Accordo tombale in sede di divorzio ostativo a future pretese da parte dell’ex coniuge.

Per il Giudice nomofilattico le parti, in sede di regolamentazione dei rapporti economici conseguenti al divorzio, ben possono definirli in un’unica soluzione, mediante erogazione in conto capitale o datio in solutum [formula confutata dall’art. 5, comma 8, Legge N° 898 del 1970], Un simile assetto patrimoniale, che il Tribunale abbia ritenuto nella statuizione finale  idoneo a dirimere le pretese dell’avente diritto, a prescindere dal nomen iuris adottato, esclude la liceità di future pretese economiche da parte dell’originario creditore;  in ipotesi di decesso dell’ex coniuge, non può l’altro soggetto beneficiare della pensione di reversibilità o (in concorso con il coniuge superstite) di una sua quota. Cassazione Civile, Sezione  Lavoro, 3 Luglio 2012, N° 11088.

Suprema Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza 3 Luglio 2012 N° 11088

omissis

La Corte territoriale ha ritenuto che non fosse ostativa all’acquisizione del diritto alla pensione di reversibilità la circostanza che, in sede di divorzio, alla ricorrente fosse stata ceduta dall’ex coniuge, ai fini della definizione, in un’unica soluzione, dell’assegno previsto dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, la quota di sua pertinenza della casa comune (pari al 50%) e che, pertanto, al momento del decesso dell’ O., la stessa non fruisse dell’assegno in questione. Secondo il giudice d’appello, infatti, la corresponsione in unica soluzione dell’assegno, in via alternativa alla ordinaria corresponsione periodica, rappresenta solo una modalità solutoria che presuppone il riconoscimento del diritto alla prestazione ed ha l’unico effetto di precludere, in conseguenza del divorzio, ogni ulteriore pretesa economica nei confronti dell’ex coniuge, ma non anche nei confronti dell’ente previdenziale.

Per la cassazione di questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso fondato su un unico motivo

[…]

Il diritto dell’ex coniuge alla pensione di reversibilità ha, invero, uno dei suoi necessari elementi genetici nella titolarità “attuale” dell’assegno (vedi,in termini, Corte cost. n. 419/1999 citata), ove si consideri che solo nel caso in cui egli benefici di una erogazione economica a carico dell’ex coniuge al momento del decesso di costui, ha ragion d’essere la sua sostituzione con la pensione di reversibilità (o di una sua quota), posto che la funzione propria dell’attribuzione di tale trattamento pensionistico al coniuge divorziato è quella – solidaristico assistenziale – di consentirgli la prosecuzione del sostentamento prima assicuratogli dal coniuge deceduto. Nel caso di soddisfazione delle sue pretese economiche in un’ unica soluzione, realizzata concordemente con l’altro coniuge e approvata nella sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio, manca questa condizione imprescindibile, in considerazione della capacità di quanto pattuito – per come reputata dal Tribunale a seguito di un controllo e di una valutazione globale di tutte le circostanze di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, cit. – di assicurargli, anche per il futuro, mezzi adeguati al suo sostentamento e, dunque, una situazione economica incompatibile con la sopra indicata funzione assolta dalla pensione di reversibilità.

In altri termini, il discrimine tra le due diverse situazioni, che hanno opposte ricadute sul versante del riconoscimento della pensione di reversibilità, deve basarsi sulla corresponsione di un assegno periodico, che va di volta in volta cadenzato e parametrato nel tempo con forme di adeguamento automatico, così come esplicitamente previsto nel ripetuto art. 5 (comma 6); non a caso, del resto, la L. n. 898 del 1970, art. 9 bis, prevede l’attribuzione di un assegno periodico a carico dell’eredità nel (solo) caso in cui all’ex coniuge in stato di bisogno sia stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro ai sensi dell’art. 5, espressamente escludendo, viceversa, il diritto all’assegno nell’ipotesi in cui gli obblighi patrimoniali previsti dall’art. 5 siano stati soddisfatti in unica soluzione.

[…]

Conseguentemente, la questione in esame va risolta, in piena adesione a quanto già ritenuto dalla ricordata sentenza di questa Corte n. 3635/2012, con l’affermazione del principio di diritto secondo cui: “In tema di divorzio, qualora le parti, in sede di regolamentazione dei loro rapporti economici, abbiano convenuto di definirli in un’ unica soluzione, come consentito della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 8, attribuendo al coniuge che abbia diritto alla corresponsione dell’assegno periodico previsto nello stesso art. 5, comma 6, una determinata somma di denaro o altre utilità, il cui valore il Tribunale, nella sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio, abbia ritenuto equo ai fini della concordata regolazione patrimoniale, tale attribuzione, indipendentemente dal nomen iuris che gli ex coniugi le abbiano dato nelle loro pattuizioni, deve ritenersi adempitiva di ogni obbligo di sostentamento nei confronti del beneficiario, dovendosi, quindi, escludere che costui possa avanzare, successivamente, ulteriori pretese di contenuto economico e, in particolare, che possa essere considerato, all’atto del decesso dell’ex coniuge, titolare dell’assegno di divorzio, avente, come tale, diritto di accedere alla pensione di reversibilità o (in concorso con il coniuge superstite) a una sua quota”.”

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