Art. 174. — Ciascun Comune ha le sue rendite essenzialmente separate da quelle dello Stato, de’
particolari e di ogni altro Comune. È quindi perpetuamente abolita e vietata ogni promiscuità di
proprietà di rendita, o di dritti tra’ Comuni e lo Stato, tra Comuni e particolari, o infra essi Comuni.
Art. 175. — Le promiscuità esistenti in contraddizione dell’articolo precedente saranno sciolte, e
sarà assegnata in proprietà a ciascuno degl’interessati quella porzione che corrisponde ai suoi diritti
a norma degli stabilimenti adottati.
Quando circostanze locali straordinarie impedissero lo scioglimento delle promiscuità, ne sarà fatto
rapporto motivato al Ministro dell’Interno, il quale prenderà i nostri ordini per la eccezione della
regola.
Art. 176. — Ogni occupazione ed ogni alienazione illegittima del Demanio comunale è dichiarata
abusiva a qualunque epoca l’una e l’altra rimonti; essa non potrà in verun caso essere considerata
come titolo di promiscuità, e sarà in ogni tempo improduttiva di alcun diritto o effetto.
Art. 177. — L’esame delle controversie che derivano dai due articoli precedenti è delegato agli
Intendenti nelle rispettive Provincie. Essi vi provvederanno in Consiglio d’Intendenza, salvo il
ricorso devolutivo all’autorità competente.
Art. 178. — Le rendite annue di ciascun Comune sono ordinarie, o straordinarie.
Sono ordinarie quelle che si traggono da’ suoi fondi patrimoniali e demaniali, da censi, canoni e
prestazioni, da proventi giurisdizionali, da addizionali alla contribuzione diretta, da dazi di
consumo, e da privative volontarie o temporanee.
Sono straordinarie quelle che derivano da resti di cassa degli anni precedenti; da arretrati di
qualunque specie; da restituzioni di crediti o affrancazioni di censi, e da qualunque altro cespite
eventuale.
Art. 179. — Le rendite che si ritraggono da affrancazioni di censi, o da restituzione di capitali,
saranno impiegate di nuovo a capitale redditizio, tra lo spazio di sei mesi al più tardi, a cura e
diligenza del Sindaco; preferendosi a parità di condizioni l’impiego sul Gran Libro del debito
pubblico.
CAPITOLO II
RENDITE FONDIARIE E DEMANIALI, CENSI, CANONI E PRESTAZIONI
Art. 180. — I fondi patrimoniali saranno conceduti in affitto.
Gli affitti si faranno sempre in contanti.
Laddove per la qualità de’ fondi, o per usi locali, gli affitti non potessero farsi altrimenti che in
generi, se ne affitterà la riscossione in contanti.
Art. 181. — I fondi urbani saranno censiti a meno che non vi si opponga il bisogno, o l’utile
riconosciuto del Comune.
Saranno similmente censiti i fondi rustici quando la loro picciolezza o la loro sterilìtà avesse da
lungo tempo provato che essi non possano in verun modo affittarsi.
Art. 182. — I demani comunali saranno divisi, ed assegnati in libera proprietà ai cittadini, mediante
la prestazione di un annuo canone a favore del Comune, secondo gli stabilimenti adottati.
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Art. 183. — Il canone enunciato nell’articolo precedente sarà fissato o commutato in contanti
pagabili due mesi dopo la raccolta de’ generi che produce il fondo gravato. Per quei canoni che non
potessero fissarsi altrimenti che in generi, ne sarà affittata l’esazione in massa in contanti.
Art. 184. — Gli alberi solitari che si trovano sparsi sulle terre coloniche, saranno censiti ai rispettivi
coloni.
Art. 185. — Le quote demaniali abbandonate da partecipanti, a cui sono state assegnate, ritornano al
Demanio Comunale. S’intendono abbandonate le quote demaniali qualora si lascino incolte per tre
anni consecutivi o si trovino alienate o ipotecate con atti veri o simulati nel decennio dalla data del
possesso
Art. 186. — Le operazioni della divisione dei Demani sono delegate agl’Intendenti.
Essi vi procedono in Consiglio d’Intendenza sotto la nostra approvazione, che sarà provocata con
rapporto motivato del Ministro dell’Interno.
Essi sono delegati ancora a risolvere in Consiglio d’Intendenza ogni controversia dipendente dalla
divisione dei demani, salvo il ricorso devolutivo all’autorità competente.
Art. 187. — Le quistioni dipendenti dalle divisioni demaniali fatte finora fra’ cittadini, e nelle quali
si sieno violati a grave danno dei poveri e non possidenti i regolamenti in vigore, potranno essere
introdotte ed esaminate nel termine perentorio del 1817.
Quando si verifichi che la divisione sia evidentemente ingiusta, e non si possa in verun altro modo
riparare al danno cagionato ai poveri per la mancanza di altri demani divisibili, l’Intendente
rettificherà la divisione colle facoltà accordategli nell’articolo precedente.
Per le operazioni che si trovano già rettificate in seguito di precedenti reclami è vietato ogni
ulteriore esame.
Trascorso il 1817, non sarà più ammesso alcun reclamo contro le divisioni fatte, ed i quotisti
rimarranno tranquilli proprietari delle terre che posseggono, come lo sono quelli che han partecipato
ad ogni altra divisione che non sia suscettibile di reclamo e di rettifica.
Art. 188. — Le terre demaniali addette all’uso civico di pascolo dovranno essere sempre riservate a
quest’uso a cui non potrà in verun caso derogarsi colla vendita in massa dell’erba.
Su queste terre compete al Comune il dritto di fida, sia per supplire alle spese comunali, sia per
pagare la fondiaria imposta sulle terre medesime, colle modificazioni prescritte nei seguenti articoli.
Art. 189. — L’uso civico menzionato nell’articolo precedente si esercita dai cittadini per gli animali
addetti alla loro particolare industria. Ne sono quindi esclusi i negozianti di bestiame ed i censuari
di Puglia già detti Locati. Essi possono parteciparvi nei Comuni a cui appartengono per quella sola
parte di animali che serve alla loro particolare industria nella latitudine che compete ad ogni altro
ricco cittadino.
Art. 190. — I Comuni, che hanno sufficienti rendite patrimoniali per pagare la fondiaria delle terre
riservate ad uso civico, non possono esigere fida dal possessore di animali gregari sino al numero di
dieci piccoli ed uno grande.
Quelli che mancano di tali rendite, nello stabilire il diritto di fida, non possono tassare il detto
possessore più della metà della fida imposta al possessore d’industria maggiore.
Art. 191. — L’uso dei boschi comunali per fuoco o altri bisogni essenziali non può essere
sottoposto a fida o prestazione: può esserlo soltanto l’uso per l’industria commerciale. Quando
questa parte di rendita non basta a pagare la fondiaria del bosco, essa graviterà sulle altre rendite del
Comune, senza che possa mai ripartirsene l’equivalente tra’ cittadini che vi esercitano usi.
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Art. 192. — I prodotti fruttiferi de’ boschi sono venduti a beneficio del Comune proprietario,
escluso il caso in cui i cittadini poveri vi esercitino il diritto antico di raccoglierseli.
Art. 193. — Ogni Comune che non ritrae rendita sufficiente da’ suoi demani e fondi patrimoniali,
può stabilirsene una:
1) ne’ proventi giurisdizionali, per quanto essi siano adattabili alle sue circostanze;
2) nell’imposta de’ dàzi di consumo;
3) nella sovraimposta delle grana addizionali alla contribuzione diretta;
4) nelle privative volontarie e temporanee.