La Corte di Giustizia dell’Unione Europea respinge il ricorso promosso da Ryanair, che lamentava aver subito un danno commerciale per gli aiuti di stato ricevuti dal vettore concorrente. L’Organo giudicante ha qualificato come illegittimo il prestito da 300 milioni di Euro concesso dal Governo italiano alla morente Alitalia, ma, del pari, ha escluso che esistesse alcuna continuità economica con il nuovo soggetto giuridico Cai; quest’ultimo, in particolare, non ha beneficiato di alcun vantaggio dall’improprio aiuto, poiché ha acquisito la compagnia ad un congruo valore di mercato. Per quanto concerne il prestito statale, la Corte ha ritenuto pure che la compagnia irlandese, per quanto abbia svolto un ruolo attivo nella scelta di erogare la somma, non abbia offerto nel giudizio incoato prova in ordine alla circostanza che, ordinare il recupero dell’aiuto presso Alitalia, e non presso la Cai, abbia pregiudicato la sua posizione concorrenziale. Tribunale dell’Unione Europea 28 marzo 2012
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
28 marzo 2012(*)
«Aiuti di Stato – Prestito concesso ad una compagnia aerea e imputabile in conto capitale – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato comune – Vendita di beni di una compagnia aerea – Decisione che constata l’insussistenza di un aiuto al termine della fase di esame preliminare – Ricorso di annullamento – Legittimazione ad agire – Parte interessata – Ricevibilità – Serie difficoltà – Competenza – Obbligo di motivazione»
Nella causa T‑123/09,
Ryanair Ltd, con sede in Dublino (Irlanda), rappresentata da E. Vahida e I.-G. Metaxas-Maragkidis, avocats,
ricorrente,
contro
Commissione europea, rappresentata da L. Flynn, D. Grespan e E. Righini, in qualità di agenti,
convenuta,
sostenuta da
Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri e P. Gentili, avvocati dello Stato,
e da
Alitalia – Compagnia Aerea Italiana SpA, con sede in Fiumicino (Italia), rappresentata da G.M. Roberti, G. Bellitti e I. Perego, avocats,
intervenienti
avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale della decisione 2009/155/CE della Commissione, del 12 novembre 2008, in merito al prestito di 300 milioni di EUR cui l’Italia ha dato esecuzione a favore della compagnia aerea Alitalia n. C 26/08 (ex NN 31/08) (GU 2009, L 52, pag. 3), nonché una domanda di annullamento della decisione C (2008) 6745 def. della Commissione, del 12 novembre 2008, riguardante l’aiuto di Stato N 510/2008 – Italia – Cessione dei beni della compagnia aerea Alitalia,
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),
composto dai sigg. S. Papasavvas (relatore), presidente, V. Vadapalas e K. O’Higgins, giudici,
cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore,
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 giugno 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti all’origine della controversia
1 La Alitalia SpA è una società di trasporto aereo detenuta al 49,9% dallo Stato italiano.
2 Nel dicembre 2006, a seguito di vari tentativi infruttuosi di risanare la situazione finanziaria di Alitalia e di raggiungere alleanze internazionali, le autorità italiane hanno deciso di vendere la loro partecipazione nel capitale di detta società. Il 29 dicembre 2006 il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano ha pubblicato un invito a manifestare interesse. Tuttavia, tale procedura è stata chiusa il 18 luglio 2007 senza giungere a un esito, in quanto le offerte presentate erano state ritirate.
3 Nel settembre 2007 Alitalia ha nominato una banca quale consulente finanziario per individuare eventuali partner di Alitalia stessa. Tra le offerte ricevute, quella presentata da Air France‑KLM è stata ritenuta dal consiglio di amministrazione di Alitalia come la più idonea. Tuttavia, in assenza di accordo con le organizzazioni sindacali, Air France-KLM ha ritirato la propria offerta in data 21 aprile 2008.
4 In occasione di una riunione tenutasi il 23 aprile 2008, le autorità italiane hanno comunicato alla Commissione delle Comunità europee che il Consiglio dei ministri italiano aveva deliberato, mediante il decreto‑legge n. 80, recante misure urgenti per assicurare il pubblico servizio di trasporto aereo (GURI n. 97, del 24 aprile 2008, pag. 5; in prosieguo: «il decreto‑legge n. 80»), adottato quello stesso giorno, la concessione da parte della Repubblica italiana di un prestito di EUR 300 milioni ad Alitalia.
A – Procedimento amministrativo
5 Non avendo ricevuto alcuna notifica preliminarmente alla concessione da parte della Repubblica italiana di un prestito di EUR 300 milioni ad Alitalia, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane, con lettera del 24 aprile 2008 e a norma dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] CE (GU L 83, pag. 1), di confermare l’esistenza del prestito suddetto, di fornire ogni informazione utile per valutare tale misura alla luce degli articoli 87 CE e 88 CE e di sospendere la concessione del prestito, nonché di informare essa istituzione in merito ai provvedimenti adottati per conformarsi a tale obbligo ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 2, CE.
6 Il 29 aprile 2008 la ricorrente, Ryanair Ltd, ha presentato alla Commissione una denuncia ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 659/1999, segnalando l’esistenza di un aiuto di Stato a favore di Alitalia sotto forma di prestito concesso a quest’ultima dalle autorità italiane.
7 Con lettera del 20 maggio 2008, la Commissione ha comunicato alla ricorrente che aveva richiesto chiarimenti alle autorità italiane con lettera del 24 aprile 2008 e che avrebbe svolto indagini sulla scorta di tali chiarimenti e delle informazioni fornite nell’ambito della denuncia.
8 Con lettera del 30 maggio 2008, le autorità italiane hanno informato la Commissione dell’adozione, in data 27 maggio 2008, del decreto‑legge n. 93, contenente disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie (GURI n. 124, del 28 maggio 2008, pag. 3; in prosieguo: il «decreto‑legge n. 93»), il quale prevedeva la facoltà per Alitalia di imputare l’importo del prestito in conto capitale. Sempre in data 30 maggio 2008, la ricorrente ha presentato alla Commissione una nuova denuncia riguardante la conversione in capitale proprio del prestito di EUR 300 milioni concesso dalle autorità italiane ad Alitalia.
9 Il 3 giugno 2008 le autorità italiane hanno intrapreso nuove iniziative per trovare uno o più acquirenti per Alitalia, mediante il decreto‑legge n. 97, Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini (GURI n. 128, del 3 giugno 2008, pag. 5; in prosieguo il «decreto‑legge n. 97»). Si trattava di selezionare una o più società incaricate di promuovere in maniera esclusiva, per i terzi o per conto proprio, la presentazione di un’offerta per l’acquisizione del controllo di Alitalia. Al termine della procedura di selezione in parola, il Consiglio dei ministri italiano ha scelto una banca a questo scopo.
B – Decisione di apertura del procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE
10 Con lettera in data 12 giugno 2008, la Commissione ha notificato alle autorità italiane la propria decisione dell’11 giugno 2008 di aprire il procedimento d’indagine formale di cui all’articolo 88, paragrafo 2, CE, ai fini dell’esame delle misure relative al prestito di EUR 300 milioni concesso da dette autorità ad Alitalia, approvato mediante il decreto‑legge n. 80, e alla possibilità per tale impresa di imputare l’importo del prestito in conto capitale, prevista dal decreto‑legge n. 93. Alla stessa data sopra indicata, la Commissione ha risposto alla seconda denuncia della ricorrente, informandola della citata decisione di avvio del procedimento d’indagine formale e invitandola a presentare osservazioni.
11 Il 18 agosto 2008 la ricorrente ha presentato le proprie osservazioni in merito alla decisione di avvio del procedimento d’indagine formale.
12 Mediante l’adozione del decreto‑legge n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi (GURI n. 201, del 28 agosto 2008, pag. 3; in prosieguo: il «decreto‑legge n. 134»), sono state introdotte alcune modifiche alla procedura di amministrazione straordinaria per le imprese di dimensioni particolarmente grandi operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali.
13 In deroga al decreto legislativo n. 270, contenente la nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell’articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274 (GURI n. 185, del 9 agosto 1999, pag. 11; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 270»), che si applica in Italia alle imprese in difficoltà, il decreto legge n. 134 consentiva l’ammissione immediata delle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali alla procedura di amministrazione straordinaria, prima di una loro dichiarazione di insolvenza. Era inoltre prevista l’opzione del risanamento delle suddette imprese mediante una cessione dei complessi aziendali in base ad una procedura a trattativa privata con acquirenti idonei a garantire la continuità del servizio nel medio periodo, la rapidità dell’intervento e il rispetto dei requisiti previsti dalla legislazione italiana e dai trattati sottoscritti dalla Repubblica italiana. Tale possibilità era però subordinata ad un obbligo di verifica della congruità del prezzo di vendita dei beni aziendali rispetto al prezzo di mercato da parte di un esperto indipendente nominato dal Ministero dello Sviluppo economico italiano.
14 Il 29 agosto 2008 Alitalia ha chiesto al Tribunale di Roma di dichiarare il suo stato di insolvenza. Con decreto in pari data del Presidente del Consiglio dei ministri italiano, essa è stata posta in amministrazione straordinaria.
15 Il 1° settembre 2008 la Compagnia Aerea Italiana SpA (in prosieguo: la «CAI») ha presentato un’offerta preliminare non vincolante per l’acquisto di alcuni beni delle società del gruppo cui apparteneva Alitalia (in prosieguo: il «gruppo Alitalia»), subordinata all’accordo delle organizzazioni sindacali in merito all’assunzione, in base a nuove condizioni di lavoro, di membri del personale già alle dipendenze del gruppo suddetto.
16 Con decreto ministeriale del 4 settembre 2008 si è proceduto, ai sensi dell’articolo 1, comma 4‑quater, del decreto‑legge n. 134, alla nomina di una banca quale esperto indipendente allo scopo di verificare la congruità del prezzo di vendita dei beni rispetto al prezzo di mercato. In pari data, è stato istituito un comitato di sorveglianza incaricato, in particolare, di esprimere il proprio accordo in merito alle cessioni di beni proposte dal commissario straordinario.
17 Il 14 settembre 2008 la CAI ha revocato la propria offerta preliminare, a seguito del fallimento dei negoziati con le organizzazioni sindacali.
18 Il 15 settembre 2008 la procedura di amministrazione straordinaria è stata estesa all’intero gruppo Alitalia.
19 Il 22 settembre 2008 il commissario straordinario ha lanciato un invito a manifestare interesse per l’acquisizione di tutti i beni aziendali del gruppo Alitalia, che è stato pubblicato il giorno successivo su organi di stampa nazionali e internazionali. Nel suddetto invito a manifestare interesse, il commissario straordinario comunicava la propria intenzione di procedere alla vendita dei beni di cui sopra in base a trattativa privata. I potenziali acquirenti erano invitati a prendere contatti con lui entro il 30 settembre 2008.
20 Il 25 settembre 2008 la CAI ha riproposto la propria offerta non vincolante alle stesse condizioni dell’offerta presentata il 1° settembre (v. supra, punto 15), precisando che l’offerta era valida fino al 15 ottobre 2008, scadenza poi prorogata fino al 31 ottobre 2008.
21 Il 2 ottobre 2008 la ricorrente ha presentato alla Commissione una terza denuncia, riguardante l’adozione del decreto‑legge n. 134 ed altre misure relative alla vendita dei beni aziendali del gruppo Alitalia.
22 Con lettera in data 14 ottobre 2008, le autorità italiane hanno notificato alla Commissione la procedura di vendita dei beni del gruppo Alitalia, chiedendo alla detta istituzione, per motivi di certezza del diritto, di confermare che:
– la procedura di amministrazione straordinaria descritta nella notifica non implicava la concessione di aiuti di Stato agli acquirenti dei beni ceduti;
– l’eventuale acquisizione, da parte di soggetti terzi, di alcuni beni del gruppo Alitalia, sulla base di un’offerta già formulata, non implicava elementi di continuità economica con l’impresa posta in amministrazione straordinaria tali da comportare il trasferimento dei debiti di Alitalia in capo all’acquirente, e in particolare l’obbligo di recupero degli aiuti di Stato illegittimi e incompatibili concessi a tale impresa.
23 Parallelamente a tale notifica e in aggiunta alla terza denuncia della ricorrente (v. supra, punto 21), la Commissione ha ricevuto tre denunce depositate da altre compagnie aeree e dall’Associazione europea delle compagnie aeree a basso costo (ELFAA).
24 Il 27 ottobre 2008 il decreto legge n. 134 è stato convertito nella legge n. 166, che dispone la conversione in legge, con modificazioni, del decreto‑legge 28 agosto 2008, n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi (GURI n. 252, del 27 ottobre 2008, pag. 4).
25 Con lettera del 30 ottobre 2008, la ricorrente ha presentato alla Commissione una denuncia supplementare, segnalando alcune misure che essa qualificava inquietanti, vale a dire, in particolare, l’aumento a EUR 3 della tassa municipale di imbarco per ciascun passeggero in partenza da aeroporti italiani – aumento che a suo avviso aveva lo scopo, per le autorità italiane, di finanziare il versamento di indennità di licenziamento agli ex dipendenti di Alitalia – nonché un presunto conflitto di interessi rivelato dalla stampa tra alcuni azionisti della CAI e taluni azionisti dell’esperto indipendente, fra i quali sarebbe sussistita identità.
26 Il 31 ottobre 2008 la CAI ha presentato al commissario straordinario un’offerta definitiva e vincolante per l’acquisizione di alcuni beni relativi all’attività di trasporto aereo di passeggeri di Alitalia. Tale offerta è stata trasmessa dalle autorità italiane alla Commissione il 3 novembre 2008.
C – Decisioni impugnate
1. Decisione riguardante il prestito concesso ad Alitalia
27 Con decisione 2009/155/CE, del 12 novembre 2008, in merito al prestito di 300 milioni di EUR cui l’Italia ha dato esecuzione a favore della compagnia aerea Alitalia n. C 26/08 (ex NN 31/08) (GU 2009, L 52, pag. 3; in prosieguo: la «prima decisione impugnata»), adottata al termine del procedimento d’indagine formale ex articolo 88, paragrafo 2, CE, la Commissione ha dichiarato che il prestito suddetto, del cui importo era stata consentita l’imputazione al capitale proprio di Alitalia, costituiva un aiuto di Stato illegittimo e incompatibile con il mercato comune e ne ha ordinato il recupero presso il beneficiario. Una copia di tale decisione è stata inviata alla ricorrente il 14 gennaio 2009 ed è stata ricevuta da quest’ultima il 20 gennaio successivo.
