Gioacchino Napoleone, Re delle due Sicilie;

Volendo dare una regola per la agile divisione dei demani, e provvedere all’uniformità dall’esecuzione di una tanto importante operazione;

Visto il rapporto del nostro Ministro dell’Interno;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Art. 1. — Sono approvate le qui annesse istruzioni per la divisione dei demani. I Commissari da noi eletti le prenderanno per norma delle loro operazioni.

Art. 2. — Il nostro Ministro dell’Interno è incaricato della esecuzione del presente decreto.

ISTRUZIONI TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1. — I Commissarii stabiliti con decreto dei 23 di ottobre dello scorso anno 1809 per la divisione dei demani, eseguiranno secondo la disposizione del medesimo: 1) Lo scioglimento di ogni promiscuità; 2) La separazione in massa delle terre demaniali non promiscue fra i Comuni ed i padroni di esse, sieno ex-baroni, sieno chiese; 3) La suddivisione della parte dei Comuni fra i cittadini.

Art. 2. — Ogni Commissario, prima di ogni altra operazione chiamerà a sè le carte relative a questo incarico, che esistono nelle rispettive Intendenze, e chiederà un quadro dimostrativo dello stato in cui sono le operazioni. Avrà parimente la lista degli agenti distrettuali o di circondario nominati dagli Intendenti. I Commissari potranno conservare o cambiare questi agenti, secondo che crederanno più necessario ed opportuno alla esattezza ed alla celerità delle operazioni.

Art. 3. — Dietro gli schiarimenti contenuti nell’articolo precedente i Commissari separeranno tutto il travaglio in tre classi: 1) per le divisioni fatte, ma non ancora da Noi approvate; 2) per quelle che quantunque non compite ancora, pure il travaglio sia fatto in gran parte e molto inoltrato; 3) per le divisioni o non intraprese affatto, o appena incominciate. La loro prima applicazione sarà di conoscere delle divisioni fatte per approvarle o riformarle secondo la norma delle presenti istruzioni. Secondo la medesima norma essi ultimeranno le già incominciate. E finalmente passeranno alle divisioni o appena incominciate o tuttavia intatte.

Titolo II SCIOGLIMENTO DELLE PROMISCUITA’

Art. 4. — I Commissari stabiliranno per principio generale che non possano essere conservate le promiscuità tra qualsivogliano persone o corpi morali che esistano. Essi procederanno in conseguenza al di loro scioglimento, salve solo le eccezioni contenute nell’art. 9.

Art. 5. — La legge riconosce due cause di promiscuità, il condominio e le servitù acquistate. L’uno e le altre possono essere o generali o particolari. Le generali sono quelle che sono sugl’interi tenimenti dei paesi messi in comunioni. Le particolari abbracciano una parte più o meno grande, e più o meno eguale dei suddetti territori promiscui. Le comunioni generali per servitù reciproche, e tutte le comunioni particolari nelle quali non vi siano demanii, restano sciolte senza compensi vicendevoli, salvo solo i casi preveduti nell’art. 9.

Art. 6. — Le comunioni generali per condominio, e le particolari; sia per condominio, sia per servitù tra i Comuni, si scioglieranno colla estimazione dei vicendevoli diritti sui demanii nei termini dell’art. 42 del decreto del dì 3 di dicembre; tenendosi presente la popolazione di ciascun Comune, se siano due o più, il numero rispettivo degli animali, ed i loro bisogni.

Art. 7. — Quando nelle promiscuità di sopra esposte vi sia l’interesse di uno o più Baroni, allora si seguiranno le regole dei compensi indicate nel seguente titolo III, art. 16.

Art. 8. — In tutti i casi ne’ quali la divisione venga a privare alcuno degl’interessati del più facile accesso ad un fiume o ad un fonte, o lo lasci troppo segregato dal legname necessario agli usi della vita, da qualche cava di gesso, e simili, i Commessari faranno costruire delle vie e passaggi, compensando il detrimento di questa servitù proporzionalmente al suo valore.

