d’ora il consenso affinché la causa, ai sensi dell’art. 84, comma 2, d.l. 18/20, venga trattenuta in decisione sulla base degli atti depositati, rinunciando a comparire all’udienza dell’8 aprile 2020 e alla relativa discussione”.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

I ricorrenti sostengono che la nota della Prefettura -OMISSIS- sia immotivata in violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e che la loro situazione rientri nella fattispecie descritta dal n. 3) dell’art. 1 della legge n. 763 del 1981, in combinato disposto con l’art. 2, comma 3 della medesima legge e che pertanto non era necessario, al fine del riconoscimento dello status di profugo, alcuna disposizione da parte del Ministero dell’Interno.

Inoltre, i ricorrenti contestano anche il secondo passaggio della motivazione della nota e cioè che comunque il riconoscimento della qualifica di profugo è riservata a coloro che al momento del rimpatrio sono in possesso della cittadinanza italiana.

Ebbene, in primis la Prefettura -OMISSIS- ha evidenziato che nessuna disposizione era pervenuta dal Ministero dell’Interno circa la possibilità della qualifica di profugo ai cittadini italiani provenienti dal -OMISSIS-.

Il Collegio ritiene necessario procedere ad un sintetico inquadramento normativo della questione oggetto della presente controversia.

La legge 26 dicembre 1981, n. 763 ha ad oggetto la “Normativa organica per i profughi” e prevede diversi benefici economici e sociali a favore dei soggetti ai quali venga riconosciuto lo status di profugo.

L’art. 1 della legge suddetta, rubricato “Titolari dei benefici” recita: “Gli interventi previsti dalle presenti norme si applicano ai cittadini italiani ed ai loro familiari a carico, in possesso della qualifica di profugo, che appartengono alle seguenti categorie:

1) profughi dalla Libia, dall’Eritrea, dall’Etiopia e dalla Somalia;

2) profughi dai territori sui quali è cessata la sovranità dello Stato italiano;

3) profughi dai territori esteri in seguito agli eventi bellici;

4) profughi da territori esteri in seguito a situazioni di carattere generale che hanno determinato lo stato di necessità al rimpatrio, equiparati a tutti gli effetti a profughi di cui ai punti 1), 2) e 3);

5) figli di profughi, nati nei territori di provenienza dopo la data indicata nel successivo articolo 2, o nati in Italia entro trecento giorni dalla partenza definitiva della madre dal Paese di provenienza purché profugo sia il genitore esercente la patria potestà.

L’art. 2, comma 3, della medesima legge recita “Sono considerati profughi, ai sensi del n. 3) dell’articolo precedente, i cittadini italiani che siano rimpatriati dall’estero in dipendenza della guerra o non abbiano potuto fare ritorno alla loro residenza per cause comunque determinate da avvenimenti di carattere bellico o politico”.

L’art. 2, comma 4, invece recita “Sono considerati profughi, ai sensi del n. 4) dell’articolo precedente, i cittadini italiani che siano rimpatriati dai Paesi esteri, o trovandosi in Italia non possano farvi ritorno a causa di situazioni di carattere eccezionale ivi determinatesi e riconosciute con formale provvedimento dichiarativo dello stato di necessità al rimpatrio”.

L’art. 2, comma 7 infine recita “Dopo l’entrata in vigore della presente legge e per i fini da essa previsti, l’esistenza dello stato di necessità al rimpatrio, nel quale verranno a trovarsi in qualsiasi Paese estero i connazionali ivi anagraficamente residenti, sarà dichiarata con decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con i Ministri dell’interno e del tesoro, sulla base delle segnalazioni pervenute al riguardo dalle autorità diplomatiche accreditate nei predetti Paesi”.

L’Avvocatura dello Stato sostiene che l’ipotesi di cui all’art. 2, comma 3 si riferisca ai cittadini italiani costretti a rimpatriare dall’estero in dipendenza della guerra e a quelli che, trovandosi in Italia per altre cause, non possano far rientro presso le proprie residenze per cause comunque determinate da avvenimenti di carattere bellico o politico sopravvenuti; si tratterebbe, in ultima analisi, della medesima distinzione che viene fatta dal comma 1 del medesimo art. 2 per specificare la portata del n. 1) dell’art. 1.