28 La Commissione ha anzitutto rilevato che il prestito di EUR 300 milioni concesso dalla Repubblica italiana ad Alitalia era idoneo a conferire a quest’ultima un vantaggio economico finanziato con risorse statali, il quale, tenuto conto della situazione finanziaria gravemente compromessa di tale impresa, tanto alla data di concessione del prestito ad opera del decreto‑legge n. 80, quanto a quella di adozione del decreto‑legge n. 93, non sarebbe stato concesso da un investitore privato avveduto. L’istituzione suddetta ha inoltre evidenziato che tale conclusione era corroborata dal tasso di interesse concesso, dalla quasi simultaneità del ritiro dell’offerta di Air France‑KLM e della concessione del prestito, nonché dall’assenza di qualsiasi prospettiva di acquisizione e di intervento finanziario degli azionisti privati di Alitalia concomitante a quello delle autorità italiane. La Commissione ne ha dedotto che tali autorità non si erano comportate come un’azionista avveduto che persegua una politica strutturale, globale o settoriale, guidato da prospettive di redditività dei capitali investiti a più lungo termine rispetto a quelle di un investitore comune.
29 La Commissione ha così concluso che il prestito di EUR 300 milioni concesso dalla Repubblica italiana ad Alitalia, il cui importo poteva essere imputato al capitale proprio di quest’ultima, costituiva un aiuto illegittimo, non previamente notificato, e incompatibile con il mercato comune. Essa ha inoltre constatato che la suddetta misura non rientrava né tra le deroghe previste dall’articolo 87, paragrafi 2 e 3, CE, né tra quelle previste dagli orientamenti della Commissione relativi all’applicazione degli articoli [87 CE] e [88 CE] e dell’articolo 61 dell’accordo SEE agli aiuti di Stato nel settore dell’aviazione (GU 1994, C 350, pag. 5), come completati dagli orientamenti comunitari concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti pubblici di avviamento concessi alle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali (GU 2005, C 312, pag. 1).
30 Infine, la Commissione ha ritenuto che, pur potendosi qualificare Alitalia come impresa in difficoltà, la misura in questione non potesse essere dichiarata compatibile con il mercato comune in applicazione degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (GU 2004, C 244, pag. 2). Di conseguenza, le autorità italiane erano tenute a prendere tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto in questione presso il beneficiario del medesimo, ossia Alitalia.
31 Il dispositivo della prima decisione impugnata è così formulato:
«Articolo 1
Il prestito di 300 milioni di EUR concesso ad Alitalia imputabile in conto capitale, a cui l’Italia ha dato esecuzione in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, [CE], è incompatibile con il mercato comune.
Articolo 2
1. [La Repubblica italiana] è tenuta a far rimborsare l’aiuto di cui all’articolo 1 dal beneficiario.
2. Gli importi da recuperare comprendono gli interessi che decorrono dalla data in cui sono stati posti a disposizione dei beneficiari fino a quella del loro effettivo recupero.
(…).
Articolo 3
1. Il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1 è immediato ed effettivo.
2. [La Repubblica italiana] provvede affinché la presente decisione sia eseguita nei quattro mesi successivi alla data della notifica.
Articolo 4
1. Entro due mesi dalla notifica della presente decisione l’Italia trasmette alla Commissione le seguenti informazioni:
a) l’importo complessivo (capitale e interessi) da recuperare dal beneficiario;
b) la descrizione dettagliata delle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione;
c) i documenti attestanti che al beneficiario è stato imposto di rimborsare l’aiuto.
2. [La Repubblica italiana] tiene informata la Commissione dell’iter delle misure nazionali adottate per l’esecuzione della presente decisione fino al completo recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1. Essa trasmette immediatamente, su semplice richiesta della Commissione, le informazioni relative alle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione. Essa fornisce inoltre informazioni dettagliate sugli importi dell’aiuto e degli interessi già recuperati presso il beneficiario.
(…)».
2. Decisione riguardante la vendita di beni di Alitalia
32 Con decisione C (2008) 6745 def. della Commissione, del 12 novembre 2008, avente ad oggetto l’aiuto di Stato N 510/2008 – Italia – Cessione dei beni della compagnia aerea Alitalia (in prosieguo: la «seconda decisione impugnata»), adottata al termine di una fase di esame preliminare, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, CE, la Commissione ha dichiarato che la misura notificata, come modificata dagli impegni assunti dalle autorità italiane e definiti in tale decisione, non implicava la concessione di aiuti di Stato agli acquirenti, fatto salvo il rispetto integrale da parte della Repubblica italiana dei suddetti impegni, in forza dei quali la vendita dei beni del gruppo Alitalia sarebbe stata realizzata al prezzo di mercato.
33 In primo luogo, la Commissione ha ricordato, anzitutto, ai punti 21‑43 della seconda decisione impugnata, il quadro normativo disciplinante la procedura di amministrazione straordinaria alla quale era stato sottoposto il gruppo Alitalia, nonché il ruolo svolto dai diversi attori implicati in tale procedura. Successivamente, ai punti 44‑75 della suddetta decisione, la Commissione ha analizzato la procedura di vendita di beni, prendendo in considerazione i seguenti elementi: in primis, l’informazione fornita al mercato riguardo alle diverse tappe della vendita, nonché l’invito a manifestare interesse (punti 44‑52); poi, le offerte ricevute per l’acquisizione dei beni del gruppo Alitalia, e in particolare quella presentata dalla CAI (punti 53‑69); quindi, i criteri adottati per la valutazione delle offerte e, segnatamente, l’impegno assunto dalle autorità italiane in base al quale il principale criterio sarebbe stato quello della congruità del prezzo offerto rispetto al prezzo di mercato (punti 70‑72); infine, gli aspetti riguardanti le risorse umane (punti 73 e 74). Inoltre, la Commissione ha esaminato le funzioni e il ruolo del controllore fiduciario («monitoring trustee») incaricato del controllo dell’operazione di vendita dei beni del gruppo Alitalia. Quest’ultimo doveva essere nominato dalle autorità italiane per vigilare affinché la procedura notificata da queste ultime fosse pienamente ed effettivamente applicata e la vendita di beni fosse effettuata al prezzo di mercato, conformemente agli impegni assunti dalla Repubblica italiana. A questo proposito, esso doveva presentare relazioni dettagliate alla Commissione (punti 76‑89).
34 In secondo luogo, la Commissione ha proceduto, ai punti 92‑151 della seconda decisione impugnata, alla valutazione della misura riguardante la vendita di beni. La sua analisi ha avuto ad oggetto, da un lato, la verifica dell’esistenza di un aiuto di Stato a favore degli acquirenti dei beni del gruppo Alitalia (punti 92‑127) e, dall’altro, il rischio di elusione dell’obbligo di recupero di un aiuto di Stato illegale e incompatibile (punti 128‑151).
35 Nell’ambito della prima parte della sua analisi, la Commissione ha confermato che la procedura di amministrazione straordinaria non portava alla concessione di un aiuto a favore degli acquirenti. Infatti, dopo aver rilevato, al punto 104 della seconda decisione impugnata, all’esito della verifica del carattere aperto, trasparente e non discriminatorio della procedura notificata, che quest’ultima non presentava un grado di trasparenza sufficiente in sé per garantire un prezzo di mercato, la Commissione ha nondimeno concluso, al punto 117 della citata decisione, che tale procedura avrebbe portato ad una vendita al prezzo di mercato, dal momento che essa poggiava su una valutazione indipendente, ad opera di soggetti indipendenti. Oltre a ciò, la Commissione ha rilevato, ai punti 119, 122 e 126 della medesima decisione, che la procedura in questione non portava ad imporre obblighi di «pubblica autorità» agli acquirenti dei beni del gruppo Alitalia che potessero rimettere in discussione l’obiettivo della vendita al prezzo di mercato, e ciò in riferimento tanto alle risorse umane quanto alle condizioni di gestione dell’attività di trasporto aereo. Essa ha così concluso, al punto 127 della citata decisione, che, fatta salva l’applicazione rigorosa degli impegni assunti dalle autorità italiane, la misura notificata avrebbe dovuto portare a vendere i beni del gruppo Alitalia al prezzo di mercato.
36 Nell’ambito della seconda parte della sua analisi, la Commissione ha concluso, al punto 137 della seconda decisione impugnata, che, tenuto conto della portata della cessione dei beni e della parcellizzazione delle offerte presentate dai potenziali acquirenti, la procedura attuata dalla Repubblica italiana non comportava una continuità economica tra Alitalia e gli acquirenti dei suoi beni. Tuttavia essa ha ritenuto, al punto 138 della medesima decisione, che, con riguardo all’offerta presentata dalla CAI, il rischio di continuità economica meritasse un esame più approfondito, alla luce dell’ampio perimetro di beni oggetto dell’offerta. La Commissione, preso atto – ai punti 140‑145 della seconda decisione impugnata – della mancanza di identità degli azionisti della CAI e di Alitalia, della diversa estensione e del carattere più ridotto delle attività della CAI rispetto a quelle di Alitalia, della strategia industriale propria della CAI, nonché della condizione secondo cui la cessione doveva effettuarsi al prezzo di mercato, ha di seguito concluso, ai punti 147 e 149, per l’assenza di continuità economica tra Alitalia e la CAI. Di conseguenza, essa ha constatato, ai punti 151‑156 della citata decisione, che, fatto salvo il rispetto di tutti gli impegni assunti dalla Repubblica italiana relativi alla realizzazione della vendita al prezzo di mercato, la procedura notificata non aveva l’effetto di eludere l’obbligo di recupero imposto alla Repubblica italiana in forza della prima decisione impugnata, né quello di concedere aiuti di Stato agli acquirenti di Alitalia.
37 Pertanto, la Commissione ha deciso che la misura notificata, come modificata dagli impegni assunti dalle autorità italiane, non costituiva un aiuto, nella misura in cui tali impegni fossero stati interamente rispettati.
Procedimento
38 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 marzo 2009, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.
39 Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente il 23 luglio e il 7 agosto 2009, la Repubblica italiana e Alitalia – Compagnia Aerea Italiana (in prosieguo: «Alitalia‑CAI») hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.
40 Con ordinanze in data 16 settembre e 19 ottobre 2009, il presidente dell’Ottava Sezione ha accolto le istanze di intervento presentate dalla Repubblica italiana e da Alitalia‑CAI.
41 Con atto datato 11 agosto 2010, Alitalia‑CAI ha chiesto l’autorizzazione ad utilizzare la lingua italiana nella fase orale del procedimento, a norma dell’articolo 35, paragrafo 2, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, e ha visto accolta la propria richiesta.
42 A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato destinato alla Quinta Sezione, alla quale è stata dunque assegnata la presente causa.
43 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e di sottoporre alcuni quesiti alle parti.
44 Con ordinanza del presidente della Quinta Sezione del Tribunale in data 13 aprile 2011, è stata disposta, previa audizione delle parti, la sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 77, lettera a), del regolamento di procedura, fino alla pronuncia della sentenza della Corte nella causa C‑83/09 P, Commissione/Kronoply e Kronotex.
45 Con atto datato 19 aprile 2011, la ricorrente ha chiesto l’adozione di misure di organizzazione del procedimento, ai sensi degli articoli 49 e 64 del regolamento di procedura, affinché venisse ordinato alla Commissione di produrre taluni documenti.
46 A seguito della pronuncia in data 24 maggio 2011 della sentenza della Corte nella causa Commissione/Kronoply e Kronotex, C‑83/09 P (non ancora pubblicata nella Raccolta), il procedimento nella presente causa è stato ripreso. Il Tribunale ha deciso all’udienza di raccogliere le osservazioni delle parti in merito alle conseguenze da trarre dalla suddetta sentenza in merito alla ricevibilità del presente ricorso.
47 Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente in data 5 e 6 giugno 2011, Alitalia‑CAI e la Commissione hanno depositato osservazioni in merito alla domanda di misure di organizzazione del procedimento proposta dalla ricorrente.
48 Nel corso dell’udienza svoltasi il 30 giugno 2011, sono state ascoltate le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale.
Conclusioni delle parti
49 La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
– annullare in parte la prima decisione impugnata, nella misura in cui essa non dispone il recupero dell’aiuto presso i successori di Alitalia e concede alla Repubblica italiana un termine supplementare per attuare tale decisione;
– annullare la seconda decisione impugnata;
– condannare la Commissione alle spese.
50 La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso in quanto in parte irricevibile e in parte infondato;
– condannare la ricorrente alle spese.
51 Alitalia‑CAI conclude che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso in quanto irricevibile, oppure in quanto in parte irricevibile e in parte infondato;
– condannare la ricorrente alle spese.
52 La Repubblica italiana conclude che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato;
– condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
D – Sulla domanda di annullamento della seconda decisione impugnata
1. Sulla ricevibilità
53 La ricorrente sostiene di rivestire la qualità di interessato ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 2, CE e di essere legittimata a presentare un ricorso di annullamento contro la seconda decisione impugnata, poiché, in quanto concorrente di Alitalia e della CAI, i suoi interessi sono stati pregiudicati dalla concessione del prestito ad Alitalia e dal trasferimento dei beni di quest’ultima alla CAI. Essa afferma inoltre che, con il suo ricorso, intende salvaguardare i propri diritti di natura procedurale, tenuto conto del fatto che l’annullamento della seconda decisione impugnata avrebbe per effetto l’avvio del procedimento d’indagine formale. La ricorrente sostiene infine che la sua posizione sul mercato è stata sostanzialmente pregiudicata dalla suddetta decisione.
54 Senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, la Commissione, sostenuta da Alitalia‑CAI, fa valere che il ricorso è ricevibile soltanto nei limiti in cui, mediante la sua presentazione, la ricorrente mira ad ottenere una tutela dei propri diritti di natura procedurale, in considerazione della sua qualità di denunciante e di concorrente delle «società impegnate nell’iter di vendita dei beni d[el gruppo] Alitalia». Per contro, là dove la ricorrente mette in discussione la fondatezza della seconda decisione impugnata, la Commissione ritiene che, quand’anche detta ricorrente potesse essere considerata quale «interessato» ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 2, CE, ciò non sarebbe sufficiente per dichiarare il ricorso ricevibile, a meno che non sia dimostrato che la ricorrente gode di uno status particolare, in quanto la sua posizione sul mercato sia stata sostanzialmente pregiudicata dall’aiuto oggetto della citata decisione, ciò che non sarebbe stato dimostrato nel caso di specie.
55 La Repubblica italiana ritiene che il ricorso sia irricevibile nella sua interezza, non avendo la ricorrente dimostrato che la seconda decisione impugnata produce conseguenze dirette sulla sua posizione concorrenziale.
56 In limine va ricordato che, se certo, a norma dell’articolo 40, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53 del medesimo statuto, le parti intervenienti non sono legittimate a presentare conclusioni che non vadano nello stesso senso di quelle proposte dalla parte sostenuta con l’intervento, nondimeno, trattandosi di una questione di inammissibilità processuale di ordine pubblico, occorre esaminare d’ufficio la ricevibilità del ricorso, in conformità a quanto disposto dall’articolo 113 del regolamento di procedura (v., in tal senso, sentenza della Corte del 24 marzo 1993, CIRFS e a./Commissione, C‑313/90, Racc. pag. I‑1125, punti 21‑24).
57 Ai sensi dell’articolo 230, quarto comma, CE, una persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro una decisione presa nei confronti di un’altra persona solo se tale decisione la riguarda direttamente e individualmente.
