L’annosa tematica dei titolo abilitativi conseguiti all’estero si arricchisce di una nuova ed assai autorevole statuizione in favore degli aspiranti professori. Il Consiglio di Stato, riunito in Adunanza Plenaria, annulla la nota del Ministero dell’Istruzione, con cui i diplomi di specializzazione conseguiti in Romania erano stati ritenuti aprioristicamente inidonei all’insegnamento. Si trattava, nello specifico, del titolo denominato “Programului de studi psichopedagogice Nivel I e Nivel II”, conseguito dal cittadino italiano in Romania, dopo avere ottenuto il diploma di laurea in Italia. Il diniego del Ministero, giunto all’esito di una capillare interlocuzione con il paese membro, si fondava sulla circostanza che, tali corsi non consentivano l’accesso all’insegnamento del cittadino italiano in Romania, atteso imporsi in detto paese il completamento del percorso prodromico di studio presso istituti rumeni – e non esteri-; con la conseguenza che, se ammesso il docente all’insegnamento, lo stesso poi potrebbe ritenersi abilitato presso il paese membro, senza osservarne la normativa nazionale. Di diverso avviso il TAR Lazio, e poi da ultimo il Supremo Consesso nella massima composizione. A tenore dalla adottata statuizione, il Ministero non può improntare la propria decisione a profili formali o di apparente logica -sì da prescindere in toto dalle attestazioni rilasciate dallo stato membro-, ma è tenuto ad esaminare l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli, posseduti dal candidato. Il Ministero, chiariti i termini metodologici, dovrà pertanto vagliare le competenze attestate dai titoli, il percorso didattico sotteso al relativo conseguimento, e le relative conoscenze ottenute, valutandone l’idoneità nel coacervo alla stregua della legislazione interna, e solo in quel caso adottare possibili misure compensative ai sensi dell’art. 14 della direttiva 2005/36/CE (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 22/2022 del 29 Dicembre 2022).
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