Art. 9. — È possibile che vi siano de’ casi particolari da far eccezione alla regola dello scioglimento delle promiscuità. Tali sono i casi in cui una parte sia di pascoli estivi, e l’altra di pascoli d’inverno, o in cui le terre sieno divise in pascoli di diversa specie d’animali. In questi ed altri casi simili, i Commessari, dopo il più diligente esame, vedranno quello che assolutamente e indispensabilmente debba rimanere in comunione, e lo lasceranno in questo stato, riferendone al Ministro dell’Interno, che prenderà i nostri ordini.

Art. 10. — In caso di dubbio sul diritto alla promiscuità, si attenderà lo stato possessoriale, riserbando alle parti lo sperimento de’ loro diritti su i canoni delle terre, senza impedirsi l’operazione, a norma dell’art. 18 del real decreto dei 3 di dicembre 1808.

TITOLO III SEPARAZIONE IN MASSA DELLE TERRE DEMANIALI TRA I PADRONI DI ESSE E I COMUNI, PER GLI USI CHE QUESTI VI RAPPRESENTANO

Art. 11. — Gli usi civici dei Comuni su i demani degli ex-baroni e delle chiese, o che vogliano su i principi generali riguardarsi come riserve, più o meno estese del dominio, che le popolazioni rappresentavano sulle terre, o come riserve apposte dal concedente per conservare alle popolazioni stesse il mezzo di sussistere, possono ridursi a tre classi: i) di usi civici essenziali che riguardano lo stretto uso personale necessario al mantenimento dei cittadini; 2) di usi civici utili, che comprendono, oltre l’uso necessario personale, una parte eziandio d’industria; 3) di usi civici dominicali che contengono partecipazione a frutti ed al dominio del fondo.

Art. 12. — Alla prima classe appartengono il pascere, l’acquare, il pernottare, coltivare con una corrisposta al padrone, legnare per lo stretto uso del fuoco e degli’ istrumenti rurali e per gli edilizi; cavar pietre o fossili di prima necessità; occupare suoli per abitazioni.

Art. 13. — Alla seconda appartengono, oltre gli usi suddetti, anche gli altri di utilità; come legnare indistintamente, raccorre ghiande cadute, o castagne; pascerle per uso proprio col padrone, sia in tutto, sia in parte del demanio, scuoterne anche i frutti pendenti, immettervi gli animali a soccio, cuocer calce per mercimonio, essere preferito ai compratori stranieri nella vendita o cunsumo dei frutti del demanio.

Art. 14. — Alla terza classe appartengono il far piante ortolizie senza prestazione, seminare grano per uso pròprio, o marzatici indistintamente senza corrisposta, o con una così visibilmente tenue, che mostri di essere una semplice ricognizione della signoria feudale; partecipare del diritto di fida o diffida, dove questa esisteva, o dell’utilità de’ terraggi o delle coverte e de’ frutti che si vendono; fissare in ogni anno la corrisposta che i cittadini debbono pagare al padrone diretto per le ghiande, castagne e simili.

Art. 15. — Gli altri usi forse non espressi, sarà facile riportàrli ad una delle classi enunciate; a cui per natura appartengono, eccetto il caso preveduto nell’art. 9.

Art. 16. — Acciocchè l’applicazione ai casi particolari delle basi contenute negli art. 9 e 10 del Tit. II del Real decreto dei 3 di dicembre 1808 non sia soggetta ad arbitri e ad incertezze, ed acciò una regola inflessibile tronchi tutte le dispute, sarà fissata una scala che determini per ciascuna delle indicate classi la porzione da separarsi, nel modo seguente: Il minimum del compenso degli usi essenziali, o che si esercitino tutti, o che se ne eserciti una parte qualunque, sarà il quarto di tutto il demanio. Secondo la varietà dei casi e delle circostanze da tenersi presenti da’ Commissari, potrà essere di un terzo, e sino della metà del demanio stesso. Il minimum el compenso degli usi appartenenti alla seconda e terza classe, o che siano esercitati tutti o che se ne eserciti una parte qualunque, sarà la metà del demanio; e secondo le circostanze dei casi da vedersi da’ Commissari, potrà crescere a due terzi e sino a tre quarti del medesimo, in beneficio del Comune. Questo compenso abbraccerà ancora il compenso degli usi essenziali, qualora in tutto o in parte esistano nel demanio medesimo.