58 Secondo una giurisprudenza consolidata, i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere di essere individualmente riguardati ai sensi dell’articolo 230, quarto comma, CE solo se tale decisione li colpisce in ragione di determinate qualità loro proprie oppure in ragione di una situazione di fatto che li contraddistingue rispetto a qualunque altro soggetto e dunque li individualizza in modo simile a come lo sarebbe il destinatario (sentenze della Corte del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220; del 19 maggio 1993, Cook/Commissione, C‑198/91, Racc. pag. I‑2487, punto 20, e del 15 giugno 1993, Matra/Commissione, C‑225/91, Racc. pag. I‑3203, punto 14).
59 Occorre anzitutto ricordare che l’articolo 4 del regolamento n. 659/1999 istituisce una fase di esame preliminare delle misure di aiuto notificate, la quale ha lo scopo di consentire alla Commissione di formarsi una prima opinione circa la compatibilità con il mercato comune dell’aiuto di cui trattasi. A conclusione di tale fase, la Commissione constata o che tale misura non costituisce un aiuto oppure che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. In quest’ultima ipotesi, la predetta misura può non destare dubbi quanto alla sua compatibilità con il mercato comune o, al contrario, può destarne (sentenza Commissione/Kronoply e Kronotex, cit. supra al punto 46, punto 43).
60 Se la Commissione, a seguito dell’esame preliminare, constata che la misura notificata, nei limiti in cui rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, non desta dubbi quanto alla sua compatibilità con il mercato comune, adotta una decisione di non sollevare obiezioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999 (sentenza Commissione/Kronoply e Kronotex, cit. supra al punto 46, punto 44).
61 Quando la Commissione adotta una decisione di non sollevare obiezioni, non soltanto dichiara la misura compatibile con il mercato comune, ma altresì rifiuta implicitamente di avviare il procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 (sentenza Commissione/Kronoply e Kronotex, cit. supra al punto 46, punto 45).
62 Se la Commissione, dopo l’esame preliminare, constata che la misura notificata suscita dubbi circa la sua compatibilità con il mercato comune, è tenuta ad adottare, sulla base dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 659/1999, una decisione di avvio del procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE e dall’articolo 6, paragrafo 1, di detto regolamento. Secondo quest’ultima disposizione, una siffatta decisione invita lo Stato membro e gli altri interessati a presentare le loro osservazioni entro un determinato termine, che di norma non è superiore ad un mese (sentenza Commissione/Kronoply e Kronotex, cit. supra al punto 46, punto 46).
63 La legittimità di una decisione di non sollevare obiezioni fondata sull’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999 dipende dall’esistenza o meno di dubbi circa la compatibilità dell’aiuto con il mercato comune. Dal momento che tali dubbi devono dar luogo all’avvio di un procedimento d’indagine formale, al quale possono partecipare gli interessati contemplati dall’articolo 1, lettera h), del regolamento n. 659/1999, deve ritenersi che ogni interessato ai sensi di quest’ultima disposizione sia direttamente ed individualmente riguardato da una decisione quale quella sopra indicata. Infatti, i beneficiari delle garanzie procedurali previste dall’articolo 88, paragrafo 2, CE e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 possono ottenerne il rispetto solo se hanno la possibilità di contestare la decisione di non sollevare obiezioni dinanzi al giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Kronoply e Kronotex, cit. supra al punto 46, punto 47).
64 Pertanto, la qualità particolare di interessato ai sensi dell’articolo 1, lettera h), del regolamento n. 659/1999, connessa all’oggetto specifico del ricorso, è sufficiente per individualizzare, ai sensi dell’articolo 230, quarto comma, CE, il ricorrente che contesta una decisione di non sollevare obiezioni (sentenza Commissione/Kronoply e Kronotex, cit. supra al punto 46, punto 48).
65 A tenore dell’articolo 1, lettera h), del regolamento n. 659/1999, si deve intendere per interessato, segnatamente, qualsiasi persona, impresa o associazione di imprese, i cui interessi possano essere lesi dalla concessione di un aiuto, ossia, in particolare, le imprese concorrenti del beneficiario di tale aiuto. Si tratta, in altri termini, di un insieme indeterminato di destinatari (v. sentenza Commissione/Kronoply e Kronotex, cit. supra al punto 46, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata).
66 Quando un ricorrente chiede l’annullamento di una decisione di non sollevare obiezioni, essenzialmente censura il fatto che la decisione presa dalla Commissione a proposito dell’aiuto di cui trattasi sia stata adottata senza che tale istituzione avviasse il procedimento d’indagine formale, violando così i diritti procedurali di esso ricorrente. Affinché la sua domanda di annullamento venga accolta, il ricorrente può far valere qualunque mezzo difensivo atto a dimostrare che la valutazione delle informazioni e degli elementi di cui la Commissione disponeva, al momento della fase di esame preliminare della misura notificata, avrebbe dovuto suscitare dei dubbi riguardo alla compatibilità della misura stessa con il mercato comune. L’utilizzo di siffatti argomenti non può tuttavia avere la conseguenza di trasformare l’oggetto del ricorso, né quella di modificare i presupposti di ricevibilità di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza della Corte del 9 luglio 2009, 3F/Commissione, C‑319/07 P, Racc. pag. I‑5963, punto 35). Al contrario, l’esistenza di dubbi circa tale compatibilità è proprio la prova che dev’essere fornita per dimostrare che la Commissione era tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale di cui all’articolo 88, paragrafo 2, CE, nonché all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 (sentenza Commissione/Kronoply e Kronotex, cit. supra al punto 46, punto 59).
67 È alla luce di tali considerazioni che occorre verificare se la ricorrente disponga della legittimazione ad agire per l’annullamento della seconda decisione impugnata.
68 Nel caso di specie, occorre rilevare che la seconda decisione impugnata è una decisione adottata al termine della fase di esame preliminare, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 659/1999, mediante la quale la Commissione ha constatato che la misura notificata non rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE e dunque non costituiva un aiuto. È del pari giocoforza constatare che, mediante la suddetta decisione, la Commissione ha rifiutato implicitamente di avviare il procedimento d’indagine formale. Dunque, alla luce della giurisprudenza citata sopra ai punti 61‑64 e 66, riguardante una decisione adottata sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999, mediante la quale la Commissione aveva deciso di non sollevare obiezioni, occorre affermare che ogni interessato deve essere considerato come direttamente e individualmente riguardato da una decisione che constata l’insussistenza di un aiuto al termine della fase di esame preliminare. Infatti, anche se tale decisione è stata adottata a norma del paragrafo 2 dell’articolo 4, i beneficiari delle garanzie procedurali previste dall’articolo 88, paragrafo 2, CE e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 possono ottenere il rispetto di queste ultime soltanto qualora abbiano la possibilità di contestare la decisione che constata l’insussistenza di un aiuto al termine della fase di esame preliminare. Inoltre, per quanto riguarda le decisioni che portano a non dare avvio al procedimento d’indagine formale, la legittimazione a proporre una domanda di annullamento non può dipendere dalla base giuridica sul cui fondamento tali decisioni sono state adottate.
69 Pertanto, occorre verificare se la ricorrente abbia sufficientemente dimostrato che essa riveste, nel caso di specie, la qualità di interessato.
70 A questo proposito, la ricorrente afferma di essere presente in 22 aeroporti italiani e che le sue attività si sovrappongono a quelle di Alitalia‑CAI su 29 «collegamenti interni o internazionali», quali quelli Roma‑Venezia e Roma‑Madrid. Oltre a ciò, pur non operando a partire dagli stessi aeroporti, essa fa valere che propone voli con partenza e arrivo nelle stesse città servite da Alitalia‑CAI. La ricorrente sostiene inoltre che, in quanto concorrente di Alitalia e della CAI, i suoi interessi sono stati pregiudicati dal trasferimento dei beni del gruppo Alitalia alla CAI, in quanto tale trasferimento avrebbe permesso alla CAI l’acquisizione delle attività di trasporto aereo di passeggeri di Alitalia a condizioni estremamente favorevoli, evitando al tempo stesso il ritiro di Alitalia dal mercato.
71 Orbene, tali elementi non sono contestati dalla Commissione e dimostrano in termini giuridicamente sufficienti l’esistenza di un rapporto di concorrenza con Alitalia sul mercato italiano e internazionale del trasporto aereo di passeggeri.
72 Inoltre, l’argomento delle parti intervenienti secondo cui, essendo la ricorrente una compagnia aerea a basso costo (low‑cost), sarebbe difficile prospettare che essa si sia trovata in posizione particolare in modo da subentrare nei collegamenti effettuati da una compagnia aerea tradizionale come Alitalia, non vale a rimettere in discussione il fatto che le parti sono concorrenti sul mercato italiano e internazionale del trasporto aereo di passeggeri. Infatti, risulta dalla giurisprudenza che, ai fini dell’esame della ricevibilità, è sufficiente constatare che la ricorrente è una concorrente del beneficiario delle misure statali denunciate, in quanto queste due imprese gestiscono, direttamente o indirettamente, servizi regolari di trasporto aereo di passeggeri con partenza da o arrivo in aeroporti italiani e, in particolare, da e verso aeroporti regionali (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 10 maggio 2006, Air One/Commissione, T‑395/04, Racc. pag. II‑1343, punto 38).
73 Alla luce di quanto precede, occorre constatare che la ricorrente riveste la qualità di interessato in quanto impresa concorrente del beneficiario del presunto aiuto di Stato – indipendentemente dal fatto che tale beneficiario sia Alitalia oppure, come la ricorrente sostiene, la CAI –, i cui interessi potrebbero essere pregiudicati dalla concessione dell’aiuto in questione. Tale qualità particolare dell’interessato connessa all’oggetto specifico del ricorso quale descritto sopra al punto 68 è sufficiente per individualizzarlo, conformemente alla giurisprudenza citata sopra al punto 64. Pertanto, il presente ricorso, in quanto diretto contro la seconda decisione impugnata, è ricevibile, senza che sia necessario esaminare gli argomenti della ricorrente riguardanti il pregiudizio sostanziale causato alla sua posizione concorrenziale dalla misura notificata.
2. Sull’oggetto del controllo del Tribunale
74 Per quanto concerne l’oggetto del controllo che deve essere effettuato dal Tribunale, si deve precisare che un ricorrente che voglia ottenere la tutela dei diritti procedurali attribuitigli dall’articolo 88, paragrafo 2, CE può invocare uno qualsiasi tra i motivi di ricorso elencati nell’articolo 230, secondo comma, CE, purché essi siano diretti all’annullamento della decisione impugnata e, in definitiva, all’avvio, da parte della Commissione, del procedimento previsto dal citato articolo 88, paragrafo 2, CE. Per contro, non spetta al Tribunale, in questa fase della procedura di esame di un aiuto da parte della Commissione, pronunciarsi sull’esistenza di un aiuto o sulla sua compatibilità con il mercato comune (sentenza del Tribunale del 10 febbraio 2009, Deutsche Post e DHL International/Commissione, T‑388/03, Racc. pag. II‑199, punto 66).
75 Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di aiuto di Stato, come definita nel Trattato, ha carattere giuridico e deve essere interpretata sulla base di elementi oggettivi. Per tale ragione il giudice dell’Unione deve, in linea di principio e tenendo conto sia degli elementi concreti della causa sottopostagli sia del carattere tecnico o complesso delle valutazioni effettuate dalla Commissione, esercitare un controllo completo in ordine al punto se una misura rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE (sentenza della Corte del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, Racc. pag. I‑10515, punto 111).
76 Ciò è tanto più vero per il fatto che, secondo una costante giurisprudenza, qualora la Commissione, al termine di un primo esame nell’ambito del procedimento ex articolo 88, paragrafo 3, CE, non possa arrivare a concludere che la misura statale in questione non costituisce un «aiuto» ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, o che tale misura, se qualificata come aiuto, è compatibile con il Trattato, oppure qualora tale procedimento non le abbia consentito di superare tutte le difficoltà sollevate dalla valutazione della compatibilità della misura in esame, è tenuta ad avviare il procedimento previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE «senza disporre a tal proposito di alcun margine di discrezionalità». Tale obbligo è del resto espressamente confermato dal combinato disposto degli articoli 4, paragrafo 4, e 13, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 (sentenza British Aggregates/Commissione, cit. supra al punto 75, punto 113).
77 In proposito va altresì ricordato che, conformemente alla giurisprudenza, la nozione di serie difficoltà presenta carattere oggettivo. L’esistenza di tali difficoltà deve essere ricercata tanto nelle circostanze di adozione dell’atto impugnato quanto nel suo contenuto, in termini oggettivi, mettendo in correlazione la motivazione della decisione con gli elementi di cui la Commissione disponeva nel momento in cui si è pronunciata sulla compatibilità degli aiuti controversi con il mercato comune (sentenza del Tribunale del 15 marzo 2001, Prayon‑Rupel/Commissione, T‑73/98, Racc. pag. II‑867, punto 47; v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 18 settembre 1995, SIDE/Commissione, T‑49/93, Racc. pag. II‑2501, punto 60). Grava sul ricorrente l’onere della prova dell’esistenza di serie difficoltà, prova che può essere da lui fornita sulla base di un complesso di indizi concordanti attinenti, da un lato, alle circostanze e alla durata della fase di esame preliminare e, dall’altro, al contenuto della decisione impugnata (sentenza del Tribunale del 3 marzo 2010, Bundesverband deutscher Banken/Commissione, T‑36/06, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 127).
78 Se invero la Commissione, ove constati l’esistenza di serie difficoltà, non dispone di alcun potere discrezionale quanto alla decisione di avviare il procedimento d’indagine formale, essa gode però di una certa discrezionalità nell’individuazione e nell’esame delle circostanze del caso di specie al fine di stabilire se queste sollevino difficoltà siffatte. Conformemente alla finalità dell’articolo 88, paragrafo 3, CE e al dovere di buona amministrazione cui è tenuta, la Commissione può, in particolare, avviare un dialogo con lo Stato notificante o con soggetti terzi, al fine di superare, nel corso della fase di esame preliminare, difficoltà eventualmente incontrate (sentenze Prayon‑Rupel/Commissione, cit. supra al punto 77, punto 45, e Bundesverband deutscher Banken/Commissione, cit. supra al punto 77, punto 126). Orbene, tale facoltà presuppone che la Commissione possa adattare la propria posizione in funzione dei risultati del dialogo avviato, senza che tale adattamento debba essere a priori interpretato come comprovante l’esistenza di serie difficoltà (sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2006, Asociación de Estaciones de Servicio de Madrid e Federación Catalana de Estaciones de Servicio/Commissione, T‑95/03, Racc. pag. II‑4739, punto 139).
79 Risulta del pari dalla giurisprudenza che l’insufficienza o l’incompletezza dell’analisi condotta dalla Commissione nella fase di esame preliminare costituisce un indizio dell’esistenza di serie difficoltà (v. sentenza del Tribunale del 9 settembre 2010, British Aggregates e a./Commissione, T‑359/04, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).
