Giuseppe Napoleone Re di Napoli, di Sicilia ecc; veduta la nostra legge del dì primo settembre 1806
relativa alla ripartizione dei demani, ed il rapporto del nostro Ministro dell’Interno; Udito il nostro
consiglio di Stato;
Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue:
Art. 1. — Sotto il nome di demani, o terreni demaniali, s’intendono compresi tutti i territori aperti,
culti o inculti, qualunque ne sia il proprietario, su i quali abbian luogo gli usi civici o le promiscuità.
Art. 2. — Le terre della sopradetta natura saranno a norma delle legge ripartite nel modo indicato
con questo decreto.
Art. 3. — Non saranno sottoposte a sì fatta ripartizione proprietà, che le Università, gli ex-Baroni, e
particolari tengono difese per certo tempo ad uso di pascolo, o di semina, benché in altri tempi
soggette al pascolo comune.
Art. 4. — Coloro che diverranno possessori delle porzioni derivanti dalla ripartizione dei demani di
qualunque natura, resteranno pieni, liberi ed assoluti padroni delle proprietà loro toccate,
dimodochè ad eccezione dell’annua prestazione secondochè verrà detto in appresso, goderanno
dell’intera facoltà di disporne come loro aggrada, o coll’alienarle, o darle in affitto, o con coltivarle,
e riservarle al solo uso proprio, chiudendole, senza che alcuno possa impedirglielo, e senza che altri
possa vantarvi, o esercitarvi, sotto qualunque pretesto, niuno dei pretesi diritti o usi civici di
pascere, acquare, legnare, pernottare o altri simili, sia in tempo che i territori stessi trovano seminati
o che non vi penda frutto, sia dopo la raccolta.
Art. 5. — La ripartizione dei demani feudali promiscui, o luoghi pii, e religiosi ed altri, comprende
due operazioni. La prima consiste nella divisione: i) dei demani feudali tra Barone ed il corpo
morale dell’Università; 2) dei promiscui fra le Comuni o fra gli altri possessori, fra i quali esiste la
promiscuità; 3) dei demani appartenenti ai luoghi pii, ed ai religiosi soppressi o esistenti, e le
Università, nel di cui territorio si trovano situati. Fatte però tali operazioni, sarà cura delle parti il
farvi apporre i confini.
La seconda operazione consiste nella suddivisione individuale della parte dei demani sopraddetti
spettata a ciascun Comune. In quanto però a’ demani comunali appartenenti ad una stessa
Università, non avrà a farsi, che la sola ripartizione fra gli individui.
Art. 6. — Per la prima operazione, cioè la divisione dei demani, siano feudali, siano di chiese,
monasteri o altri, le parti interessate nomineranno ciascuna un arbitro per convenire
nella divisione. Questi arbitri prenderanno le più esatte indagini, sentiranno le parti
interessate, verificheranno lo stato del legittimo possesso, ed impiegheranno al bisogno l’opera dei
periti di campagna, per averne le opportune relazioni e ragguagli, non solo per ciò che riguarda la
valutazione dei diritti rispettivi, dei quali sono in possesso la Comune da una parte, e l’ex-Barone o
la chiesa o il monastero o altri dall’altra; ma anche per estimare la qualità ed il valore delle terre, e
riconoscere ed esaminare le migliorie, che si potrebbero allegare dai coltivatori dei terreni demaniali
del feudo, della chiesa, del monastero ecc., prossimo all’abitato, e ciò per l’oggetto espresso
nell’art. 7.
Art. 7. — Formato il parere degli arbitri sulla convenuta divisione, sarà il detto parere mandato al
Consiglio d’Intendenza, il quale immediatamente delibererà secondo il risultato del parere, se i
diritti, dei quali è in possesso l’Università, debbano essere compensati colla metà, terza, quarta o o
altra minor porzione dei demani feudali, o di chiesa o di monastero o altri proprietari, e redigerà il
corrispondente suo provvedimento, determinando in esso non meno la quantità del demanio, che il
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sito, ove bisogna assegnarglielo, il quale, in conformità dell’articolo 2 della legge, deve essere in
preferenza nella parte più prossima all’abitato, quando possa esiguirsi senza altrui pregiudizio, e
specialmente di quei, che l’avessero notabilmente migliorata.
