REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 289 del 2012, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
P. S., rappresentato e difeso dagli avv. G. G., A. C., con domicilio eletto presso Maria Gentile in Roma, via Magliano Sabina 24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO :SEZIONE II n. 01215/2011, resa tra le parti, concernente trasferimento d’autorità
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di P. S.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati P. G. in sostituzione di G. G. e Vittorio Cesaroni (avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame, il Ministero della Difesa impugna la sentenza 30 agosto 2011 n. 1215, con la quale il TAR per la Calabria, sez. II, in accoglimento del ricorso proposto dal maresciallo ord. P. S., ha annullato il provvedimento 14 dicembre 2010, adottato dal Comandante della Legione Carabinieri Calabria, di trasferimento d’autorità del ricorrente.
Il provvedimento di trasferimento, adottato sulla base di una proposta formulata in data 13 maggio 2010 dal Comando provinciale di Cosenza, indica, quali presupposti per la sua emanazione – come evidenziato nella sentenza appellata (v. pagg. 5 – 8, con indicazione di singoli episodi) – una pluralità di profili riconducibili al mar. S., quali “carenze nei rapporti con le autorità locali, nel governo del personale, nella gestione della corrispondenza, nella tenuta della caserma e dei materiali”, così generando un clima di minore serenità all’interno del reparto.
La sentenza appellata afferma:
– “il trasferimento è stato disposto sulla base di presupposti eterogenei, di talchè non risulta chiaro in funzione di quali interessi pubblici è stato emanato il relativo provvedimento”;
– pur precisato che “i provvedimenti di trasferimento d’autorità sono qualificabili come ordini”, e che “le esigenze di servizio, sulla cui base viene adottato il provvedimento di trasferimento di un militare, non vanno ricondotte esclusivamente a necessità organiche o a impegni tecnico-operativi, bensì a tutti quei motivi di opportunità che possano oggettivamente compromettere l’ordinato svolgimento dei compiti istituzionali”, nondimeno ciò non implica “la sostanziale irrilevanza della motivazione” dovendosi “individuare con precisione ed esattezza la tipologia del potere esercitato e, quindi, gli interessi pubblici in funzione dei quali il provvedimento è stato adottato”;
– nel caso di specie, “il provvedimento risulta adottato in relazione a fatti eterogenei dal punto di vista della rilevanza giuridica e che non appaiono riconducibili ad un nucleo unitario di interessi pubblici”; né peraltro alcuni di essi, aventi “esclusivo rilievo disciplinare . . . potrebbero di per se stessi supportare un provvedimento di carattere lato sensu organizzativo”.
Avverso tale sentenza, vengono proposti i seguenti motivi di impugnazione:
error in iudicando, poiché risulta nella specie “del tutto corretto e legittimo l’operato dell’amministrazione della Difesa”. Infatti, “il trasferimento d’autorità per incompatibilità ambientale costituisce espressione del potere organizzatorio dell’amministrazione, ampiamente discrezionale e finalizzato al ripristino del corretto e sereno funzionamento dell’ufficio, con la finalità di restituire allo stesso il prestigio, l’autorevolezza o l’immagine perduti ed in quanto tale è sindacabile dal giudice solo sotto il profilo della logicità e completezza della motivazione”, escludendosi ogni indagine di merito.
Secondo l’amministrazione appellante, nel caso di specie, la proposta di trasferimento “pur riferendo elementi e circostanze eterogenee tra esse, aveva all’evidenza lo scopo di illustrare nella loro complessità le situazioni di incompatibilità ambientale, esterna ed interna, scaturite dai riflessi negativi determinati da comportamenti ed iniziative esclusivamente addebitabili al maresciallo Sensibile”. Da ciò consegue che “l’unico interesse pubblico che poteva essere sotteso all’emanazione dell’ordine di trasferimento era e rimane quello dettato da motivi di opportunità connessi a concreti eventi ed a situazioni di incompatibilità ambientale”.
Si è costituito in giudizio l’appellato mar. P. S., che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
All’odierna udienza in Camera di consiglio, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 60 Cpa, ha trattenuto la causa in decisione per il merito.
DIRITTO
L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata e rigetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.
Questo Consiglio di Stato, con considerazioni che devono essere riconfermate nella presente sede, ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2010 n. 8018), che i provvedimenti di trasferimento d’autorità (ivi compresi quelli assunti per ragioni di incompatibilità ambientale) sono qualificabili come ordini, rispetto ai quali l’interesse del militare a prestare servizio in una sede piuttosto che in un’altra assume, di norma, una rilevanza di mero fatto, che non abbisogna di una particolare motivazione né di particolari garanzie di partecipazione preventiva, quale è quella di cui all’articolo 7 della legge n. 241/1990 (Cons. Stato, sez. IV, 25 giugno 2010 , n. 4102; 21 maggio 2010 , n. 3227; 24 aprile 2009, n. 2642; 26 novembre 2001 n. 5950).
