La Corte di Cassazione seguita ad adottare una lettura assai ampia dei presupposti di esercizio dell’azione revocatoria, ritenendo l’atto dispositivo operato dal debitore sempre passibile di declaratoria di inefficacia ex art. 2901 cc., salvo contraria dimostrazione del debitore. Nello specifico, un istituto di credito (cui si sono allineate nel corso del giudizio altre entità bancarie) ha chiesto in via alternativa dichiarare la simulazione, ovvero la inefficacia, dell’atto dispositivo con cui le controparti avevano alienato i propri immobili ad una serie di società di diritto inglese, sottraendoli così alle ragioni creditorie. Nel giudizio instaurato dinanzi al Tribunale di Roma i convenuti eccepivano la mera natura dichiarativa dell’atto di cessione, destinato solo a recepire l’assunzione di un preventivo obbligo operato ai sensi del diritto inglese. Da tanto riteneva discendere la insussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria, non essendo dimostrato un vulnus, e di riflesso il mero carattere di adempimento dell’atto dispositivo ex art. 2901 cc comma III°, con onere della prova ascritto ai creditori retraenti. Dopo una prima pronuncia di rigetto, la Corte d’Appello ha accolto la domanda di revocatoria della banca; ritenuto dapprima perfettamente esperibile la domanda alternativa di simulazione ex art. 1414 cc e revocatoria ex art. 2901 cc, ha accolto quest’ultima, sul presupposto che il rogito di conferimento dei beni in società era produttivo di effetti giuridici, e pertanto cautelabile dai creditori mediante affermazione di inefficacia. La pronuncia di seconde cure è stata impugnata dagli originari convenuti, censurando al riguardo come, la Corte d’appello, una volta eclissata la natura meramente dichiarativa dell’atto, avrebbe fatto cattivo governo dell’onere della prova, tanto in ordine alla portata dell’atto, quanto per ciò che concerne l’eccezione prevista dall’art. 2901 cc, da ascrivere al creditore circa la sua inesistenza, e non già al convenuto riguardo alla sua insussistenza. I Giudici di legittimità confermano la lettura della fase di merito, e ripropongono una lettura conforme alla causale dell’istituto, costituente un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale. Premettono dapprima gli Ermellini gli effetti del rogito di conferimento dei beni ad una società, sostanziatosi nella sostituzione del bene ceduto ad un titolo di partecipazione a capitale di rischio, destinato sempre a determinare un nocumento per le ragioni dei creditori, passibile di reazione mediante domanda revocatoria. Assunta siffatta premessa le regole dell’onere della prova si proiettano tutte a carico dei debitori retratti; spetta a questi ultimi dimostrare la sussistenza di un previo effetto traslativo, la insussistenza di ulteriori effetti giuridici pretensivi da parte del rogito impugnato, la mancanza di effetti sul residuo patrimonio dei debitori, e dunque la doverosità dell’atto di alienazione, quale adempimento di un previo debito scaduto (Cassazione Civile, Sezione terza, sentenza 2 Novembre 2023, N° 30475).
Studio legale Avvocato Francesco Noto Cosenza – Napoli