Art. 8. — Per la divisione dei demani promiscui fra le Università, o altri che vi rappresentano o vi
esercitano diritti territoriali, oltre a quanto si è prescritto cogli articoli precedenti, dovrà ciascun
Consiglio innanzi a tutt’altra cosa esaminare quanto siegue:
Qualora la promiscuità altro non sia che una reciprocanza di usi, ed il terreno promiscuo
sia indubitatamente posto nel tenimento di una o dell’altra delle Comuni, o che siano o no finitime, i
Consigli d’Intendenza esamineranno colla massima scrupolosità, se per le circostanze locali, per la
situazione dei terreni promiscui, per la natura dei diritti di promiscuità, e dei bisogni rispettivi,
possa o no seguire senza detrimento lo scioglimento della promiscuità, e proporranno a Noi il loro
parere, per decidere secondo l’esigenza dei casi; indicheranno il modo, in cui stimeranno più
opportuno di doversi effettuare lo scioglimento o la ripartizione delle terre promiscue, avendo
sempre riguardo maggiore per le Comuni, nel di cui tenimento è situato il demanio (2).
Quante volte poi non sia definito in quale dei due territori confinanti sia posto il terreno demaniale
promiscuo dovranno i Consigli riguardar l’oggetto per questi due punti: il primo di fissar la
confinazione rimasta finora indeterminata; il secondo di stabilire lo scioglimento della promiscuità
degli usi; e per la tutela che esercitiamo su tutte le Comuni, sarà nel primo caso nostra special cura
il definire siffatti limiti rispettivi dietro il parere dei Consigli d’Intendenza, i quali nel proporre la
determinazione dei confini reciproci, e l’assegnamento a ciascuna delle due Comuni di una parte del
territorio controvertito, terranno presente lo stato delle popolazioni e quello dei bisogni dei due
limitrofi paesi, non meno che gli accidenti naturali del sito, acciò la confinazione sia più conforme
alla posizione dei luoghi. E prendendo tutte queste considerazioni per base della fissazione da farsi,
ce ne trasmetteranno i più esatti dettagli per nostra regola nella risoluzione definitiva, che ci siamo
riserbati di prendere.
Art. 9 — Allorchè la divisione dei demani feudali promiscui, o di luoghi religiosi, da Noi approvata,
sarà mandata in esecuzione, passeranno i Consigli alla divisione fra i partii della porzione dei terreni
medesimi ricaduta alle Comuni.
Art. 10. — Dovendo a norma della legge, gli attuali legittimi possessori esser mantenuti nel
godimento dei loro possessi sopra i demani, di qualunque natura siano, i Consigli d’intendenza
avranno cura di distinguere le semplici servitù rustiche come di passaggio, vie, acquidotti e simili,
dai diritti reali, superficiali, colonici, a lungo tempo o perpetui, i quali solo possono esser mantenuti.
In quanto poi agli affitti o colonie temporarie, non debbono intendersi compresi nella legge se non
per lo tempo o durata convenuta nel contratto, o secondo la consuetudine locale; restando dopo ciò
il proprietario o padron diretto libero dispositore della sua proprietà; cosi conservandosi a ciascun
possessore quel diritto, che legittimamente gli appartiene.
Restando quindi fermi i possessori per lo diritto, reale e perpetuo, le loro terre non potranno essere
sottoposte alla divisione da eseguirsi per effetto del presente decreto; ma seguiteranno a pagare il
canone, o l’annua prestazione al padrone di quella parte del demanio, nella quale sono compresi i
fondi da essi posseduti.
Chi non vi avesse altro che semplici servitù, conserverà il diritto, che legittimamente vi possiede;
ma dovendosi fissare i canoni, o prestazioni da pagarsi dai nuovi concessionari delle terre, si terrà
conto di quelle servitù, per proporzionare la giustizia delle prestazioni.
Art. 11. — Per eseguire in seguito la divisione della parte dei demani comunali, che non ha attuali
legittimi possessori, i Consigli esamineranno la rimanente quantità delle terre da suddividersi con
ciascuna Università, la loro qualità, gli usi, ed i bisogni’ delle rispettive popolazioni; consulteranno
i voti dei decurionati; e quindi, nel trasmetterci le deliberazioni de’ medesimi, ci proporranno gli
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espedienti più opportuni, e più conformi alle circostanze locali, tanto rispetto al modo, quanto alla
proporzione da eseguirsi nella divisione territoriale.