Art. 17. — I demani relativamente alle colonie perpetue che possono trovarsi stabilite, debbono essere distinti in due classi: quelli dei quali l’intera superficie si trovi occupata da coloni perpetui; gli altri occupati per una parte sola, o che questa sia continua, o che sia interrotta per colonie disseminate nell’intera continenza del demanio. Nel primo caso, avendo il real decreto de’ 16 di ottobre del caduto anno, dichiarata l’erba di proprietà de’ rispettivi padroni anche superficiari, è cessato ad un tempo nell’ex-barone il diritto alla fida, e ne’ cittadini la partecipazione agli usi. Dal terratico e dalla decima in fuori che questi così detti coloni debbono pagare all’ex-barone, come riserva del di lui dominio, essi sono riputati come assoluti padroni delle loro rispettive porzioni: ed ogni servitù è rimasta estinta. Quindi questi demani, trovandosi già legittimamente ripartiti, non possono cadere in altra divisione. Nel secondo caso, ciò che è stato spiegato per lo tutto, è applicabile anche alla parte. Cadrà in divisione la parte non occupata: ed i coloni perpetui che sono in possesso dell’altra, saranno riguardati come ogni altro possessore de’ fondi propri allodiali.

Art. 18. — In tutti i casi nei quali o per una delle eccezioni ammesse nel real decreto de’ 16 di ottobre del caduto anno, o per altro qualunque dritto riconosciuto legittimo, gli ex-baroni conservassero diritto di fida o diritto sugli alberi, e i Comuni vi rappresentino gli usi, vi sarà luogo alla divisione in favor degli usuari o per la terza o per l’altra parte maggiore, secondo la classificazione degli usi fissata nelle presenti istruzioni, Questa divisione cadrà sempre sul territorio soggetto alla servitù; ed i redditi dei coloni perpetui si divideranno fra il proprietario e l’usuario in proporzione della parte assegnata.

Art. 19. — Avendo la legge de’ 2 di agosto 1806 del Real decreto de’ 17 di gennaio1810 dato alle prestazioni ed ai redditi territoriali ex-feudali la natura dei censi riservativi, è rimasto estinto sui medesimi il diritto della devoluzione. Questo beneficio fatto a’ possessori dei fondi colonici è messo a calcolo nelle presenti istruzioni, per non sottoporre gli ex-baroni ad una riseca sulle colonie perpetue, sulle quali il Comune, sia nei casi di devoluzione, sia nei casi in cui rimanessero incolti, avrebbe diritto agli usi civici.

Art. 20. — Allorchè andranno a separarsi in massa le terre demaniali, possono incontrarvisi delle difese dell’ex-barone. L’art. 3 tit. I del Real decreto de’ di dicembre 1808 esclude le difese legittimamente costituite a tenore delle antiche leggi del Regno, che sono la prammatica I, De salario, e l’XI De baronibus. Quando nelle difese baronali non s’incontrino i requisiti espressi nelle due rapportate leggi, o il possesso continuato e non interrotto dal 1536, epoca della prammatica o finalmente un giudicato della Commessione feudale ed anche degli aboliti Tribunali supremi del S. C. e della Camera, purchè però sia difinitivo e non provvisorio il Commessario ne ordinerà l’apertura: e la medesima formerà parte del demanio divisibile.

Art. 21. — Se la difesa trovasi costituita sul demanio universale, siccome dee considerarsi come usurpazione sulla cosa altrui, così niun compenso si debbe al possessore. Se poi trovasi costituita sopra demanio ex-feudale, se ne darà al Comune tanta estensione, quanta corrisponda agli usi civici che rappresenta nel restante demanio; ed il di più resterà al possessore.

Art. 22. — Se il possessore abbia fatto delle migliorie nella difesa, effetto della mano d’uomo, e non della natura, ed offra al Comune un compenso equivalente in terre, ed in difetto di queste, in un canone, il Commessario ammetterà tale offerta.

Art. 23. — Ciò che si è detto delle difese ex-feudali, s’intende anche per quelle poste nei demani ecclesiastici.

