Può l’imprenditore ottenere il risarcimento del danno cagionato da una segnalazione indebita alla centrale rischi, basando la richiesta su prova presuntiva?
Il quesito appena riceve una risposta pienamente positiva, ma occorre scrutinare le ragioni sottese alla recente decisione assunta dalla Corte di Cassazione con Ordinanza del 13 novembre 2024 N° 29252; la tematica è assai complessa, specie se si considerano le ripercussioni negative, in ipotesi di segnalazioni infondate, tali da incidere assai negativamente sulle attività di impresa.
Si consideri dapprima l’antefatto su cui si è poi sviluppato il contenzioso nei tre gradi di lite.
L’amministratore di una società di capitali conviene in giudizio, dinanzi al Tribunale di Treviso, altro soggetto giuridico responsabile di una segnalazione effettuata in Centrale Rischi della Banca d’Italia, avente ad oggetto la compagine sociale e l’amministratore, quest’ultimo in veste di garante per il pagamento dei canoni di locazione finanziaria di un capannone, ritenuta dal ricorrente illegittima.
Il Tribunale di Bolzano, adito per competenza in riassunzione, ha respinto al domanda di risarcimento, per un duplice ordine di fattori: l’indicazione del debito in sofferenza aveva riguardato soltanto la garantita, e non anche il garante, ma soprattutto ha ritenuto carente di riscontro la prova del discredito commerciale subito.
L’amministratore ha interposto appello, ed in secondo grado la sentenza veniva in parte riformata; la Corte d’Appello giungeva a ritenere ingiusta la segnalazione del credito -considerato non emergere situazioni sintomatiche di uno stato di difficoltà economica della debitrice-, salvo tuttavia ritenere insussistente la richiesta di risarcimento del garante, ancora una volta per mancata allegazione della prova da parte dell’attore. Rilevava la corte d’appello il non aver fornito, l’amministratore, la prova diretta volta a dimostrare la cessazione dei finanziamenti da parte delle banche e la loro richiesta di rientro degli affidamenti accordati a causa della notizia della segnalazione in Centrale Rischi.
L’amministratore proponeva, in ultima istanza, ricorso dinanzi la Corte di Cassazione, affidato a due motivi. Con il primo lamentava la ritenuta insussistenza della prova circa nesso eziologico tra la condotta tenuta dalla società segnalante e l’evento prodotto consistente nel peggioramento del proprio merito creditizio e la conseguente difficoltà di accesso al credito. Nello specifico, la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto fallace tale prova, sebbene sussistente sulla base della documentazione fornita; con il secondo motivo, lamentava la decisione dei giudici nella parte in cui ha escluso come, il mero accostamento del nome del garante alla società debitrice non avesse potuto arrecare un pregiudizio alla propria reputazione commerciale. Il ricorrente, infatti, rilevava come altro istituto di credito avesse rifiutato l’erogazione di un prestito, proprio perché il nome del garante era stato accostato a quello della società debitrice segnalata.
La Corte di Cassazione ha ribaltato il responso dei giudici di merito, ed ha ritenuto soddisfatto l’onere della prova relativo la richiesta di risarcimento danni. Sono stati stato al riguardo richiamati i principi già fissati nella sede di legittimità, secondo cui “il danno patrimoniale da segnalazione indebita può essere oggetto anche di prova presuntiva, che, nel caso di un imprenditore, può investire ‹‹un peggioramento della sua affidabilità commerciale, essenziale anche per l’ottenimento e la conservazione dei finanziamenti, con lesione del diritto ad operare sul mercato secondo le regole della libera concorrenza›› (così, in motivazione, Cass., sez. 1, 09/07/2014, n. 15609), mentre, per un qualsiasi altro soggetto, può consistere anche nella dimostrazione della maggiore difficoltà nell’accesso al credito (Cass., sez. 3, 10/02/2020, n. 3133)”.
Nel caso odierno, infatti, la Corte rilevava come il giudice del merito non avesse valutato adeguatamente gli elementi di prova posti dal ricorrente, sostanziatisi nella difficoltà di accesso al credito e nel peggioramento della propria reputazione commerciale, seppure ampiamente documentati dal danneggiato, ancor più se considerata la contiguità temporale tra la segnalazione a sofferenza e gli eventi venutisi a produrre. Conclude ritenendo come sia “evidente che agli atti del giudizio emergono indizi da cui poteva dedursi il nesso di causalità tra la segnalazione e la revoca degli affidamenti in precedenza concessi alla debitrice principale e del conseguente pregiudizio risentito dal ricorrente, essendo tra la segnalazione e la revoca degli affidamenti intercorso un breve lasso di tempo”.
Non può pertanto il giudice di merito respingere la domanda di risarcimento. in nome di un generico difetto di prova, che ben ammette una valutazione presuntiva degli elementi addotti dal danneggiato (Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, Ordinanza 13 Novembre 2024, N° 29252).
Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza Napoli