Secondo l’Avvocatura dello Stato, dunque, dato che i ricorrenti affermano di essere rimpatriati a causa della situazione politica determinatasi in -OMISSIS- non sarebbe applicabile nei loro confronti l’art. 2, comma 3, poiché la legge prevedrebbe che gli avvenimenti di carattere politico rilevino solo in caso di impossibilità al rientro nel Paese di residenza e non in caso di rimpatrio (come nel caso di specie).

L’Avvocatura dello Stato sostiene che tale previsione non potrebbe comunque causare ipotetiche disparità di trattamento poiché tutte le fattispecie non ricomprese nei primi tre commi possono sempre essere attratte nell’operatività del 4 comma del medesimo art. 2.

Secondo l’Avvocatura dello Stato, in ogni caso, anche per i casi di cui al numero 3) dell’art. 1, sarebbe comunque necessario il previo decreto del Ministro previsto dal comma 7 dell’art. 2 poiché tale norma, pur facendo espresso riferimento “allo stato di necessità al rimpatrio”, deve ritenersi applicabile in senso estensivo trattandosi comunque di eventi che, anche se tipizzati, necessitano comunque di un’attenta valutazione di tipo tecnico-politico.

Alla luce dell’analisi complessiva delle disposizioni normative di cui agli art. 1 e 2 della legge 26 dicembre 1981, n. 763, il Collegio ritiene che la situazione in cui i ricorrenti dichiarano di trovarsi, soggetti rimpatriati a causa della situazione politica, sociale, umanitaria ed economica determinatasi in -OMISSIS-, non rientri, contrariamente a quanto sostenuto nel gravame, nella fattispecie descritta dal combinato disposto di cui al n. 3) dell’art. 1 e del comma 3 dell’art. 2, ma nella fattispecie descritta dal combinato disposto di cui al n. 4 dell’art. 1 “profughi da territori esteri in seguito a situazioni di carattere generale che hanno determinato lo stato di necessità al rimpatrio, equiparati a tutti gli effetti a profughi di cui ai punti 1), 2) e 3) e del comma 4 dell’art. 2, il quale recita “Sono considerati profughi, ai sensi del n. 4) dell’articolo precedente, i cittadini italiani che siano rimpatriati dai Paesi esteri, o trovandosi in Italia non possano farvi ritorno a causa di situazioni di carattere eccezionale ivi determinatesi e riconosciute con formale provvedimento dichiarativo dello stato di necessità al rimpatrio”.

Invero, i ricorrenti dichiarano di essere rimpatriati dal -OMISSIS- a causa della situazione politica, sociale, umanitaria ed economica ivi determinatasi, di non potervi fare ritorno a causa della situazione di carattere eccezionale ivi determinatasi e non sono stati introdotti in giudizio elementi tali da fari ritenere che in -OMISSIS- sussista una situazione configurabile come guerra, fattispecie appunto descritta al comma 4 dell’art. 2 sopra citato.

Ebbene, se così è, come evidenziato dalla Prefettura -OMISSIS- nella nota impugnata, la norma richiede che tale situazione debba essere riconosciuta con formale provvedimento dichiarativo dello stato di necessità al rimpatrio.

Ne consegue che non è ravvisabile né un difetto di motivazione né la violazione degli articoli 1 e 2 della legge 26 dicembre 1981, n. 763.

Sotto questo profilo pertanto il ricorso è infondato e va respinto.

L’esito della valutazione della contestazione relativa alla prima motivazione della nota della Prefettura -OMISSIS- esime il Collegio dal valutare la contestazione sollevata dai ricorrenti con riferimento al secondo profilo motivazionale contenuto nella nota.

Invero, secondo consolidata giurisprudenza, in via generale, è sufficiente per la conservazione del provvedimento amministrativo sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome e non contraddittorie, che sia fondata anche una sola di esse (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 2005, n. 3052).

In conclusione, il ricorso non è fondato e deve essere respinto.

La delicatezza della materia trattata giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

Così deciso in Torino nelle camere di consiglio dei giorni 8 aprile 2020 e 16 aprile 2020, con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Salamone, Presidente

Flavia Risso, Primo Referendario, Estensore

Angelo Roberto Cerroni, Referendario


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