Art. 24. — Sono eccettuate le difese fuori dei demani in piccioli fondi, mai non contraddette, Esse non entrano nella divisione che riguarda i demani puramente presi, come non vi entrano le terre appadronate, benché aperte alla reciproca servitù del pascolo. Per queste specialmente i Commessari si limiteranno a promuoverne la chiusura e la affrancazione nei termini del tit. VII, art. 47, 48 e 49 del Real decreto de’ 3 di dicembre 1808.

Art. 25. — Non debbono confondersi colle terre demaniali e colle difese quei fondi che sono onnossi a qualche servitù reale, come a dire di passaggio, di via, di acquidotto. Il godimento di questi diritti non suppone demanialità di terre, poiché i medesimi possono trovarsi costituiti in grazia de’ fondi vicini per mezzo degli ordinari titoli coi quali per legge si acquistano le servitù.

Art. 26. — Le regole stabilite per la compensazione degli usi civici non sono applicabili agli usi che si esercitano dalle popolazioni sopra i feudi separati dal proprio tenimento. S’intendono per feudi separati quelli che partono da una espressa concessione del principe, e che sono stati posseduti come territori distinti e con giurisdizione separata insino all’abolizione della feudalità, e le di cui parti non siano allibrate nei catasti dei Comuni finitimi. Dove questi requisiti strettamente si verifichino, i diritti che vi hanno acquistati i cittadini per qualunque titolo, si compenseranno per via di estimazione.

Art. 27. — Finalmente, benché le difese dei Comuni debbano far parte della massa divisibile, a norma dell’art. 21 del citato Real decreto dei 3 di dicembre, pure vi potrà essere il caso che le terre aperte siano così estese, che sorpassino il bisogno ed i mezzi di coltura della popolazione, o che il bene generale ed evidente esiga che una porzione della difesa o anche tutta resti comune. In questi casi il Commessario sospenderà in tutto o in parte la divisione di tali difese e ne darà parte al Ministro dell’Interno.

TITOLO IV SUDDIVISIONE DELLE TERRE DIVISE FRA I CITTADINI

Art. 28. — Laddove i demani ex-feudali ed ecclesiastici si trovassero tutti occupati da coloni perpetui inamovibili, a norma dell’art. 14 del Real decreto dei 3 di dicembre, non si avrà a far altro che stabilirvi i canoni, esistendovi già col fatto quella divisione ch’è oggetto della legge.

Art. 29. — Solo ne’ demani comunali non si considererà colonia, se non precaria; e tutto sarà rimesso in massa e diviso giusta l’art. 35 del citato Real decreto.

Art. 30. — Saranno eccettuate le porzioni di demanio nelle quali il colono abbia immutato la superficie in meglio e le migliorie sieno tali che possano dirsi fixe vinctae. In questo caso tutto il migliorato resterà in porzione del colono, ancorchè il contingente sia maggiore. Dove siavi stata fatta una fabbrica solamente, questa s’includerà nel contingente del colono.

Art. 31. — Determinata la massa delle terre divisibili colle dinotate eccezioni e fissatane l’estensione precisa colla misura, si procederà alla numerazione delle persone che hanno diritto ad aver parte delle terre divisibili. La classificazione di queste persone si farà su i ruoli della fondiaria di quel Comune, del di cui territorio si tratta; e si eseguiranno gli articoli 22, 25 e 30 del Real decreto de’ 3 di dicembre.

Art. 32. — Si sceglieranno i tre periti indicati nell’articolo 24, titolo III. Uno almeno di questi periti dovrà essere agrimensore. Essi leveranno la pianta di tutto il territorio divisibile, colla divisione del vecchio coltivatorio e di quello che va a coltivarsi di nuovo; e per questo ne riporteranno sulla carta stessa la divisione, numerando le porzioni. Essi vi ritracceranno le strade, le aje e tutti gli spazi voti che mai possano bisognare, dopo di averle segnate e determinate in campagna; e finalmente progetteranno il canone da fissarsi secondo la diversa natura delle terre. Questo progetto sarà discusso dal Decurionato, e diffinito poi dal Commessario.

Art. 33. — Fissata la quantità delle terre divisibili, e fatta la classificazione e numerazione dei partecipanti, se ne affiggeranno le liste coll’invito ai medesimi, acciò tutti diano il loro nome e facciano la richiesta. Adempito a questo atto, si procederà in pubblico all’estrazione a sorte dei nomi e delle porzioni. Nel tempo stesso al margine della pianta col richiamo dei numeri saranno riportati i nomi di tutti i partecipanti coll’indicazione della quota.

