Il debitore che non ha opposto il decreto ingiuntivo, fino a quando può fare valere dinanzi al giudice dell’esecuzione la eventuale vessatorietà della clausola?
In materia di esecuzione forzata, l’eventuale abusività delle clausole contenute nel contratto stipulato tra il professionista e il consumatore deve poter essere rilevata anche d’ufficio dal giudice dell’esecuzione, qualora l’esecuzione risulti fondata su un decreto ingiuntivo non opposto e il giudice monitorio non abbia esaminato le clausole contrattuali per verificarne la loro vessatorietà, ma entro l’avvenuta vendita del bene pignorato, data l’impossibilità di opporre all’aggiudicatario del bene i vizi del processo che non siano stati fatti valere nel corso di esso con il rimedio specifico apprestato dall’ordinamento dell’opposizione agli atti esecutivi.
Questo il principio di diritto stabilito la Corte di Cassazione nella recente sentenza del 20 giugno 2024, la N° 17055, chiamata ad scrutinare una controversia avente ad oggetto un procedimento di esecuzione forzata con titolo un decreto ingiuntivo non opposto e relativo un contratto di incarico a vendere concluso tra uno dei due proprietari dell’immobile e la società creditrice. Lo stesso proprietario procedeva a proporre opposizione agli atti esecutivi e a ciò aderiva l’altro proprietario (coniuge del primo), lamentando come, la sua estraneità al contratto e al decreto ingiuntivo, gli avesse impedito di far valere la natura vessatoria delle clausole contrattuali. Pertanto, il decreto non opposto e passato in giudicato non era a lei opponibile.
La Corte di Cassazione, nel solco del principio di diritto assunto a Sezioni Unite con sentenza N° 9479 del 6 Aprile 2023 [epilogo come notorio preceduto da plurimi rinvii pregiudiziali ex art. 267 TFUE, da parte di più Tribunale di paesi UE, ivi compreso quello italiano, e da successiva sentenza del 17 maggio 2022, con cui al Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione Grande, ha dichiarato contraria ai principi di effettività della tutela giurisdizionale del consumatore, contemplati dagli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE, la mancata possibilità di riesame delle clausole potenzialmente abusive di un contratto, non scrutinate nel corso del procedimento monitorio], interviene ribadendo:
1) da un lato l’inidoneità del decreto ingiuntivo ad assumere la copertura di giudicato, se mancato il controllo del giudice monitorio quanto alla vessatorietà, tale da consentire al consumatore, nella successiva fase esecutiva, una tutela posticipata, idonea nel caso ad invalidare la fase di espropriazione interposta dal creditore; in sede di esecuzione, mediante il controllo effettuato dal giudice dell’esecuzione;
2) la necessità di contemperare il corollario di diritto con i principi di carattere processuale e sostanziale, ivi compresa la necessità di tutelare la circolazione dei beni verso i quali è già avvenuta la vendita in sede di esecuzione forzata. Pertanto, sulla base dell’art. 2929 cc, che rende inopponibili all’aggiudicatario i vizi del processo esecutivo non censurati con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, né le nullità del processo esecutivo che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione, né le nullità del processo esecutivo precedenti l’ordinanza di vendita hanno effetto nei confronti dell’aggiudicatario (Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, Ordinanza N° 17055 del 20 Giugno 2024).
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