Art. 12. — Le persone, fra le quali dovrà effettuarsi l partizione de’ terreni, che non si trovano
attualmente posseduti dai cittadini, saranno quei naturali dei Comuni rispettivi, che rappresentavano
ed esercitavano sul demanio comuni diritti degli usi civici, che nella legge sono indicati col nome
dei comunisti: tra essi però i non possidenti ed i possidenti minori saranno sempre preferiti.
Art. 13. — Egualmente col parere de’ decurionati, i Consigli d’Intendenza ci suggeriranno il
quantitativo dell’annua prestazione, che sarà proporzionata alla qualità, stato e valore delle terre
suddivise, che corrisponder dovranno i novelli concessionari, ciascuno per la sua porzione, non
omesso il riguardo al diritto, che avevano i cittadini sulle stesse terre prima della divisione.
Art. 14. — Fatta la suddivisione delle terre demaniali in tante parti di egual valore, per evitare
qualunque contesa potesse insorgere per la scelta o preferenza nelle assegnazioni di dette parti, la
sorte deciderà delle distribuzioni. Potranno però in seguito gli stessi concessionari fare delle
permute, ed accomodarsi fra loro.
Art. 15. — Qualunque usurpazione, o abusivo possesso su i demani comunali siano riconosciuti dai
Consìgli d’Intendenza, ci saranno da essi riferiti per mezzo del Ministro dell’Interno onde apporvisi
il conveniente riparo.
Art. 16. Una legge ed istruzioni particolari provvederanno alla conservazione, rimboscamento, o
propagazione dei boschi. Intanto ove tutto un demanio feudale, o comunale o promiscuo, ecc., fosse
boscoso, i Consigli d’Intendenza, fatta esaminar la natura e situazione del bosco, distingueranno la
parte piana dalla scoscesa, quella che deve conservarsi assolutamente boscosa, e quella che, senza
inconveniente, ridursi a coltura; ed esaminate le ragioni delle parti, e consultati i periti, ci
proporranno le disposizioni che crederanno analoghe al ben pubblico, alle circostanze locali, ed alla
giustizia.
Art: 17. — Le cautele da osservarsi nella stipula de’ contratti, saranno fissate con un altro nostro
decreto sul rapporto del Ministro della Giustizia.
Art. 18. — Niuna delle disposizioni, o provvedimenti, o pareri, che i Consigli d’Intendenza ci
proporranno per effetto della legge del primo settembre, e del presente decreto, potranno essere
eseguiti di fatto nè direttamente, nè indirettamente, nè senza nuovo ordine; restando gl’Intendenti
incaricati della esecuzione dell’art. ii della stessa legge, cioè che non si commetta alcuna novità di
fatto sullo stato attuale de’ demani fino alla loro ripartizione. Gl’Intendenti medesimi restano
incaricati di rimettere al Ministro dell’Interno i processi formati dai Consigli, per le operazioni di
sopra indicate.
Art. 19. — Una Giunta nominata da Noi sarà incaricata ad esaminare siffatte carte, ed i
provvedimenti e gli avvisi de’ Consigli medesimi, che le saranno inviati dallo stesso Nostro
Ministro; e sul rapporto di essa, si pronunzieranno le nostre disposizioni definitive, in conformità
delle quali la ripartizione dei demani sarà eseguita.
Art. 20. — Tutte le operazioni, che dovranno farsi sia dagli arbitri, sia da’ Consigli d’Intendenza, o
dalla Giunta nominata nell’articolo antecedente, o per le indagini, esami, verifiche ed informazioni,
saranno praticate nelle forme puramente economiche ed amministrative, senza la menoma ombra di
rito, o di apparato giudiziario.
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Art. 21. — Non viene compresa nelle disposizioni del presente decreto la Sila di Calabria, sulla
quale ci riserbiamo prendere ulteriori determinazioni.
Art. 22. — Il nostro Ministro dell’Interno è incaricato della esecuzione del presente decreto.