Come si determina il valore del bene, in ipotesi di acquisizione sanante operata dalla pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 42 bis Testo Unico espropri?
L’interrogativo, in relazione ad uno specifico aspetto, trova risposta in una recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha riformato il pronunciamento della Corte d’Appello, nella parte in cui aveva accordato ai proprietari espropriati tutte le voci previste dall’art. 42 bis DPR N° 327/2001, senza operare alcun distinguo. Come notorio, nelle ipotesi di acquisizione di un immobile, da parte di un soggetto pubblico, senza il preventivo avvio o comunque la conclusione di una procedura espropriativa, oppure nelle ipotesi in cui l’atto conclusivo sia stato annullato nella sede giurisdizionale amministrativa, la pubblica amministrazione, per evitare la restituzione dell’immobile, può ricorrere all’istituto dell’occupazione sanante, che ha precisi risvolti economici e contabili (si rammenta a tal fine l’obbligo di trasmissione del decreto sanante alla Corte dei Conti). L’amministrazione, in detta evenienza, deve corrispondere al privato una somma pari al valore venale del bene, oltre il 10% a titolo di danno non patrimoniale, così forfettariamente determinato. A ciò deve poi cumularsi un ulteriore previsione di ristoro per il periodo di occupazione illegittima, pari al 5% annuo.
In tale contesto ci si è chiesti se, qualora l’Ente pubblico abbia trasformato l’immobile appreso e non formalmente espropriato, migliorandolo sul piano del valore (o anche realizzando l’opera pubblica), l’indennizzo spettante al privato dovrà essere comprensivo di tali migliorie, oppure le stesse dovranno essere decurtate dal calcolo dell’indennizzo ex art. 42 bis. La Corte di Appello, adita dai titolari dell’immobile acquisito ex art. 42 bis DPR N° 327/2001, abbracciando una soluzione affine a quanto dettato dalla esegesi amministrativa, ha ritenuto computare pure le migliorie realizzate dal soggetto pubblico (si rammenta al riguardo la sentenza del Consiglio di Stato n.4457 del 25.10.2016, che ha così statuito: la disposizione dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001 -T.U. Espropriazione per p.u.- risponde ad una finalità di favore per l’espropriato nella misura in cui sottintende che il valore venale del bene cui la norma si riferisce comprende non solo il valore del suolo occupato, ma anche quello delle opere che su di esso siano state eventualmente realizzate (le quali, ove la p.a. non procedesse all’acquisizione, sarebbero soggette ad accessione a favore del privato in applicazione degli ordinari canoni civilistici”).
La lettura dispensata dal supremo Organo amministrativo non viene condivisa dalla Corte di Cassazione, che adotta un criterio del tutto antitetico, volto a riconoscere al privato il solo valore del bene, decurtando le opere realizzare dal soggetto pubblico.
Non potrà trovare applicazione la regola della accessione invertita, sancita dall’art. 936 cc, posto che, in caso di acquisizione sanante, secondo la Corte di Legittimità è da escludersi la possibilità per il proprietario di potere imporre la rimozione delle opere realizzate dalla pubblica amministrazione, e pertanto dovrà tenersi conto e decurtare il valore delle suddette opere, attesa la connotazione c.d. ambulatoria degli obblighi suddetti (Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Ordinanza N° 15822 del 6 Giugno 2024).
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