80 Nella specie, poiché la seconda decisione impugnata è stata adottata senza avviare la fase d’indagine formale, la Commissione era dunque legittimata ad adottarla soltanto qualora dall’esame preliminare non fossero emerse serie difficoltà. Infatti, nel caso in cui tali difficoltà fossero esistite, la decisione potrebbe essere annullata per quest’unico motivo, in ragione del mancato esame approfondito e in contraddittorio previsto dal Trattato CE, anche se non fosse dimostrato che le valutazioni operate nel merito dalla Commissione erano errate in diritto o in fatto (v., in tal senso, sentenza British Aggregates e a./Commissione, cit. supra al punto 79, punto 58).
81 Ne consegue che occorre esaminare tutti i motivi sollevati dalla ricorrente per l’annullamento della seconda decisione impugnata, al fine di valutare, in particolare, se essi consentano di identificare serie difficoltà di fronte alle quali la Commissione avrebbe dovuto avviare il procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 13 gennaio 2004, Thermenhotel Stoiser Franz e a./Commissione, T‑158/99, Racc. pag. II‑1, punto 91, e del 20 settembre 2007, Fachvereinigung Mineralfaserindustrie/Commissione, T‑375/03, non pubblicata nella Raccolta, punti 67 e 77).
3. Nel merito
82 La ricorrente deduce sette motivi a sostegno del suo ricorso, nella parte in cui questo mira all’annullamento della seconda decisione impugnata.
83 Il primo motivo riguarda il mancato avvio del procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE, malgrado le serie difficoltà che la Commissione avrebbe incontrato. Occorre inoltre rilevare che, nell’ambito del primo motivo, la ricorrente menziona dieci errori che vizierebbero l’esame condotto dalla Commissione. La ricorrente sostiene che tale elenco – da essa qualificato come «non esaustivo» – di lacune o carenze inficianti la seconda decisione impugnata dimostra che l’estensione e la complessità dell’esame effettuato dalla Commissione giustificava l’apertura di un procedimento d’indagine formale. Nella misura in cui tali presunti errori o lacune si ricollegano agli altri motivi dedotti con il presente ricorso, occorrerà procedere al loro esame nell’ambito della valutazione relativa a questi altri motivi.
84 Il secondo motivo verte su un difetto di competenza della Commissione ad adottare una decisione condizionale di insussistenza di aiuti dopo aver effettuato un semplice esame preliminare. Nell’ambito di tale motivo la ricorrente adduce anche alcuni argomenti che non si riferiscono alla competenza della Commissione ad adottare la seconda decisione impugnata, ma che richiedono una valutazione nel merito, vale a dire il carattere asseritamente irrealistico degli impegni presi dalla Repubblica italiana secondo cui la vendita dei beni del gruppo Alitalia sarebbe stata realizzata al prezzo di mercato.
85 Il terzo motivo, suddiviso in tre parti, riguarda un manifesto errore di valutazione, dovuto al presunto mancato esame, da parte della Commissione, dell’insieme delle caratteristiche pertinenti delle misure controverse nel loro contesto, nonché una violazione dell’obbligo di motivazione da parte di detta istituzione, in considerazione della mancanza di giustificazione di tale omissione.
86 Il quarto motivo, suddiviso in due parti, si riferisce ad un errore di diritto, in quanto la Commissione avrebbe asseritamente ignorato le opzioni diverse dalla vendita dei beni del gruppo Alitalia, nonché ad una violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione, in ragione della mancanza di giustificazione di tale omissione.
87 Il quinto motivo, articolato in cinque parti, riguarda la mancata applicazione alla vendita dei beni del criterio dell’investitore privato operante nelle normali condizioni di un’economia di mercato.
88 Il sesto motivo ha ad oggetto un errore di identificazione della parte tenuta a rimborsare l’aiuto.
89 Il settimo motivo riguarda una violazione dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda, in particolare, gli aspetti lacunosi dell’esame della Commissione evidenziati dalla ricorrente nell’ambito del terzo e del quarto motivo, vale a dire, da un lato, il mancato esame dell’insieme delle caratteristiche delle misure nel loro contesto e, dall’altra, la mancata presa in esame di opzioni diverse dalla vendita dei beni.
90 Ai fini dell’esame dei motivi sopra esposti, occorre operare una distinzione inquadrandoli in tre categorie, a seconda che essi mirino a far constatare l’incompetenza della Commissione ad adottare la seconda decisione impugnata, la violazione da parte di tale istituzione dell’obbligo di avvio del procedimento d’indagine formale, o la violazione dell’obbligo di motivazione.
91 Occorre dunque esaminare, anzitutto, il secondo motivo, riguardante l’incompetenza della Commissione ad adottare la seconda decisione impugnata; poi, nell’ordine, i motivi riguardanti la violazione dell’obbligo di avvio del procedimento d’indagine formale – vale a dire le prime due parti del terzo motivo, la prima parte del quarto motivo, il quinto motivo, il sesto motivo, il primo motivo, nonché gli argomenti dedotti nell’ambito del secondo motivo riguardanti il carattere irrealistico degli impegni assunti dalle autorità italiane; infine, i motivi attinenti alla violazione dell’obbligo di motivazione – più precisamente, il settimo motivo, la seconda e la terza parte del terzo motivo e la seconda parte del quarto motivo.
a) Sul secondo motivo, relativo al difetto di competenza della Commissione ad adottare una decisione condizionale a seguito di un esame preliminare
92 La ricorrente mette in discussione il fondamento sul quale è stata adottata la seconda decisione impugnata, vale a dire l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 659/1999, il quale non consentirebbe alla Commissione di adottare una decisione «condizionale» di insussistenza di un aiuto a seguito di una semplice indagine preliminare, bensì ammetterebbe una decisione siffatta soltanto all’esito di un procedimento d’indagine formale ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, del citato regolamento, in connessione con una constatazione della compatibilità dell’aiuto con il mercato comune. La ricorrente fa valere inoltre che, tenuto conto del dispositivo della seconda decisione impugnata, la constatazione dell’insussistenza di un aiuto dipende da un evento incerto, ossia il rispetto di una serie di impegni di comportamento assunti dalle autorità italiane che sarebbero simili alle condizioni imposte da decisioni adottate dalla Commissione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento summenzionato. La ricorrente rileva infine che, secondo la giurisprudenza, l’incompetenza dell’istituzione autrice dell’atto impugnato costituisce un motivo di annullamento di ordine pubblico, il quale deve essere rilevato d’ufficio dal giudice dell’Unione.
93 Occorre ricordare, anzitutto, che al termine della fase di esame preliminare e in conformità all’articolo 4, paragrafi 2‑4, del regolamento n. 659/1999, la Commissione può adottare tre tipi di decisioni. Essa può constatare che la misura notificata non costituisce un aiuto, oppure constatare che la misura, pur costituendo un aiuto, non suscita dubbi quanto alla sua compatibilità con il mercato comune (cosiddetta «decisione di non sollevare obiezioni»), oppure dichiarare che tale misura suscita dubbi e decidere di aprire il procedimento d’indagine formale. Occorre poi rilevare che la Commissione ha il potere di adottare una decisione positiva, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999 (constatando, eventualmente dopo modifiche da parte dello Stato membro interessato, che una misura è compatibile con il mercato comune), e di imporre con essa condizioni che le consentano di riconoscere la compatibilità della misura suddetta con il mercato comune, nonché obblighi che le permettano di controllare il rispetto di tale decisione, a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, del medesimo regolamento.
94 Pertanto, è giocoforza rilevare che, a differenza delle decisioni adottate al termine della fase di esame preliminare, come la seconda decisione impugnata, l’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 659/1999 riguarda le decisioni positive, mediante le quali la Commissione constata l’esistenza di un aiuto, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, che essa dichiara poi compatibile con il mercato comune. Tale disposizione non è applicabile nel caso di specie, dal momento che la Commissione ha concluso che la misura notificata non costituisce, alla luce degli impegni presi dalla Repubblica italiana, un aiuto di Stato, e dunque non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.
95 Ne consegue che la seconda decisione impugnata non può essere qualificata come decisione condizionale ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 659/1999, comportante l’imposizione di condizioni od obblighi allo Stato membro, né come decisione che impone modifiche al progetto notificato, bensì, conformemente a quanto sostenuto dalla Commissione, va considerata quale decisione che tiene conto degli impegni di comportamento volontariamente assunti dallo Stato al momento della fase di notifica della misura controversa al fine di chiarire alcuni punti. Pertanto, tali impegni formano parte integrante della misura notificata, ciò che del resto risulta dal dispositivo della seconda decisione impugnata.
96 Dunque, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione è competente ad adottare, sul fondamento dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 659/1999, una decisione, come la seconda decisione impugnata, mediante la quale essa, pur constatando l’insussistenza di un aiuto di Stato, prende atto degli impegni assunti dallo Stato membro.
97 Il secondo motivo di ricorso deve, pertanto, essere respinto in quanto infondato.
b) Sui motivi relativi alla violazione dell’obbligo di avviare il procedimento d’indagine formale
98 Per quanto riguarda questo gruppo di motivi, occorre nella specie stabilire, alla luce delle censure formulate in ciascuno di essi, se l’esame condotto dalla Commissione fosse idoneo ad escludere la presenza di serie difficoltà, in modo da legittimare la decisione di non aprire il procedimento d’indagine formale. A tal fine occorre esaminare, nell’ordine, le censure formulate nell’ambito del terzo motivo, quelle dedotte nell’ambito del quarto motivo, le doglianze esposte nel contesto del quinto motivo, quelle formulate all’interno del sesto motivo e, in ultimo luogo, le censure formulate nell’ambito del primo motivo, nella cornice del quale verranno esaminati anche gli argomenti della ricorrente dedotti nell’ambito del secondo motivo, non riguardanti la competenza, bensì vertenti sul carattere asseritamente irrealistico degli impegni assunti dalle autorità italiane.
Sulle censure formulate nell’ambito del terzo motivo, riguardante il mancato esame, da parte della Commissione, di tutte le caratteristiche pertinenti delle misure nel loro contesto
99 Il terzo motivo è suddiviso in tre parti. Mediante la prima e la seconda parte del motivo viene dedotto un manifesto errore di valutazione, derivante dal mancato esame, da parte della Commissione, della procedura di amministrazione straordinaria nel suo insieme e delle circostanze che hanno accompagnato l’adozione degli emendamenti apportati a tale procedura. La terza parte del motivo riguarda una violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione, per avere quest’ultima omesso di giustificare il suddetto mancato esame.
100 Occorre esaminare congiuntamente le censure formulate nell’ambito delle prime due parti del terzo motivo.
101 Nell’ambito della prima parte del motivo, la ricorrente fa valere che la Commissione è incorsa in un manifesto errore di valutazione, per il fatto che non ha verificato se la procedura di amministrazione straordinaria, costituente una deroga alle norme di diritto comune in materia di fallimento, avesse di per sé stessa dato luogo alla concessione di un aiuto, bensì si è accontentata di esaminare alcune modifiche della procedura introdotte dal decreto‑legge n. 134. Nell’ambito della seconda parte del motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in un manifesto errore di valutazione decidendo di non esaminare le circostanze che avevano accompagnato l’adozione degli emendamenti alla procedura di amministrazione straordinaria e, in particolare, le misure che consentivano di sottrarre Alitalia e la CAI agli oneri per prestazioni di fine rapporto o previdenziali a favore degli ex dipendenti, le quali formavano, ad avviso della ricorrente, parte integrante del piano per la vendita dei beni del gruppo Alitalia e rappresentavano una condizione posta dai sindacati e dalla CAI per il loro accordo a tale piano.
102 In limine, è importante ricordare, riguardo all’analisi condotta dalla Commissione nella fase di esame preliminare, che detta istituzione è tenuta ad esaminare l’insieme degli elementi di fatto e di diritto portati a sua conoscenza dalle persone, dalle imprese o dalle associazioni eventualmente pregiudicate nei loro interessi dalla concessione dell’aiuto (v., in tal senso, sentenza della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 51). È dunque alla luce sia delle informazioni notificate dallo Stato interessato che di quelle fornite dagli eventuali denuncianti che l’istituzione deve formare la propria valutazione nell’ambito dell’esame preliminare istituito dall’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato (v., in tal senso, sentenza della Corte del 3 maggio 2001, Portogallo/Commissione, C‑204/97, Racc. pag. I‑3175, punto 35).
103 Occorre anche ricordare che la legittimità di una decisione in materia di aiuti di Stato deve essere valutata dal giudice dell’Unione alla luce delle informazioni di cui la Commissione poteva disporre nel momento in cui l’ha adottata (sentenze della Corte del 15 aprile 2008, Nuova Agricast, C‑390/06, Racc. pag. I‑2577, punto 54, e del 2 settembre 2010, Commissione/Scott, C‑290/07 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 91).
104 Occorre inoltre ricordare che la Commissione non ha l’obbligo di verificare d’ufficio e in via di supposizione quali siano gli elementi che avrebbero potuto esserle sottoposti nell’ambito del procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenza Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit. supra al punto 102, punto 60).
105 Per quanto riguarda le censure formulate nell’ambito della prima parte del motivo, è giocoforza constatare che, come rilevato sopra ai punti 33 e 34, la Commissione ha, da un lato, esaminato il quadro normativo disciplinante la procedura di amministrazione straordinaria e il ruolo dei diversi attori sui quali tale procedura si basava e, dall’altro, ha valutato la misura di vendita di beni, da realizzarsi tramite l’invito a manifestare interesse ed un procedimento a trattativa privata, alla luce del regime in deroga alla normativa di diritto comune istituito dal decreto‑legge n. 134.
106 Infatti, risulta anzitutto dal punto 39 della seconda decisione impugnata che la Commissione ha esaminato se la perizia effettuata conformemente al decreto‑legge n. 134 fosse indipendente, tenuto conto della parcellizzazione dell’azionariato della società cui essa era stata affidata tra più istituti finanziari (là dove i soggetti in possesso della maggior parte del capitale erano istituti stranieri), di modo che nessuno degli azionisti detenesse una percentuale di quote sufficiente per influire sulla decisione riguardante la valutazione.
107 Inoltre, anche se la seconda decisione impugnata non contiene alcun riferimento in merito ai dettagli della verifica della conformità del prezzo di vendita dei beni rispetto al prezzo di mercato ad opera dell’esperto indipendente, essa contiene nondimeno gli elementi che consentono di concludere che la vendita doveva aver luogo al prezzo di mercato. Del pari, occorre rilevare che le autorità italiane hanno assunto un certo numero di impegni per fissare dei limiti all’azione dei vari attori implicati nella procedura di vendita di beni, impegni dei quali la Commissione ha preso atto nella seconda decisione impugnata al fine di assicurarsi che la valutazione dell’offerta non portasse a determinare un prezzo inferiore a quello di mercato.