Si è anche precisato (Cons. Stato, sez. IV, 13 maggio 2010 n. 2929) che “i provvedimenti di trasferimento dei militari, rientrando nel genus degli ordini, sono sottratti alla disciplina generale sul procedimento amministrativo dettata dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e, pertanto, non necessitano di particolare motivazione, in quanto l’interesse pubblico al rispetto della disciplina ed allo svolgimento del servizio è prevalente su altri eventuali interessi del subordinato”.
Fermo quanto ora esposto, questo Consiglio di Stato ha anche affermato (sez. IV, n. 8018/2010 cit.), che “questi consolidati principi – seppur con le estreme cautele e le ricordate specificità dell’ordinamento militare connotato istituzionalmente e necessariamente da un forte sentimento di disciplina – debbano correlarsi all’affermazione, di fonte costituzionale (art. 52, comma 3, Cost. ), che l’ordinamento militare, per quanto caratterizzato per sua natura, come detto, da uno speciale rapporto di gerarchia e da marcato obbligo di obbedienza, si conforma anch’esso “allo spirito democratico della Repubblica”, con conseguente necessità, anche per l’amministrazione della difesa, di osservare, in relazione a fasi di organizzazione e gestione del personale che non si differenzino, per procedimento e finalità, da quelli del restante pubblico impiego, dai principi e criteri che segnano il modo d’essere di tutti i rapporti tra Stato – apparato e cittadini, essenziali per la stessa concezione di uno Stato democratico . . .Tutto ciò significa che l’ordinamento militare non è ex se e per posizione istituzionale caratterizzato da una posizione di separatezza ed isolamento e sottratto, come tale, ai principi ed alle regole dell’ordinamento repubblicano, né esso è, pertanto, impermeabile al sindacato del Giudice.
Quest’ultimo, tuttavia dovrà svolgersi tenendo conto delle rilevate peculiarità, tra le quali, come detto, la non sussistenza, di norma, di un interesse particolarmente tutelato alla sede di servizio del militare; sicché, ove non vi siano, a monte del trasferimento, ragioni discriminatorie o vessatorie o macroscopicamente incongrue od illogiche, data l’ampia discrezionalità dell’amministrazione, prevale l’interesse pubblico che presiede ai provvedimenti di utilizzazione del personale nella organizzazione delle particolari strutture logistiche, operative e di comando che caratterizzano il complesso funzionamento delle Forze Armate e di Polizia (Consiglio di Stato, sez. IV, 10 giugno 2010 , n. 3695 )”.
Orbene, nel caso di specie, l’amministrazione (Comandante della Legione Carabinieri Calabria) ha adottato il provvedimento di trasferimento d’autorità sulla base di una pluralità di elementi che, lungi dall’evidenziare – come afferma la sentenza appellata – la presenza di “presupposti eterogenei”, di modo che non risulterebbe “chiaro in funzione di quali interessi pubblici è stato emanato il relativo provvedimento”, per un verso, supportano ampiamente le ragioni per le quali il provvedimento medesimo viene assunto; per altro verso, non presentano aspetti di illogicità tali da inficiare il provvedimento medesimo sul piano della legittimità.
Né compete al giudice amministrativo, come si è già affermato, sindacare le scelte compiute dall’amministrazione militare – in esercizio di ampia discrezionalità – al fine di adottare il provvedimento di trasferimento, attenendo ciò al merito amministrativo e dovendosi il giudice limitare a verificare che non vi siano eventuali ragioni discriminatorie o vessatorie o macroscopicamente incongrue od illogiche, data l’ampia discrezionalità dell’amministrazione.
Episodi quali quelli rappresentati (e riportati anche dalla sentenza appellata), consistenti, tra l’altro, in segnalazioni relative ad un clima di minore serenità nel reparto, in una gestione non corretta del personale, nella mancata partecipazione a importanti cerimonie pubbliche, nonché nell’assunzione della consorte del maresciallo presso un’amministrazione comunale ricadente nel territorio di competenza della medesima Stazione CC, pur tenuto conto delle controdeduzioni dell’appellato, costituiscono tutti elementi che – in quanto utilizzati per supportare un provvedimento di trasferimento d’autorità – non manifestano alcuna incongruenza logica tra presupposti e misura concretamente adottata.
Tali elementi, peraltro, evidenziano nel loro complesso una situazione di incompatibilità ambientale che l’amministrazione – a tutela dell’interesse pubblico al prestigio dell’immagine dell’Arma e dell’effettività e corretta percezione di imparzialità e buon andamento dell’azione della stessa – ha inteso risolvere per il tramite dell’adozione del provvedimento impugnato.
Proprio in virtù di tali considerazioni, non assumono rilevanza le precisazioni svolte dall’appellato, tra l’altro in ordine all’esatta qualificazione del rapporto di lavoro della consorte, ovvero alla rilevanza della mancata partecipazione alla commemorazione del 4 novembre.
Per tutte le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata e rigetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Difesa (n. 289/2012 r.g.), lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso instaurativo del giudizio di I grado.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza