La Corte di Legittimità riforma il pronunciamento del Giudice di appello (che a sua volta aveva riformato la prima statuizione), e condanna una primaria compagnia assicurativa a rifondere le spese legali sostenute dal professionista contraente nell’ambito di un procedimento penale conclusosi con decreto di archiviazione. Nello specifico, l’assicurato, esercente la professione di architetto, veniva imputato a vario titolo di truffa e falso, salvo essersi il procedimento conclusosi con l’archiviazione già all’esito delle indagini preliminari. L’Assicurazione denegava l’esborso, richiamando apposita clausola contenuta nel corpo negoziale, a tenore della quale la copertura doveva intendersi esclusa per “fatti dolosi dell’assicurato”. Dopo avere dapprima respinto la doglianza volta a professare la natura vessatoria della clausola ex art. 1341 cc (trattandosi di pattuizione volta a delimitare il rischio garantito, e non a sottrarre l’Assicuratore dagli obblighi convenuti, o comunque a renderne difficoltoso l’esercizio), il Giudice Nomofilattico ritiene che il contratto assicurativo debba essere interpretato, ai sensi degli artt. 1900 e 1917 cc, nel senso di rendere possibile l’esonero di copertura solo se riferito ai fatti “effettivamente commessi”, e pertanto la natura dolosa deve emergere non già nel mero editto accusatorio, bensì nel successivo accertamento giudiziale. Una opposta lettura, per la sua apodittica implicazione, valica i circoscritti limiti del sindacato di legittimità in tema di interpretazione del contratto (riservata al Giudice di merito, salvo appunto la inosservanza delle regole ermeneutiche ovvero la inadeguatezza della parte motiva). Una simile clausola, senza alcun distinguo tra giudizi civili e penali, non può che riferirsi ai fatti commessi dall’assicurato, e non già ai titoli della contestazione accusatoria. La sentenza di merito viene altresì cassata nella parte in cui subordinava la prova della copertura assicurativa al preventivo esborso del contraente. Trattasi per gli Ermellini di lettura che non rinviene alcun conforto nel corpo negoziale, una volta peraltro allegata agli atti la fattura emessa dal difensore dell’assicurato (Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, Ordinanza 8 Agosto 2023, N° 24195).