108 Oltre a ciò, il semplice fatto che la Commissione non disponesse delle relazioni di esperti al momento dell’adozione della seconda decisione impugnata non basta di per sé a dimostrare che essa non abbia effettuato un esame completo o sufficiente per quanto riguarda la procedura di amministrazione straordinaria, tanto più che tali relazioni non erano destinate ad esserle trasmesse. Nella specie, tali relazioni sono state trasmesse il 5 e il 7 novembre 2008 al commissario straordinario, il quale doveva consegnare la sua relazione finale al fiduciario incaricato del controllo dell’operazione. Quest’ultimo era inoltre tenuto a verificare, in particolare, le valutazioni effettuate dagli esperti indipendenti.
109 Infine, risulta dal punto 62 della seconda decisione impugnata che la Commissione disponeva dell’offerta della CAI trasmessa dalle autorità italiane il 3 novembre 2008, la quale ha costituito l’oggetto di un’analisi ai punti 58‑69 della medesima decisione. Orbene, la Commissione si è pronunciata esclusivamente sul carattere indipendente della valutazione dell’offerta della CAI effettuata dall’esperto indipendente, e non sui risultati di tale valutazione. Tali risultati dovevano essere trasmessi al commissario straordinario, cui spettava la decisione definitiva sulla cessione dei beni. Risulta altresì dalla seconda decisione impugnata che le conclusioni delle suddette relazioni in merito all’offerta della CAI dovevano comunque essere confermate da un fiduciario incaricato del controllo dell’operazione di vendita di beni, il quale doveva essere nominato dalle autorità italiane al fine di controllare il rispetto degli impegni presi da queste ultime e, in particolare, dell’impegno secondo cui la vendita dei beni avrebbe avuto luogo al prezzo di mercato. Infine, il suddetto fiduciario doveva inviare alla Commissione relazioni periodiche dettagliate in merito al rispetto della procedura notificata ed al rispetto degli impegni da parte della Repubblica italiana, nonché, due settimane dopo la sua nomina, una relazione esaustiva in merito alla conformità dell’offerta della CAI al prezzo di mercato. Secondo il punto 157 di detta decisione, nel caso in cui le autorità italiane non avessero rispettato i termini di quest’ultima, la Commissione si riservava il diritto di avviare il procedimento d’indagine formale, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 2, CE.
110 Dunque, alla luce di quanto precede, per quanto riguarda la procedura di amministrazione straordinaria, non si può addebitare alla Commissione di aver effettuato, al momento della fase di esame preliminare, un’analisi insufficiente o incompleta delle norme deroganti al regime di diritto comune in materia di fallimento.
111 Quanto alle censure formulate nell’ambito della seconda parte del terzo motivo, è giocoforza rilevare, in primo luogo, per quanto riguarda le riduzioni di oneri e gli altri vantaggi asseritamente concessi dalla normativa italiana alla CAI, in materia di prestazioni di fine rapporto e previdenziali per gli ex dipendenti, che, come risulta dal punto 73 della seconda decisione impugnata, le autorità italiane hanno confermato alla Commissione che il personale di Alitalia non godeva di alcun diritto all’assunzione da parte della CAI, la quale era libera di acquisire i beni aziendali con o senza il personale ad essi associato, conformemente al punto 119 della citata decisione. È pertanto difficile concepire in che modo la CAI sarebbe stata alleggerita dell’onere di finanziamento di prestazioni per disoccupazione concesse ai dipendenti licenziati di Alitalia, quali quelle previste dal decreto‑legge n. 134.
112 Inoltre, risulta dai punti 68 e 120 della seconda decisione impugnata che, se la CAI avesse dovuto assumere personale indispensabile alla propria attività operativa, tenuto conto delle competenze necessarie per la gestione dei beni acquisiti, tale assunzione sarebbe avvenuta in base a condizioni nuove integralmente fissate dalla CAI stessa.
113 In secondo luogo, l’affermazione della ricorrente, secondo cui la Commissione doveva esaminare le misure introdotte dal decreto‑legge n. 134, in quanto a suo dire esse formavano parte integrante del piano di vendita dei beni del gruppo Alitalia ed erano una condizione imposta dai sindacati e dalla CAI per il loro accordo a tale piano, non può essere accolta, alla luce dei punti 73 e 74 della seconda decisione impugnata. Infatti, risulta da tali punti che le autorità italiane avevano segnalato alla Commissione che il personale di Alitalia avrebbe beneficiato delle misure di assicurazione contro la disoccupazione previste dalla normativa nazionale in vigore, e che la direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (GU L 82, pag. 16), non era applicabile nel caso di specie, in quanto la procedura di vendita dei beni del gruppo Alitalia non implicava il trasferimento di un’entità economica che conservasse la propria identità. Inoltre, le autorità italiane avevano indicato alla Commissione che, in ogni caso, le disposizioni relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori non sarebbero state applicabili nell’ambito di una procedura di liquidazione completa del gruppo Alitalia.
114 Infine, occorre ricordare che, sebbene i negoziati con i sindacati e con la CAI non fossero arrivati a conclusione al momento della presentazione della prima offerta preliminare di quest’ultima, la CAI ha ripresentato la propria offerta il 25 settembre 2008, alle medesime condizioni (v. supra, punti 15, 17 e 20). Pertanto, nulla indica che l’offerta finale della CAI abbia tenuto conto delle rivendicazioni delle organizzazioni sindacali e che dunque le misure sociali denunciate dalla ricorrente abbiano formato parte integrante del piano di acquisizione dei beni del gruppo Alitalia.
115 Ne consegue che, per quanto riguarda le circostanze che hanno accompagnato l’adozione degli emendamenti della procedura di amministrazione straordinaria, non si può addebitare alla Commissione di aver effettuato un’analisi insufficiente o incompleta in occasione della fase di esame preliminare con riguardo alle riduzioni di oneri e agli altri vantaggi asseritamente concessi dalla normativa italiana alla CAI, dal momento che tali misure non erano pertinenti per stabilire se un vantaggio potesse essere stato accordato all’acquirente dei beni del gruppo Alitalia.
116 Pertanto, poiché le censure formulate nell’ambito della prima e della seconda parte del presente motivo non consentono di dimostrare che la Commissione abbia effettuato un’analisi incompleta o insufficiente in occasione della procedura di esame preliminare, occorre ritenere che la ricorrente non abbia fornito alcun indizio dell’esistenza di serie difficoltà a questo proposito. Occorre dunque respingere le suddette censure in quanto infondate.
117 Quanto alla censura relativa ad una violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione, in quanto quest’ultima non avrebbe giustificato l’insufficienza dell’analisi in occasione della fase di esame preliminare – censura invocata nell’ambito della terza parte del presente motivo –, essa verrà esaminata nell’ambito del settimo motivo.
Sulle censure formulate nell’ambito del quarto motivo, relativo al mancato esame di opzioni diverse dalla vendita dei beni del gruppo Alitalia
118 Il quarto motivo è suddiviso in due parti, relative, la prima, ad un manifesto errore di valutazione della Commissione, in quanto quest’ultima non avrebbe esaminato se vi fossero opzioni diverse dalla vendita di beni, e, la seconda, ad una violazione dell’obbligo di motivazione incombente alla detta istituzione, in quanto essa non avrebbe giustificato il mancato svolgimento di tale esame.
119 Nell’ambito della prima parte del motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione era tenuta, in conformità alla giurisprudenza e alla propria prassi, ad esaminare alla luce del criterio dell’investitore privato operante nelle normali condizioni di un’economia di mercato le opzioni diverse dalla vendita di beni aziendali, quali la liquidazione giudiziaria o l’apporto di nuovi capitali accompagnato da una ristrutturazione di Alitalia o da una vendita di beni, al fine di stabilire se, in circostanze simili, detto investitore avrebbe proceduto ad una siffatta vendita di beni oppure avrebbe optato per altre soluzioni. Arrivando alla conclusione secondo cui, per constatare che la procedura di amministrazione straordinaria non portava alla concessione di un aiuto di Stato a favore degli acquirenti di Alitalia, era sufficiente che la vendita fosse effettuata al prezzo di mercato, senza esaminare le opzioni diverse dalla vendita di beni, la Commissione avrebbe effettuato un esame insufficiente e incompleto e sarebbe incorsa in un manifesto errore di valutazione.
120 In via preliminare occorre rilevare che, sebbene la seconda decisione impugnata non contenga alcun espresso riferimento al principio dell’investitore privato, la Commissione ha, nel caso di specie, applicato tale principio, concludendo che la vendita di beni era stata effettuata al prezzo di mercato. Oltre a ciò, la Commissione ha sottolineato a più riprese che detta vendita doveva avere come obiettivo la massimizzazione del valore dei beni aziendali, nell’interesse dei creditori di Alitalia, ciò che dimostra che essa ha fatto in modo di assicurarsi che il comportamento delle autorità pubbliche fosse guidato da prospettive di redditività a lungo termine. Per giunta, la conclusione della Commissione di cui al punto 126 della suddetta decisione, secondo cui la procedura notificata non portava ad imporre obblighi di «pubblica autorità» agli acquirenti dei beni idonei a rimettere in discussione l’obiettivo della vendita al prezzo di mercato, testimonia che la Commissione ha in sostanza preso in considerazione il comportamento dell’investitore privato, al fine di valutare il comportamento delle autorità italiane e di assicurarsi che queste non perseguissero obiettivi di politica economica incompatibili con il mercato comune.
121 Conformemente a quanto si è rilevato nell’ambito della prima parte del terzo motivo (v. supra, punti 107‑110), la Commissione ha maturato il convincimento che la vendita di beni si sarebbe svolta al prezzo di mercato. Pertanto, contrariamente alle affermazioni della ricorrente, la Commissione non aveva alcun obbligo di esaminare opzioni diverse dalla procedura scelta dalle autorità italiane.
122 Per di più, dal momento che la CAI, nell’ambito della sua offerta, proponeva l’acquisizione di gruppi di beni e che l’attività di trasporto aereo di passeggeri comprendeva le bande orarie di Alitalia corrispondenti e necessarie al suo esercizio, il raffronto dei proventi generati da tale vendita con quelli eventualmente prodotti da una vendita separata di beni o di bande orarie di Alitalia non era pertinente nel caso di specie.
123 Alla luce di quanto sopra esposto, non si può addebitare alla Commissione di aver effettuato un’analisi insufficiente o incompleta nella fase di esame preliminare per quanto concerne l’esistenza di opzioni diverse dalla vendita di beni, considerato che la ricorrente non ha fornito alcun indizio circa l’esistenza di serie difficoltà al riguardo. Ne consegue che occorre respingere perché infondate le censure formulate nell’ambito della prima parte del quarto motivo.
124 Nell’ambito della seconda parte del quarto motivo, la ricorrente sostiene che, non esaminando le opzioni diverse dalla vendita di beni e non fornendo alcuna ragione per tale presunta omissione, la Commissione avrebbe violato l’obbligo di motivazione che le incombe. Occorre esaminare tale parte del presente motivo nell’ambito del settimo motivo.
Sulle censure formulate nell’ambito del quinto motivo, relativo alla mancata applicazione alla vendita di beni del criterio dell’investitore privato operante nelle normali condizioni di un’economia di mercato
125 Il quinto motivo è suddiviso in cinque parti, che riguardano: la prima, il mancato esame della condizione della continuità del servizio, nonché una violazione dell’obbligo di motivazione al riguardo; la seconda, il mancato esame della condizione implicita della nazionalità dell’acquirente, nonché una violazione dell’obbligo di motivazione al riguardo; la terza, la mancata presa in considerazione di indizi che dimostravano l’impossibilità di raggiungere il prezzo di mercato, nonché una violazione dell’obbligo di motivazione al riguardo; la quarta, la mancata presa in considerazione di elementi comprovanti l’esistenza di un aiuto di Stato; infine, la quinta, la mancanza di indicazioni riguardo al fondamento appropriato della valutazione del prezzo di mercato.
126 Occorre, anzitutto, esaminare congiuntamente le censure formulate nell’ambito della prima e della quinta parte del presente motivo, successivamente quelle formulate nell’ambito della seconda parte e, infine, congiuntamente, quelle formulate nell’ambito della terza e della quarta parte del motivo stesso.
– Sulle censure formulate nell’ambito della prima e della quinta parte del quinto motivo
127 Nell’ambito della prima parte del quinto motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha esaminato le conseguenze della necessità di continuità del servizio, introdotta dal decreto‑legge n. 134 e menzionata nell’invito a manifestare interesse, la quale avrebbe condotto ad un obbligo di servizio pubblico il cui costo avrebbe dovuto essere valutato secondo i criteri elaborati nella sentenza della Corte del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, C‑280/00 (Racc. pag. I‑7747; in prosieguo: la «sentenza Altmark»). Essa sostiene che, se la Commissione avesse accettato senza riserve le condizioni fissate per le offerte, senza verificare se esse avessero un impatto sul prezzo offerto, ciò costituirebbe una carenza idonea a dimostrare l’esistenza di serie difficoltà incontrate da detta istituzione. La ricorrente fa valere inoltre che l’omessa verifica, da parte della Commissione, del carattere serio del rischio di perdita di bande orarie (slots), a motivo del loro mancato utilizzo, invocato dalle autorità italiane per giustificare l’esigenza di continuità del servizio, costituisce un manifesto errore di valutazione. Infine, l’assenza di giustificazione per non aver effettuato tale esame costituirebbe un difetto di motivazione della seconda decisione impugnata in ordine a tale aspetto.
128 Nell’ambito della quinta parte del quinto motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione doveva fissare dei criteri dettagliati per stabilire il prezzo al quale i beni del gruppo Alitalia stavano per essere venduti, esigendo, quanto meno, che il prezzo offerto dalla CAI includesse, da un lato, il prestito di EUR 300 milioni concesso dalla Repubblica italiana ad Alitalia nonché le altre forme di aiuto ricevute da quest’ultima e, dall’altro, il costo derivante dal rispetto dell’obbligo di continuità del servizio. Il fatto che la Commissione non abbia fornito indicazioni riguardo al fondamento su cui doveva poggiare la valutazione del prezzo di mercato costituisce, secondo la ricorrente, un manifesto errore di valutazione, che ha portato ad una sottovalutazione del prezzo dei beni del gruppo Alitalia.
129 Occorre ricordare, in limine, che la questione se la Commissione abbia applicato in modo erroneo il criterio dell’investitore privato non si confonde con quella relativa all’esistenza di serie difficoltà richiedenti l’avvio del procedimento d’indagine formale. Infatti, la verifica dell’esistenza di serie difficoltà non mira a stabilire se la Commissione abbia correttamente applicato l’articolo 87 CE, bensì ad appurare se essa disponesse, alla data di adozione della seconda decisione impugnata, di informazioni sufficientemente complete per valutare la compatibilità della misura controversa con il mercato comune (v., in tal senso, sentenza Bundesverband deutscher Banken/Commissione, cit. supra al punto 77, punto 129).
130 Il fatto che la valutazione della Commissione sia, ad avviso della ricorrente, erronea e che detta istituzione non abbia risposto a talune censure sollevate da essa ricorrente non implica che la Commissione non potesse pronunciarsi sulla misura in questione sulla base delle informazioni di cui disponeva e che essa fosse dunque tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale per completare la propria istruttoria (v., in tal senso, sentenza Bundesverband deutscher Banken/Commissione, cit. supra al punto 77, punto 130).
