Il furto di energia elettrica può essere perseguito senza una querela da parte del gestore del servizio?
La Corte di Cassazione offre risposta positiva al questo, disattendendo non solo le doglianze della difesa, ma le statuizioni più garantiste che avevano portato, solo alcuni mesi addietro, alla assoluzione dell’imputato dinanzi allo stesso Organo di Legittimità.
L’editto accusatorio, secondo un copione visto innumerevoli volte, si è sostanziato nell’addebito all’imputato del furto di energia elettrica, per avere quest’ultimo creato un allaccio abusivo direttamente presso la rete di distribuzione del gestore di energia, che gli consentiva attingere la somministrazione di energia senza alcun contratto o corrispettivo versato ad Enel.
La tematica del furto, previsto e punito dall’art. 624 codice penale, è stato oggetto come notorio di apposita modifica normativa, introdotta con l’art. 2, comma I°, lett. i), D. L.vo N° 150/2022. Il delitto di furto, per effetto della sopravvenienza normativa, è divenuto reato perseguibile a querela di parte, residuando la procedibilità d’ufficio per le sole fattispecie di furto aggravato, nel cui novero obiettivo vi rientra la condotta operata in danno di cosa destinata a pubblico servizio, in detti termini integrante una circostanza aggravante ex art. 625 codice penale, comma I°, N° 7.
Nel caso vagliato dalla Corte di Legittimità il Tribunale di merito ha mandato assolto l’imputato, dopo avere appurato la contestazione ai danni del prevenuto del delitto di furto semplice e la mancanza di successiva querela, resa necessaria dalla novella del 2022; veniva a tal fine ritenuta inidonea alla prosecuzione dell’azione penale la modifica del capo di imputazione, operata in un momento posteriore all’entrata in vigore del vigente dettato codicistico, e dunque da considerare quale tardiva contestazione tardiva, perché sopraggiunta in un momento di cristallizzata improcedibilità dell’azione penale ex art. 129 cpp.
La sentenza assolutoria è stata impugnata dal Pubblico Ministero, il quale deduce l’inosservanza della norma processuale che regolamenta la modifica del capo di imputazione (art. 516 cpp), alla luce del successivo art. 517 cpp, volto a consentire la possibilità di effettuare la contestazione suppletiva, senza osservare alcuna preclusione o limite temporale. Tale lettura è stata avversata dalla difensa dell’imputato, accorta nel richiamare una recente decisione favorevole alla ragioni dell’imputato (Cass. Penale, sentenza N° 3741 del 5 Gennaio 2024).
La Corte di Cassazione disattende il percorso argomentativo della citata sentenza (volta appunto ad escludere la possibilità per il pubblico ministero di procedere alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante, che renda il reato perseguibile d’ufficio), ed annulla la pronuncia assolutoria del Tribunale.
Il Supremo Collegio ritiene a tal fine solutoria la immanente destinazione del bene ad uso pubblico, tale da non mutare la contestazione della circostanza aggravante in punto di fatto.
La implicita valenza pubblicistica della energia elettrica non pone problematiche di carattere valutativo al momento della contestazione, non mutando in detti termini le componenti qualitative o quantitative dell’editto accusatorio.
La natura pubblicistica del servizio di somministrazione costituisce, ai fini della suddetta aggravante, un parametro di carattere valutativo, e se riportato nel capo di imputazione, non muta i termini dell’editto accusatorio, consentendo comunque all’imputato un ragionevole esercizio del diritto di difesa.
Ed allora, allorquando il pubblico ministero redige un capo di imputazione che annovera il furto di energia elettrica mediante prelievo dalla rete di distribuzione, la modifica non sconta alcun termine di deduzione, e non può pertanto considerarsi tardiva (Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza 37953 del 16 Ottobre 2024).
Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza Napoli