Art. 34. — Per quelle parti che non saranno richieste, si procederà al metodo delle offerte giusta l’art. 25 del detto Real decreto; béninteso che il Commessario potrà abbreviare o prorogare il termine prefisso in detto articolo.

TITOLO V REGOLAMENTO DI PROCEDURA

Art. 35. — I CommIssari potranno destinare d’officio, dopo un avviso, gli arbitri o agenti che le parti interessate non avranno nominati.

Art. 36. — Essi cominceranno sempre le operazioni dallo scioglimento delle promiscuità, e dalla divisione de’ demani ex-feudali non promiscui.

Art. 37. — Potranno abbreviare o prorogare i termini degli atti che si debbono fare a norma de’ casi. Le forme del loro procedimento, essendo amministrative, sono rimesse alla di loro prudenza.

Art. 38. — Non potranno mai dispensarsi però dai seguenti atti: 1° dall’interpellare gli arbitri scelti dagl’interessati per la segregazione e valutazione dei diritti comuni, ove vi sia bisogno della loro opera; 2° dalla convocazione dei Decurionati per la scelta degli arbitri e dei periti enunciati nell’arti colo 28 del decreto de’ 3 di dicembre, per lo stabilimento del canone e per l’indicazione delle terre riservabili al demanio, giusta l’articolo 21 dello stesso decreto; 3° dall’affissione dei nomi de’ partecipanti e dalla ricezione delle loro richieste; 4° dalla affissione delle offerte e dalla pubblicazione della nota delle terre ripartibili per offerte; 5° dalla interpellazione e udienza di tutti gli interessati o dei loro rappresentanti sieno nominati dalle parti, sieno scelti di ufficio prima di dar fuori le loro decisioni; 6° dall’estrazione a sorte ed in pubblico dei nomi dei partecipanti; 7° dal sentire il parere di due funzionari pubblici in tutte le decisioni che dovranno fare. Questi funzionari saranno da essi nominati tutte le volte che occorrerà la loro opera.

Art. 39. — I Commessari, eseguita interamente la divisione, disporranno che il Sindaco della Comune, fra un determinato tempo debba far levare da un perito agrimensore la pianta di tutto il tenimento della Comune, dove si esegue la divisione; e vi faranno indicare il demanio che vi sarà stato diviso, giusta il disposto nell’articolo le parti del demanio che restano indivise, come boschi, pendii di montagne, ripe di fiumi, di porti, terre inondate e simili; e le parti del rimanente territorio, colla indicazione dei diversi generi di coltura ai quali è addetto. Essi vigileranno alla esecuzione di questa operazione, che non dee trattenere neppure per un momento il corso delle divisioni nelle Provincie loro assegnate. Questa pianta, quando sarà passata nelle loro mani, la rimetteranno separatamente al Ministro dell’Interno.

Art. 40. — Essi avranno cura di far passare ai direttori delle Contribuzioni dirette il quadro delle operazioni fatte, acciò facciano eseguire i debiti cangiamenti di quota.

Art. 41. — Essi sono autorizzati a chiedere tutti i lumi occorrenti a tutt’i funzionari, e mano forte dove occorra, a tutt’i Comandanti della forza pubblica.

Art. 42. — Sono autorizzati a fissare i salari dovuti agli arbitri, ai periti, ecc. secondo i luoghi, ed a prendere degli espedienti perchè vengano momentaneamente contribuiti dagl’interessati, dandone avviso agl’Intendenti o direttamente, o per mezzo dei Sotto Intendenti.

Art. 43. — Tutto ciò che non è letteralmente preveduto nelle presenti istruzioni relativamente a’ mezzi onde facilitare la divisione dei demani, è rimesso alla facoltà dei Commissari. Essi consulteranno in caso di dubbio il Ministro dell’Interno; lo terranno al fatto dello stato corrente delle loro operazioni; e domanderanno tutti gli altri ordini che il corso della stessa cosa potrà loro suggerire, qualora non si credano compresi nelle ordinazioni di questo regolamento.