131 Nel caso di specie, come sostenuto dalla Commissione, la vendita dei beni del gruppo Alitalia non ha sollevato alcuna questione attinente alla nozione di obbligo di servizio pubblico ed il criterio della continuità del servizio faceva semplicemente parte dei criteri di valutazione delle offerte. Infatti, nessun elemento del fascicolo indica che il soggetto subentrante nell’attività di trasporto aereo di passeggeri sarebbe stato incaricato dell’esecuzione di obblighi di servizio pubblico nell’ambito della procedura notificata.
132 Allo stesso modo, occorre constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione ha escluso, al punto 118 della seconda decisione impugnata, l’esistenza di obblighi di «pubblica autorità» associati alla procedura di vendita di beni e, in particolare, ha verificato che simili condizioni non erano state imposte agli acquirenti, come invece asserito dai denuncianti.
133 A questo proposito, per quanto riguarda, in particolare, le condizioni di esercizio dell’attività di trasporto aereo, risulta dai punti 123‑125 della seconda decisione impugnata che, contrariamente alle allegazioni della ricorrente, la Commissione ha esaminato la pertinenza della condizione relativa alla continuità del servizio di trasporto a medio termine rispetto al prezzo dei beni aziendali. Infatti, essa ha ottenuto dei chiarimenti da parte delle autorità italiane, in base ai quali la continuità, quale menzionata nel decreto‑legge n. 134 e nell’invito a manifestare interesse, non corrispondeva agli obblighi di servizio pubblico ai sensi del diritto dell’Unione europea.
134 È inoltre giocoforza rilevare che la ricorrente non chiarisce in che modo la necessità di garantire una continuità del servizio di trasporto aereo a medio termine – la quale sarebbe stata imposta dalle autorità italiane mediante il decreto‑legge n. 134 quale condizione cui dovevano rispondere le offerte – avrebbe avuto come risultato di diminuire il prezzo dei beni del gruppo Alitalia al di sotto del prezzo di mercato. Del resto, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, risulta dai punti 71 e 102 della seconda decisione impugnata che il criterio della continuità del servizio era secondario rispetto a quello del prezzo, nell’ambito della valutazione delle offerte da parte del commissario straordinario. Per di più, come precisato dalle autorità italiane alla Commissione, il criterio determinante applicato dall’esperto indipendente sarebbe stato quello del prezzo, dal momento che tanto il decreto‑legge n. 134 quanto l’invito a manifestare interesse disponevano che il prezzo di vendita dei beni non poteva essere inferiore al prezzo di mercato, come determinato dall’esperto indipendente. Ciò è stato, a maggior ragione, garantito mediante l’impegno assunto dalle autorità italiane – cui viene fatto riferimento nei punti 71 e 72 della suddetta decisione – affinché, comunque, la valutazione dell’offerta non portasse a stabilire un prezzo inferiore a quello di mercato, là dove il ricorso al consulente finanziario permetteva al commissario straordinario di assicurarsene.
135 Alla luce di quanto precede, l’idoneità a garantire una continuità del servizio in capo agli operatori che avevano presentato offerte non avrebbe potuto esonerarli dall’obbligo essenziale di presentare un’offerta uguale o superiore al prezzo di mercato, in quanto la loro offerta non avrebbe potuto altrimenti essere accolta.
136 Allo stesso modo, l’argomento della ricorrente secondo cui la condizione relativa alla continuità del servizio fissata nell’invito a manifestare interesse aveva come effetto di dissuadere i potenziali offerenti dal partecipare alla selezione, diminuendo così il prezzo di mercato, non può essere accolto. Infatti, come risulta dal punto 53 della seconda decisione impugnata, il commissario straordinario ha ricevuto 60 offerte in risposta all’invito a manifestare interesse pubblicato il 23 settembre 2008. Del resto, secondo il punto 45 della suddetta decisione, alcune delle offerte, e in particolare quella della CAI, sono state presentate addirittura prima della pubblicazione del suddetto invito, ciò che dimostra che la presenza in tale invito della condizione relativa alla continuità del servizio non è stata determinante per queste offerte.
137 Ad ogni modo, il fatto che la necessità di assicurare una continuità del servizio di trasporto aereo sia stata inserita nell’invito a manifestare interesse tra i requisiti cui dovevano rispondere le offerte ricevute, non implica necessariamente l’esistenza di un obbligo di servizio pubblico a carico dell’operatore la cui offerta sarebbe stata accolta. Anche a supporre che un tale obbligo sia stato così imposto, non risulta dal ricorso introduttivo che nel prezzo dei beni del gruppo Alitalia sia stata inserita una compensazione e che questa fosse superiore al costo netto generato dall’esecuzione dell’obbligo di servizio pubblico, in modo da conferire un vantaggio economico al prestatore ai sensi della sentenza Altmark, citata sopra al punto 127. Pertanto, da quanto sopra esposto non risulta assolutamente che la Commissione avrebbe dovuto tener conto dei criteri fissati nella citata sentenza al fine di valutare il prezzo.
138 Inoltre, è giocoforza constatare che gli elementi addotti dalla ricorrente a sostegno della sua affermazione secondo cui la Commissione avrebbe commesso un errore nella valutazione del prezzo dei beni del gruppo Alitalia, non erano pertinenti ai fini dell’esame di detta istituzione. Infatti, tanto la situazione finanziaria di Alitalia quanto l’oggetto e l’importanza di tali offerte erano differenti.
139 Per quanto riguarda il prezzo menzionato nell’offerta presentata da Air France‑KLM nell’aprile 2008 per l’acquisizione di Alitalia, occorre osservare che tale offerta è stata presentata prima che Alitalia fosse dichiarata insolvente e che essa mirava all’acquisizione della totalità dei beni aziendali di quest’ultima, non già mediante una cessione di attivi, bensì mediante una cessione di azioni. Oltre a ciò, poiché tale offerta era stata ritirata, la Commissione non poteva prenderla in considerazione, non essendo essa definitiva. Quanto all’offerta della CAI, occorre ricordare che essa è stata presentata nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria cui Alitalia era stata assoggettata nell’ambito della sua liquidazione, e che essa mirava soltanto all’acquisizione di una parte dei beni di Alitalia stessa. Alla luce di tali circostanze, l’argomento della ricorrente secondo cui il prezzo di cessione offerto dalla CAI doveva comprendere l’importo del prestito non può essere accolto. Infatti, l’ammontare del prestito non ha alcun influsso sul prezzo di vendita dei beni del gruppo Alitalia, soltanto una parte dei quali è stata ceduta alla CAI, al prezzo di mercato. Infine, per quanto riguarda l’offerta presentata nel gennaio 2009 per l’acquisizione del 25% delle quote di Alitalia‑CAI, è giocoforza constatare che il valore totale di questa compagnia era aumentato successivamente alla vendita dei beni del gruppo Alitalia, in particolare a motivo dell’acquisizione, da parte di tale compagnia, di un’altra compagnia aerea, e che tale offerta, essendo posteriore alla data di adozione della seconda decisione impugnata, non avrebbe comunque potuto essere presa in considerazione dalla Commissione.
140 Infine, la ricorrente fa valere che, se Alitalia avesse cessato di operare durante la procedura di fallimento, non avrebbe comunque perduto le proprie bande orarie, a norma del regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità (GU L 14, pag. 1). Dunque, la Commissione sarebbe incorsa in un manifesto errore di valutazione ed avrebbe violato l’obbligo di motivazione, in quanto avrebbe accettato senza riserve il rischio per Alitalia di perdere le proprie bande orarie come giustificazione della necessità, per l’acquirente dei beni del gruppo Alitalia, di assicurare una continuità del servizio.
141 È giocoforza constatare che dal punto 125 della seconda decisione impugnata, cui la ricorrente rinvia, non risulta che la Commissione abbia incondizionatamente accettato una qualsivoglia giustificazione del criterio della continuità del servizio sulla scorta del rischio di perdita delle bande orarie di Alitalia. Infatti, nel suddetto punto, la Commissione ha indicato, in sostanza, che il valore di un gruppo di beni sufficientemente ampio comprendeva l’avviamento commerciale, una parte del quale era rappresentata dalle bande orarie necessarie alla prestazione del servizio. Tale considerazione implica che la Commissione ha tenuto conto del criterio della continuità in un intento di massimizzazione del valore degli attivi interessati dalla cessione, allo scopo di ottenere un prezzo di cessione più elevato nell’interesse dei creditori di Alitalia, e non in una logica di continuità dell’attività di servizio pubblico. Pertanto, l’argomento della ricorrente non trova alcun fondamento nella seconda decisione impugnata.
142 Ad ogni modo, la ricorrente non ha affatto dimostrato in che misura un tale esame fosse necessario per permettere alla Commissione di valutare la conformità della condizione della continuità del servizio al criterio dell’investitore privato operante nelle normali condizioni di un’economia di mercato, e non ha dunque fornito la prova dell’esistenza di serie difficoltà. Ne consegue che nessuna insufficienza di motivazione può essere imputata alla Commissione sotto questo profilo.
143 Date tali premesse, occorre respingere perché infondate le censure formulate nell’ambito della prima e della quinta parte del quinto motivo.
– Sulle censure formulate nell’ambito della seconda parte del quinto motivo
144 Nell’ambito della seconda parte del quinto motivo, la ricorrente sostiene che la vendita dei beni del gruppo Alitalia è stata assoggettata ad una condizione implicita secondo cui l’acquirente doveva essere di origine italiana, ciò che ha fatto scendere il prezzo di vendita al di sotto del prezzo di mercato e avrebbe scoraggiato le offerte concorrenti. Il fatto che la Commissione non abbia esaminato tale elemento e non abbia tratto le conseguenze di un esame in tal senso costituirebbe un manifesto errore di valutazione. L’assenza di qualsiasi spiegazione in proposito da parte della Commissione costituirebbe inoltre un difetto di motivazione.
145 Nel caso di specie, occorre rilevare che la Commissione ha verificato che l’invito a manifestare interesse non conteneva alcuna clausola discriminatoria fondata sulla nazionalità degli offerenti. Essa ha inoltre concluso che tale invito aveva costituito l’oggetto di larga diffusione e di pubblicità a livello sia nazionale che internazionale. Infatti, come rilevato sopra al punto 136, la Commissione ha indicato nella seconda decisione impugnata, da un lato, che il commissario straordinario, sin dalla sua nomina e prima della pubblicazione del suddetto invito a manifestare interesse, si era deciso a prendere contatto con le principali compagnie aeree internazionali e, dall’altro, che detto commissario aveva ricevuto 60 offerte provenienti da soggetti italiani e stranieri.
146 Inoltre, la Commissione ha esaminato il ruolo della banca prescelta per promuovere la presentazione di un’offerta per l’acquisizione di Alitalia nella procedura di vendita di beni di quest’ultima ed ha concluso, nella nota a fondo pagina n. 34 della seconda decisione impugnata, che la banca suddetta aveva cessato qualsiasi ruolo di consulente del ministero competente non appena Alitalia era stata posta in amministrazione straordinaria, ossia il 29 agosto 2008. Infatti, oltre alla missione che era stata affidata alla banca suddetta prima del collocamento in amministrazione straordinaria, non risulta dalla seconda decisione impugnata che tale banca abbia partecipato alla stima dei beni di Alitalia e possa aver favorito la CAI a discapito degli altri offerenti. Inoltre, è giocoforza ricordare che le autorità italiane avevano assunto l’impegno di non interferire nell’azione del commissario straordinario.
147 Pertanto, gli argomenti della ricorrente relativi ad un presunto conflitto di interessi tra la banca prescelta per promuovere la presentazione di un’offerta per l’acquisizione di Alitalia e la CAI, all’imprecisione dell’invito a manifestare interesse e ai termini brevi disciplinanti la presentazione delle offerte e vantaggiosi per la CAI, non possono trovare accoglimento. Infatti, per quel che riguarda il carattere non discriminatorio della procedura di vendita di beni, occorre rilevare che – poiché le censure formulate nell’ambito della seconda parte del quinto motivo non consentono di affermare che la Commissione abbia svolto un’analisi incompleta o insufficiente in occasione della procedura di esame preliminare o non abbia tratto le conseguenze della verifica delle condizioni di vendita dei beni del gruppo Alitalia – la ricorrente non ha fornito alcun indizio dell’esistenza di serie difficoltà in proposito. Oltre a ciò, la ricorrente non può asserire che la seconda decisione impugnata sia viziata da un difetto di motivazione su questo punto. Occorre quindi respingere perché infondate le censure formulate nell’ambito della seconda parte del quinto motivo.
– Sulle censure formulate nell’ambito della terza e della quarta parte del quinto motivo
148 Nell’ambito della terza parte del quinto motivo, la ricorrente fa valere che la procedura di vendita dei beni, non essendo aperta, trasparente e non discriminatoria, non era idonea a garantire una cessione al prezzo di mercato. Essa sostiene che, in ogni caso, le altre garanzie di una valutazione indipendente quali l’intervento dell’esperto indipendente e del fiduciario incaricato del controllo dell’operazione non sarebbero state idonee a garantire che il prezzo pagato dall’acquirente corrispondesse a quello di mercato. La ricorrente sostiene altresì che il fatto che la Commissione abbia omesso di trarre le giuste conseguenze dall’impossibilità di raggiungere il prezzo di mercato in presenza di tali circostanze costituisce un manifesto errore di valutazione. La mancanza di giustificazione al riguardo costituirebbe inoltre un difetto di motivazione.
149 Nell’ambito della quarta parte del quinto motivo, la ricorrente deduce che le autorità italiane hanno diminuito il prezzo al quale la CAI aveva potuto acquisire Alitalia, cancellando alcuni debiti e rendendo la sua offerta più attraente per i responsabili sindacali. La Commissione, omettendo di tener conto di tali elementi di fatto che erano a sua conoscenza e non considerando che essi davano luogo alla concessione di un aiuto alla CAI, sarebbe incorsa in un manifesto errore di valutazione.
150 Come si è ricordato nell’ambito dell’esame delle censure formulate a sostegno del terzo motivo, la Commissione ha ritenuto che la procedura di vendita di beni a trattativa privata, integrata dall’invito a manifestare interesse, non offrisse un livello di trasparenza sufficiente di per sé a garantire che i beni sarebbero stati ceduti al prezzo di mercato. Di conseguenza, la Commissione ha verificato che l’offerta fosse stata sottoposta ad una valutazione indipendente, al fine di assicurarsi che il prezzo proposto non fosse inferiore al prezzo di mercato. Inoltre, come si è concluso sopra ai punti 107‑109, la valutazione dei beni da parte dell’esperto indipendente, suffragata dalla verifica del valore economico delle offerte in rapporto ai beni effettuata dal consulente finanziario indipendente, e l’intervento ultimo del fiduciario incaricato del controllo dell’operazione offrivano garanzie di indipendenza sufficienti, tali da portare ad una vendita di beni al prezzo di mercato.
