Come deve essere motivata la sentenza di appello?
La Corte di Cassazione torna sulla annosa tematica della sentenza di secondo grado limitatasi ad aderire, senza alcun approfondimento, al percorso argomentativo del primo giudice. La problematica assume particolare rilievo nei casi -tutt’altro che infrequenti- in cui l’appellante censura la carenza o la illogica motivazione della sentenza del Tribunale, salvo poi vedersi depositata una statuizione di secondo grado che, senza addentrarsi sui motivi di appello, ratifica il percorso argomentativo della statuizione impugnata.
Da tale censurabile metodica prende le distanze la Corte di Cassazione, chiamata a scrutinare il ricorso di legittimità interposto dal soggetto soccombente nel doppio grado di merito, il quale ha lamentato la inosservanza delle norme che governano l’adempimento contrattuale (artt. 1218, 1223, 1292, 1294 cc) ed il contratto d’opera intellettuale (artt. 2222, 2230 cc), ricondotte alla inosservanza dell’art. 360 cpc N° 3 (violazione o falsa applicazione di norme di diritto). Canoni codicistici rispetto ai quali, come anzidetto, il giudice di appello ha glissato ogni risposta circa la congruità argomentativa della sentenza di primo grado.
Il giudice di legittimità respinge un approccio parametrati ad usuali cliché espositivi (“argomentazioni condivisibili”, etc.”), stabilendo che la sentenza d’appello può essere pure motivata per relationem, qualora il giudice di secondo grado enunci, anche in maniera sintetica, le ragioni volte a confermare la sentenza appellata, dando idoneo scrutinio dei motivi di impugnazione, o comunque della mera simmetria di questioni prospettate in appello, rispetto ai rilievi già esaminati in primo grado. E dunque necessario che, almeno dalla combinata lettura delle sentenze, sia possibile ricavare un percorso argomentativo esaustivo e coerente, imponendosi di contro cassare la sentenza di appello caratterizzata da una acritica adesione alla sentenza di primo grado, senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.
Non è a tal fine sufficiente che la pronuncia rispecchi il minimo costituzionale (la cui eventuale inosservanza è censurabile ai sensi dell’art. 132 N° 4 cpc), perché sussiste per il giudice di appello l’obbligo di scrutinare i profili di doglianza formulati dalla parte appellante (Cassazione Civile, Ordinanza 11 Luglio 2024, N° 19116).
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