151 Ne consegue che occorre respingere perché infondate le censure formulate nell’ambito della terza parte del presente motivo, dal momento che la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di indizi di serie difficoltà e che in tali circostanze non può imputarsi alla Commissione una violazione dell’obbligo di motivazione.
152 Per quanto riguarda la quarta parte del quinto motivo, occorre notare che la CAI ha rilevato soltanto una parte del personale di Alitalia, assunto in base a condizioni e a contratti di lavoro interamente nuovi, e che le misure sociali evidenziate dalla ricorrente non si applicavano al personale riassunto dalla CAI.
153 Pertanto, occorre respingere le censure formulate nell’ambito della quarta parte del quinto motivo. Dunque, poiché le censure formulate nell’ambito del quinto motivo non consentono di affermare che la Commissione abbia effettuato un’analisi incompleta o insufficiente in occasione della procedura di esame preliminare, occorre constatare che la ricorrente non ha fornito alcun indizio dell’esistenza di serie difficoltà in ordine a tale punto. Di conseguenza, il quinto motivo deve essere respinto nella sua interezza.
Sulle censure formulate nell’ambito del sesto motivo, relativo ad un errore nell’individuazione della parte tenuta a rimborsare l’aiuto
154 La ricorrente fa valere, in sostanza, che la Commissione non ha esaminato l’insieme dei criteri richiesti dalla giurisprudenza ai fini della valutazione di una continuità economica tra Alitalia e la CAI, segnatamente il prezzo al quale è stata effettuata la cessione dei beni, l’identità degli azionisti della società ceduta e quella dell’acquirente della stessa, il momento, l’oggetto e la logica economica del trasferimento di beni. La ricorrente sostiene che la Commissione ha concentrato la propria analisi soltanto sul criterio dell’oggetto della vendita di beni, ignorando gli altri.
155 Per quanto riguarda l’obbligo di recupero dell’aiuto versato ad una società in difficoltà, occorre ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza, esso può essere esteso ad una nuova società alla quale la prima società abbia trasferito taluni attivi, qualora tale trasferimento permetta di constatare una continuità economica tra le due società. Per concludere nel senso dell’esistenza di una continuità economica tra le due società possono essere presi in considerazione i seguenti elementi: l’oggetto del trasferimento (attivi e passivi, mantenimento della forza lavoro, attivi aggregati), il prezzo del trasferimento, l’identità degli azionisti o dei proprietari dell’impresa acquirente e di quella cedente, il momento in cui il trasferimento è realizzato (dopo l’inizio dell’indagine, l’avvio del procedimento o la decisione finale) od anche la logica economica dell’operazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 13 settembre 2010, Grecia e a./Commissione, T‑415/05, T‑416/05 e T‑423/05, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 135).
156 Occorre anzitutto constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tale giurisprudenza non impone alla Commissione di prendere in considerazione la totalità degli elementi sopra indicati, ciò che è confermato dall’uso dell’espressione «possono essere presi in considerazione». Ne consegue che la Commissione non era tenuta ad esaminare, in particolare, e in aggiunta agli altri criteri, il momento in cui ha avuto luogo il trasferimento dei beni del gruppo Alitalia alla CAI, il quale figura tra gli elementi «che possono» essere presi in esame per escludere la continuità economica tra le due entità in questione.
157 Ad ogni modo, risulta dall’esame della seconda decisione impugnata che la Commissione ha concluso per l’assenza di continuità tra Alitalia e la CAI, sia sulla base dell’oggetto e del prezzo del trasferimento dei beni sia sulla scorta dell’assenza di identità degli azionisti e della logica economica dell’operazione. Nel caso di specie, la Commissione ha esaminato la questione della continuità tra Alitalia e la CAI ai punti 128‑151 della suddetta decisione. La Commissione ha anzitutto sottolineato, al punto 132 di quest’ultima, che la misura notificata, come modificata dagli impegni assunti dalle autorità italiane, avrebbe dovuto permettere di giungere ad una cessione dei beni del gruppo Alitalia al prezzo di mercato. Essa ha poi verificato se vi fosse una continuità nel godimento del vantaggio concorrenziale creato dal prestito di EUR 300 milioni tra Alitalia e gli acquirenti dei beni oggetto della procedura di vendita.
158 A questo proposito, la Commissione ha sottolineato, al punto 135 della seconda decisione impugnata, in merito all’oggetto della vendita di beni, che questi ultimi non erano stati proposti in blocco nell’ambito dell’invito a manifestare interesse e non corrispondevano dunque a unità economiche omogenee, ciò che avrebbe potuto avere come conseguenza una limitazione della possibilità di scelta dei potenziali acquirenti. Essa ha constatato, al punto 136 della suddetta decisione, che, al contrario, tenuto conto delle manifestazioni d’interesse assai varie corrispondenti a diversi beni, al termine della procedura di vendita dei beni le attività di Alitalia sarebbero state ripartite tra numerosi soggetti e organizzate in modo differente. Pertanto, la Commissione ha concluso, al punto 137 della citata decisione, che, tenuto conto della portata della cessione di beni e della parcellizzazione delle offerte dei potenziali acquirenti, la procedura di vendita attuata dalla Repubblica italiana non comportava una continuità economica tra Alitalia e la CAI.
159 Per quanto riguarda gli azionisti di Alitalia e della CAI, la Commissione ha concluso, al punto 140 della seconda decisione impugnata, che tra di essi non sussisteva identità. Essa ha descritto la CAI come un consorzio di investitori privati diversi dagli azionisti di Alitalia, e ha rilevato che lo scambio di azioni di questi ultimi contro azioni della nuova compagnia era possibile soltanto sulla base di disposizioni legislative in materia di ristrutturazione di imprese nell’ambito della procedura di concordato, le quali non erano applicabili nel caso di specie.
160 La Commissione ha poi constatato, al punto 141 della seconda decisione impugnata, che la CAI avrebbe rilevato soltanto alcuni beni relativi all’attività di Alitalia di trasporto di passeggeri, che la suddetta compagnia perseguiva la propria strategia industriale e che nessun trasferimento automatico dei contratti di lavoro avrebbe avuto luogo tra Alitalia e la CAI. La Commissione ha inoltre rilevato, al punto 142 della suddetta decisione, che la CAI non avrebbe continuato l’attività di Alitalia, dato che le autorità italiane si erano impegnate a fare in modo che al termine dell’iter di vendita di beni la CAI fosse una compagnia aerea rappresentante non più del 69% della capacità di Alitalia in termini di passeggeri trasportati per chilometro, quale calcolata alla data della notifica. Inoltre, come risulta dai punti 13 e 49 della medesima decisione, la vendita dei beni del gruppo Alitalia alla CAI mirava a massimizzare il valore degli attivi di Alitalia prima della sua liquidazione, e ciò nell’interesse dei creditori.
161 Risulta da quanto precede che, contrariamente a quanto la ricorrente sostiene, la Commissione non si è essenzialmente fondata sull’oggetto del trasferimento. Infatti, come risulta dal punto 160 della presente sentenza, la Commissione ha esaminato e convalidato la logica economica dell’operazione. Essa ha inoltre chiarito, per tutto il corso del suo esame, le ragioni per le quali riteneva che non esistesse continuità economica tra Alitalia e la CAI. Pertanto, essa ha concluso, ai punti 130‑132 della seconda decisione impugnata, che nessun vantaggio indebito avrebbe potuto essere trasferito all’acquirente dei beni del gruppo Alitalia, tenuto conto del fatto che erano state adottate tutte le misure affinché la cessione avesse luogo ad un prezzo non inferiore a quello di mercato. Occorre di conseguenza constatare, alla luce delle considerazioni svolte sopra e in conformità alla giurisprudenza citata al punto 155 della presente sentenza, che la Commissione ha effettuato un esame sufficiente e completo e che la ricorrente non ha fornito la prova dell’esistenza di serie difficoltà al riguardo.
162 Pertanto, dato che una presa di posizione della Commissione in merito al momento del trasferimento dei beni non appariva necessaria nella fattispecie, non può addebitarsi alla detta istituzione un difetto di motivazione in ordine a tale punto.
163 Alla luce di quanto sopra esposto, occorre dunque respingere perché infondate le censure formulate nell’ambito del sesto motivo.
Sulle censure formulate nell’ambito del primo motivo, relativo alla mancata apertura di un procedimento d’indagine formale
164 La ricorrente fa valere che la Commissione, non avviando il procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE, ha emesso una decisione incompleta che dovrebbe essere annullata. A questo proposito la ricorrente ritiene che, anche se il periodo dedicato all’indagine preliminare precedente all’adozione della seconda decisione impugnata, intercorso tra il 14 ottobre e il 12 novembre 2008, non era eccezionalmente lungo, la Commissione avrebbe nondimeno potuto scoprire serie difficoltà. Inoltre, nella replica, essa afferma che la fase di esame preliminare, essendo iniziata con l’analisi dei fatti nell’aprile 2008, sarebbe stata quasi quattro volte più lunga della durata massima di due mesi imposta dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 659/1999 per la conclusione di un esame preliminare.
165 La ricorrente fornisce anche un elenco non esaustivo degli errori commessi dalla Commissione, il quale dimostrerebbe che la complessità dell’esame richiesto nella specie giustificava l’apertura del procedimento d’indagine formale.
166 La ricorrente sostiene inoltre che, tenuto conto del contesto politico di tale vicenda, gli impegni assunti dalle autorità italiane, secondo cui la vendita dei beni del gruppo Alitalia sarebbe stata realizzata al prezzo di mercato, erano irrealistici e comunque erano stati imposti troppo tardi nell’iter complessivo, dopo l’irreversibile verificarsi degli eventi cui essi dovevano riferirsi.
167 In primo luogo, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente relativi alla durata della fase di esame preliminare, occorre rilevare che, come evidenziato dalla Commissione, la ricorrente si contraddice nelle proprie memorie difensive. Infatti, mentre nel ricorso introduttivo essa sostiene che la durata di tale fase, inferiore ad un mese, non era eccezionalmente lunga, nella replica afferma che la medesima fase era quasi quattro volte più lunga del tempo massimo di due mesi imposto dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 659/1999.
168 A questo proposito, occorre ricordare che il termine di due mesi prescritto dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 659/1999 per concludere un esame preliminare riguarda il periodo compreso tra la notifica integrale della misura e l’adozione della decisione ai sensi del paragrafo 2, del paragrafo 3 o del paragrafo 4 del suddetto articolo, vale a dire, nella specie, il periodo dal 14 ottobre al 12 novembre 2008. Pertanto, erroneamente la ricorrente tiene conto anche del periodo che precede la data di notifica della procedura di vendita di beni da parte delle autorità italiane, nel corso della quale la Commissione ha avuto contatti con queste ultime, e che è iniziata nell’aprile 2008.
169 Pertanto, occorre concludere, nella fattispecie, che la durata della fase di esame preliminare era inferiore a quella prevista dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 659/1999 ed era dunque assolutamente ragionevole. Di conseguenza, tale durata non è idonea a dimostrare l’esistenza di serie difficoltà che la Commissione potrebbe aver incontrato nell’ambito dell’indagine preliminare, ma rispecchia piuttosto il fatto che l’esame della misura notificata nel caso di specie non sollevava alcuna difficoltà particolare (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 1° luglio 2010, M6/Commissione, T‑568/08 e T‑573/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 142).
170 In secondo luogo, è giocoforza rilevare che gli argomenti della ricorrente relativi al carattere irrealistico degli impegni inclusi nella seconda decisione impugnata non possono essere accolti. Infatti, occorre ricordare, in primis, che l’invito a manifestare interesse pubblicato il 23 settembre 2008 stabiliva che i criteri che le offerte dovevano rispettare dovevano essere conformi alle prescrizioni della normativa italiana applicabile e, in particolare, che il prezzo di vendita dei beni non poteva essere inferiore al prezzo di mercato, come determinato da un esperto indipendente. Inoltre, quest’ultimo doveva esaminare le offerte al fine di assicurarsi – tenendo conto principalmente del prezzo proposto e senza riguardo agli altri criteri eventualmente soddisfatti dalle offerte presentate – che il prezzo di vendita dei beni proposto fosse superiore o uguale al prezzo di mercato. In aggiunta, al momento dell’adozione della seconda decisione impugnata, la vendita dei beni non era ancora stata approvata dal comitato di sorveglianza e la decisione finale del commissario straordinario non era ancora stata presa. Quest’ultimo doveva preliminarmente ottenere, conformemente alla procedura di amministrazione straordinaria, l’autorizzazione del comitato di sorveglianza e del ministro responsabile sulla vendita in questione. Pertanto, l’impegno assunto dalle autorità italiane, in virtù del quale il ministro responsabile non doveva interferire nell’azione del commissario straordinario, non è tardivo, tenuto conto dello stadio della procedura.
171 Inoltre, la menzione dei suddetti impegni nella seconda decisione impugnata non può costituire un indizio di serie difficoltà che la Commissione avrebbe incontrato. Infatti, tali impegni dimostrano che la Commissione ha preso le precauzioni necessarie sia per controllare il rispetto degli impegni stessi tramite il fiduciario incaricato del controllo dell’operazione, sia per trarre le conseguenze derivanti dal loro mancato rispetto. Ad ogni modo, gli argomenti della ricorrente relativi al carattere inadeguato degli impegni sono inoperanti, a motivo del fatto che la Commissione si è riservata il diritto di avviare il procedimento d’indagine formale in merito alla misura in questione, in caso di mancato rispetto dei termini della seconda decisione impugnata e, in particolare, degli impegni adottati dalle autorità italiane e sanciti in tale decisione.
172 In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda i dieci errori fatti valere dalla ricorrente, i quali dovrebbero indicare l’esistenza di serie difficoltà, occorre rilevare che essi corrispondono, in realtà, alle censure sollevate nell’ambito del terzo, del quarto e del quinto motivo, alla luce delle quali tali motivi sono stati esaminati. Pertanto, non è necessario esaminare i dieci errori suddetti in modo separato, nell’ambito del presente motivo.
173 Di conseguenza, le censure formulate nell’ambito del primo motivo devono essere respinte perché infondate.
174 Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, è giocoforza constatare che la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di serie difficoltà. Ne consegue che la Commissione non era tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale in merito alla vendita di beni, conformemente alla giurisprudenza citata sopra al punto 80.
c) Sui motivi relativi alla violazione dell’obbligo di motivazione
175 La ricorrente ritiene che la Commissione non abbia seguito la propria «consolidata prassi decisionale» in materia di aiuti di Stato, segnatamente per quanto riguarda l’esame di tutte le caratteristiche pertinenti di una misura e del suo contesto, nonché quello delle opzioni diverse dalla vendita dei beni, alla luce del criterio dell’investitore privato operante nelle normali condizioni di un’economia di mercato. La Commissione aveva quindi un obbligo rafforzato di motivazione. Inoltre, la ricorrente ritiene che la seconda decisione impugnata contenga alcune conclusioni non circostanziate della Commissione, segnatamente in merito all’indipendenza dell’esperto e alla certezza riguardo al fatto che la vendita di beni ha avuto luogo al prezzo di mercato, conclusioni delle quali non sarebbe dato comprendere le ragioni sottostanti.
176 Occorre ricordare che la censura relativa al difetto di motivazione della seconda decisione impugnata per quanto riguarda il mancato esame dell’insieme delle caratteristiche pertinenti della misura notificata e del contesto di quest’ultima coincide con la terza parte del terzo motivo. Del pari, la censura relativa al difetto di motivazione della seconda decisione impugnata per quanto riguarda i metodi di realizzo costituenti opzioni diverse dalla vendita di beni coincide con la seconda parte del quarto motivo. Pertanto, come indicato sopra ai punti 89, 117 e 124, le parti suddette saranno esaminate nell’ambito del presente motivo.
177 Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’articolo 253 CE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo (sentenze della Corte Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit. supra al punto 102, punto 63, e del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, Racc. pag. I‑2481, punto 35).
178 La necessità della motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie e, in particolare, tenendo conto del contenuto dell’atto, della natura dei motivi fatti valere, nonché dell’interesse che i destinatari dell’atto o altri soggetti da questo riguardati direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti dettati dall’articolo 253 CE dev’essere risolta alla luce non solo del tenore letterale dell’atto stesso, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze della Corte del 14 febbraio 1990, Delacre e a./Commissione, C‑350/88, Racc. pag. I‑395, punto 16, e Francia/Commissione, cit. supra al punto 177, punto 36).
179 In particolare, la Commissione non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad essa, ma le è sufficiente esporre i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione (v. sentenza Bundesverband deutscher Banken/Commissione, cit. supra al punto 77, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).
180 Ove si tratti, più in particolare, di una decisione della Commissione che dichiara insussistente un aiuto di Stato denunciato da un terzo, l’istituzione suddetta è tenuta ad illustrare in modo adeguato all’autore della denuncia le ragioni per le quali gli elementi di fatto e di diritto addotti in quest’ultima non sono stati sufficienti per dimostrare l’esistenza di un aiuto di Stato. Tuttavia, la Commissione non è tenuta a prendere posizione su elementi che sono manifestamente non pertinenti, privi di significato o chiaramente secondari (v., in tal senso, sentenza Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit. supra al punto 102, punto 64).
181 Va ricordato infatti, per quanto riguarda la natura dell’atto in questione, che la seconda decisione impugnata è stata adottata al termine della fase di esame preliminare degli aiuti istituita dall’articolo 88, paragrafo 3, CE, lo scopo della quale è solamente di consentire alla Commissione di formarsi una prima opinione sulla compatibilità parziale o totale dell’aiuto di cui trattasi, senza che sia avviata la procedura d’indagine formale prevista dal paragrafo 2 del medesimo articolo, la quale è invece diretta a consentire alla Commissione di ottenere una conoscenza completa di tutti i dati relativi all’aiuto suddetto (sentenza della Corte del 22 dicembre 2008, Regie Networks, C‑333/07, Racc. pag. I‑10807, punto 64).
182 Orbene, una decisione di questo tipo, che viene adottata in tempi brevi, deve soltanto esporre le ragioni per le quali la Commissione ritiene che non sussistano serie difficoltà nella valutazione della compatibilità dell’aiuto in questione con il mercato comune (sentenze Matra/Commissione, cit. supra al punto 58, punto 48, e Regie Networks, cit. supra al punto 181, punto 65).
183 Nel caso di specie, per quanto riguarda il contesto e le circostanze in cui la seconda decisione impugnata è stata adottata, risulta dall’esame della prima parte del terzo motivo (v. supra, punti 105 e 110) che la Commissione ha esaminato il ruolo dei vari attori coinvolti nella procedura di amministrazione straordinaria e si è assicurata che la misura, così come notificata, garantisse che la vendita di beni avrebbe avuto luogo al prezzo di mercato. Inoltre, nell’ambito dell’esame della seconda parte del terzo motivo si è altresì giunti alla conclusione che la Commissione non era tenuta ad esaminare i punti privi di pertinenza ai fini della sua valutazione, come le riduzioni di oneri ed altri vantaggi asseritamente concessi dalla normativa italiana alla CAI, per effetto dell’entrata in vigore del decreto‑legge n. 134.
184 Allo stesso modo, risulta dall’esame del quarto motivo che la Commissione, essendosi assicurata che la vendita doveva aver luogo al prezzo di mercato, non era assolutamente tenuta ad esaminare le opzioni diverse dalla procedura di liquidazione giudiziaria.
185 Pertanto, è giocoforza constatare che, alla luce, in particolare, della giurisprudenza citata sopra al punto 179, l’obbligo di motivazione non imponeva alla Commissione di illustrare nella seconda decisione impugnata elementi diversi dai fatti e dalle considerazioni giuridiche aventi importanza essenziale nell’economia della decisione. Una motivazione siffatta è sufficiente per consentire alla ricorrente di conoscere le ragioni a fondamento della seconda decisione impugnata ed al Tribunale di controllarne la legittimità sulla scorta dell’articolo 253 CE.
186 Per quanto riguarda le conclusioni asseritamente non motivate cui la Commissione sarebbe giunta, occorre rilevare che, al punto 39 della seconda decisione impugnata, l’istituzione suddetta ha indicato le ragioni per le quali riteneva che la perizia effettuata conformemente al decreto‑legge n. 134 fosse indipendente. Pertanto, la censura formulata dalla ricorrente relativa ad un difetto di motivazione della seconda decisione impugnata per quanto riguarda la presenza di alcuni azionisti della banca incaricata come esperto anche nel capitale della CAI non può essere accolta.
187 Infine, per quanto riguarda l’argomentazione con cui la ricorrente si duole che la Commissione abbia sostenuto, nella seconda decisione impugnata, che il fatto che uno degli azionisti della CAI detenesse anche una partecipazione in una società che era creditrice chirografaria di Alitalia era ininfluente sul prezzo proposto dalla CAI, è sufficiente rilevare che la Commissione non si è fondata su tale considerazione per affermare che il prezzo proposto in tale offerta era conforme al prezzo di mercato, sicché essa non era assolutamente tenuta a fornire elementi a suo sostegno.
188 Alla luce di quanto precede, il presente motivo deve dunque essere respinto. Allo stesso modo devono essere respinte la terza parte del terzo motivo e la seconda parte del quarto motivo.
189 Date tali premesse, la domanda di annullamento della seconda decisione impugnata deve essere interamente respinta, senza che sia necessario adottare le misure di organizzazione del procedimento richieste dalla ricorrente.
E – Sulla domanda di annullamento parziale della prima decisione impugnata
190 La ricorrente mira ad ottenere anche l’annullamento parziale della prima decisione impugnata, nella misura in cui quest’ultima non ordina il recupero dell’aiuto presso gli acquirenti dei beni del gruppo Alitalia e, in modo specifico, presso la CAI, nonché nella misura in cui detta decisione concede alla Repubblica italiana un termine supplementare di quattro mesi per darvi esecuzione e per recuperare il prestito di EUR 300 milioni.
191 La ricorrente fa valere, in sostanza, che la Commissione ha violato il principio di buona amministrazione e l’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999, in quanto ha accordato alla Repubblica italiana quattro mesi supplementari per recuperare da Alitalia il prestito concesso e si è astenuta dall’ordinare la sospensione dell’aiuto ai sensi dell’articolo 11 del regolamento n. 659/1999. Oltre a ciò, la ricorrente sostiene che la Commissione doveva ordinare il recupero dell’aiuto presso la CAI e non presso Alitalia.
192 Occorre rilevare, in via preliminare, che Alitalia‑CAI e la Repubblica italiana, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, ritengono che il ricorso contro la prima decisione impugnata sia irricevibile. A questo proposito, Alitalia‑CAI fa valere essenzialmente che la ricorrente non ha interesse ad agire contro la prima decisione impugnata. Quanto alla Repubblica italiana, essa sostiene che la ricorrente non è individualmente riguardata dalla suddetta decisione.
193 Conformemente alla giurisprudenza citata sopra al punto 56, occorre esaminare d’ufficio la ricevibilità del ricorso, a norma dell’articolo 113 del regolamento di procedura.
194 Per quanto riguarda, in primo luogo, il pregiudizio individuale derivante alla ricorrente dalla prima decisione impugnata, occorre ricordare che, nel settore del controllo degli aiuti di Stato, una decisione che conclude un procedimento ex articolo 88, paragrafo 2, CE riguarda individualmente le imprese che hanno presentato la denuncia all’origine di tale procedimento e che hanno avuto modo di presentare le proprie osservazioni, le quali hanno influito sul corso del procedimento, purché la posizione di tali imprese sul mercato subisca un sostanziale pregiudizio per effetto della misura di aiuto costituente l’oggetto di detta decisione. Da ciò non consegue però che un’impresa non possa dimostrare per altra via, mediante riferimento a circostanze specifiche che la individualizzano in modo analogo al destinatario, che essa è individualmente riguardata (sentenza del Tribunale del 15 settembre 1998, BP Chemicals/Commissione, T‑11/95, Racc. pag. II‑3235, punto 72).
195 Nel caso di specie la ricorrente fa valere, da un lato, che essa ha presentato denunce ed osservazioni durante la procedura d’indagine che ha condotto all’adozione della prima decisione impugnata e, dall’altro, che la sua posizione sul mercato sarebbe stata sostanzialmente pregiudicata dalla concessione del prestito nonché dalla prima decisione impugnata, nella misura in cui, in tale decisione, la Commissione ha concesso alle autorità italiane quattro mesi per il recupero del prestito medesimo. La ricorrente fa inoltre riferimento alla denuncia del 29 aprile 2008 indirizzata alla Commissione, in cui essa sosteneva che il prestito continuava a penalizzarla rispetto ad Alitalia, impedendo la sua espansione sul mercato nazionale italiano e sui collegamenti in partenza dall’Italia, e che essa subiva una perdita in termini di numero di passeggeri e di introiti a motivo delle tariffe sottocosto che Alitalia era in grado di offrire a seguito della concessione del prestito. Infine, la ricorrente sostiene che il suo interesse a vedere la decisione parzialmente annullata è di prevenire il futuro verificarsi di analoghe infrazioni da parte della Commissione.
196 Occorre rilevare, anzitutto, che la ricorrente ha svolto un ruolo attivo nella procedura che ha preceduto l’adozione della prima decisione impugnata, mediante la presentazione di denunce che segnalavano la concessione del prestito ad Alitalia e la sua successiva conversione in capitale proprio, le quali hanno dato origine all’indagine della Commissione, e che essa ha avuto modo di svolgere le proprie osservazioni nell’ambito del procedimento d’indagine formale. Inoltre, le osservazioni presentate dalla ricorrente hanno influito sullo svolgimento del procedimento relativo al prestito suddetto, tenuto conto del fatto che la Commissione ha adottato una decisione con cui ha dichiarato che tale prestito costituiva un aiuto illegittimo e incompatibile con il mercato comune e che esso doveva essere recuperato presso il suo beneficiario.
197 Tuttavia, occorre constatare come la ricorrente non abbia dimostrato che il fatto di ordinare il recupero immediato dell’aiuto presso Alitalia, e non presso la CAI, abbia avuto come effetto di pregiudicare in modo sostanziale la sua posizione concorrenziale. Del pari, la ricorrente non ha dimostrato che il termine concesso dalla Commissione alla Repubblica italiana, che avrebbe a suo dire permesso di eludere l’obbligo di recupero in capo al beneficiario dell’aiuto, pregiudichi i suoi interessi. Infine, la ricorrente non ha neppure dimostrato in quale misura il fatto di non aver ordinato la sospensione dell’aiuto, che avrebbe avuto la conseguenza di permettere ad Alitalia di convertirlo in capitale proprio, l’avrebbe pregiudicata.
198 Ne deriva che la ricorrente non ha dimostrato di essere individualmente riguardata dalla prima decisione impugnata.
199 Orbene, occorre ricordare che le condizioni di ricevibilità di un ricorso sono cumulative. Pertanto, senza che sia necessario esaminare l’interesse ad agire della ricorrente, occorre dichiarare il ricorso irricevibile, nella parte in cui mira all’annullamento della prima decisione impugnata, per difetto di un pregiudizio individuale (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 18 dicembre 2003, Olivieri/Commissione e EMEA, T‑326/99, Racc. pag. II‑6053, punto 66).
Sulle spese
200 Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Inoltre, a norma dell’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, del medesimo regolamento, gli Stati membri intervenuti nella controversia sopportano le proprie spese.
201 Nella specie, essendo rimasta soccombente nelle domande proposte, la ricorrente deve essere condannata a sopportare le proprie spese, nonché quelle della Commissione e di Alitalia‑CAI.
202 Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 4, del regolamento di procedura, la Repubblica italiana sopporterà le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Ryanair Ltd è condannata a sopportare le proprie spese, nonché quelle della Commissione europea e di Alitalia – Compagnia Aerea Italiana SpA.
3) La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese.
Papasavvas |
Vadapalas |
O’Higgins |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il .
Firme
Indice
Fatti all’origine della controversia
A – Procedimento amministrativo
B – Decisione di apertura del procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE
C – Decisioni impugnate
1. Decisione riguardante il prestito concesso ad Alitalia
2. Decisione riguardante la vendita di beni di Alitalia
Procedimento
Conclusioni delle parti
In diritto
D – Sulla domanda di annullamento della seconda decisione impugnata
1. Sulla ricevibilità
2. Sull’oggetto del controllo del Tribunale
3. Nel merito
a) Sul secondo motivo, relativo al difetto di competenza della Commissione ad adottare una decisione condizionale a seguito di un esame preliminare
b) Sui motivi relativi alla violazione dell’obbligo di avviare il procedimento d’indagine formale
Sulle censure formulate nell’ambito del terzo motivo, riguardante il mancato esame, da parte della Commissione, di tutte le caratteristiche pertinenti delle misure nel loro contesto
Sulle censure formulate nell’ambito del quarto motivo, relativo al mancato esame di opzioni diverse dalla vendita dei beni del gruppo Alitalia
Sulle censure formulate nell’ambito del quinto motivo, relativo alla mancata applicazione alla vendita di beni del criterio dell’investitore privato operante nelle normali condizioni di un’economia di mercato
– Sulle censure formulate nell’ambito della prima e della quinta parte del quinto motivo
– Sulle censure formulate nell’ambito della seconda parte del quinto motivo
– Sulle censure formulate nell’ambito della terza e della quarta parte del quinto motivo
Sulle censure formulate nell’ambito del sesto motivo, relativo ad un errore nell’individuazione della parte tenuta a rimborsare l’aiuto
Sulle censure formulate nell’ambito del primo motivo, relativo alla mancata apertura di un procedimento d’indagine formale
c) Sui motivi relativi alla violazione dell’obbligo di motivazione
E – Sulla domanda di annullamento parziale della prima decisione impugnata
Sulle spese
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Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza