Correzione elaborati esame d’avvocato: sindacabile la bocciatura fondata sul mero voto numerico negativo dalla Commissione esaminatrice, ma solo se il modus operandi è espressamente contestato dal candidato, con il necessario supporto di un parere pro veritate.

Il TAR Lombardia chiarisce l’esatto rapporto tra discrezionalità tecnica della commissione esaminatrice e sindacato giurisdizionale dei risultati negativi: il voto numerico, seppure astrattamente idoneo a palesare il convincimento di chi corregge l’elaborato, non può legittimare l’insindacabilità delle scelte operate dalla Pubblica Amministrazione, in evidente compressione del diritto di difesa dei subiecti. In tale ambito non è precluso al Giudice amministrativo il vaglio dei risultati espressi dalla commissione, se i motivi sono espressamente addotti  dalla parte ricorrente e si giustifichi, prima facie, un più incisivo sindacato. Il sovvertimento dell’operato   della commissione di esame per l’abilitazione alla professione di avvocato, in ossequio ai corollari che governano il regime probatorio nel processo amministrativo (art. 64 D. Lgs N° 10  – 2010), impone che la prova di un erroneo convincimento passi ineludibilmente attraverso la redazione di un parere pro veritate. Simili elaborati -che peraltro non possono giustificare ex se l’accoglimento del gravame, imponendosi ulteriori elementi di corredo- impongono ossequiare due condizioni, una esterna e una interna. La prima assume carattere negativo: è necessario che gli elaborati giudicati insufficienti non presentino difetti talmente gravi da minare in nuce ogni approccio difensivo. La seconda condizione riguarda, di contro, la qualità intrinseca dei pareri, da considerati attendibili solo se equilibrati  e non reticenti su eventuali punti deboli degli scritti del candidato. Solo in presenza dei presupposti anzidetti può per l’effetto giustificarsi il ricorso allo strumento della verificazione, da parte dell’Organo di Giustizia amministrativa (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. IIª, 9 Novembre 2012, N° 1781.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cpa;
sul ricorso numero di registro generale 860 del 2012, proposto da:
G. P., rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Asaro, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Moretto 31;

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Brescia, via S. Caterina 6;

nei confronti di

COMMISSIONE CENTRALE PER L’ESAME DI STATO PER L’ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE FORENSE SESSIONE 2011, non costituitasi in giudizio;
TERZA SOTTOCOMMISSIONE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI, non costituitasi in giudizio;

per l’annullamento

– del verbale di data 23 marzo 2012, con il quale è stata decisa la non ammissione del ricorrente alla prova orale degli esami di abilitazione alla professione di avvocato (sessione 2011);

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cpa;

Considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Nel dicembre 2011 il ricorrente G. P. ha sostenuto le prove scritte dell’esame di Stato relativo all’abilitazione alla professione di avvocato (sessione 2011).

2. Con verbale del 23 marzo 2012 la Terza Sottocommissione istituita presso la Corte d’Appello di Cagliari ha deciso la non ammissione del ricorrente alla prova orale avendo attribuito allo stesso un punteggio complessivo pari a 82 punti (30 per il parere di diritto civile, 25 per il parere di diritto penale, e 27 per l’atto giudiziario in materia penale). Non è stata infatti raggiunta la soglia di sufficienza prevista dall’art. 17-bis del RD 22 gennaio 1934 n. 37.

3. La valutazione di ciascuna prova è espressa esclusivamente tramite voto numerico. Non solo non è stata redatta una motivazione a chiarimento del voto ma non sono rilevabili sugli elaborati del ricorrente neppure segni di correzione o glosse.

4. Contro i giudizi negativi sulla seconda e sulla terza prova scritta il ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato e depositato il 6 luglio 2012. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) difetto assoluto di motivazione e inidonea verbalizzazione delle operazioni di correzione; (ii) inattendibilità del risultato negativo. Sotto il primo profilo il ricorrente afferma che la mancanza di una motivazione espressa trasformerebbe il giudizio sulle prove scritte in una sorta di “verdetto oracolare”, come tale di fatto insindacabile. Sotto il secondo profilo il ricorrente allega a sostegno della propria tesi tre pareri pro veritate di altrettanti avvocati (avv. F. A., avv. A. Z., avv. A. V.), i quali valutano gli elaborati della seconda e della terza prova scritta ampiamente al di sopra della sufficienza. In particolare il terzo parere ipotizza come congrua per entrambe le prove una votazione compresa tra 31 e 33.

5. Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

6. Questo TAR, con ordinanza cautelare n. 369 del 1 agosto 2012, ha accolto provvisoriamente la domanda cautelare, disponendo una verificazione per stabilire se la Terza Sottocommissione istituita presso la Corte d’Appello di Cagliari abbia correttamente esercitato la propria discrezionalità tecnica.

7. Alla decisione di esperire siffatto incombente istruttorio l’ordinanza è giunta sulla scorta del percorso logico-giuridico che è esposto al capo 4 della sua parte motiva e che vale la pena di riproporre qui secondo il seguente quadro sintetico e riorganizzato:

(i) pur prevalendo attualmente in giurisprudenza l’indirizzo che considera il voto numerico pienamente idoneo a esternare il convincimento della commissione d’esame (v. CS Sez. IV 16 aprile 2012 n. 2166; TAR Napoli Sez. VIII 3 luglio 2012 n. 3144), non possono essere trascurate le esigenze di protezione contro il cattivo uso della discrezionalità tecnica (v. TAR Milano Sez. III 21 maggio 2012 n. 1381). Diversamente l’utilizzo del voto numerico si trasformerebbe in una garanzia di insindacabilità per l’amministrazione e in una corrispettiva ingiustificabile compressione del diritto di difesa per gli interessati;

(ii) la verifica del concreto esercizio della discrezionalità tecnica riconosciuta in materia non può essere svolta dal giudice amministrativo in modo automatico, ma solo quando gli argomenti portati dalla parte ricorrente siano tali da giustificare un simile approfondimento: se quindi le prove scritte fossero palesemente inadeguate non si procederebbe oltre;

(iii) nello specifico, il ricorrente ha prodotto tre pareri di specialisti della materia che contengono considerazioni apparentemente idonee a collocare il valore degli elaborati in prossimità o al di sopra della soglia di sufficienza;

(iv) per stabilire se la discrezionalità tecnica sia stata correttamente esercitata dalla commissione d’esame il voto numerico deve quindi essere comparato con il giudizio analitico espresso da soggetti altrettanto qualificati;

(v) pertanto deve essere disposta una verificazione per stabilire se il giudizio degli specialisti di parte possa essere preso come parametro per valutare la congruità del voto numerico.

8. Pertanto, con la suddetta ordinanza il TAR – circoscrivendo la propria ricerca ai soggetti coinvolti nella gestione del medesimo esame di Stato in un diverso ambito territoriale – ha affidato alla Prima Sottocommissione istituita presso la Corte d’Appello di Milano il compito di effettuare tempestivamente la valutazione dei due elaborati ritenuti insufficienti dalla Terza Sottocommissione istituita presso la Corte d’Appello di Cagliari. In particolare, il TAR ha chiesto un giudizio analitico ma anche corredato di un’espressione sintetica in forma numerica.

9. La Sottocommissione incaricata della verificazione si è riunita in data 21 settembre 2012 e ha espresso un giudizio di ampia sufficienza su entrambi gli elaborati. Più in dettaglio:

(a) relativamente al parere di diritto penale: “Voto numerico: 32 – Valutazione analitica: La Commissione ritiene che l’esposizione letterale e sintattica del candidato sia del tutto corretta e che l’articolazione delle espressioni giuridiche sia appropriata e puntuale. Il candidato ha saputo cogliere puntualmente e chiaramente le problematiche e gli istituti giuridici indotti dalla traccia, con particolare riferimento alla distinzione tra il momento consumativo del reato e il decorso del termine per proporre querela, mostrando contestualmente buona capacità di risolvere la questione affrontata. Lo svolgimento è coerente con la traccia assegnata, ben argomentato nella sua struttura che dimostra una adeguata padronanza del linguaggio giuridico”;

(b) relativamente all’atto giudiziario in materia penale: “Voto numerico: 32 – Valutazione analitica: Analogamente al parere, l’atto di appello appare formalmente e processualmente corretto nonché adeguato per ortografia e sintassi. L’atto si presenta strutturato in modo chiaro e completo e si caratterizza per rigore logico e capacità di argomentazione. In particolare il candidato, mediante opportuni richiami giurisprudenziali nonché formulando adeguate prospettazioni subordinate, ha dimostrato concreta capacità di affrontare e risolvere il problema giuridico prospettato nonché buona attitudine difensiva mediante l’uso corretto delle tecniche di persuasione”.

10. Il verbale con il risultato della verificazione è stato depositato presso la segreteria del TAR in data 1 ottobre 2012.

11. L’ordinanza n. 369/2012 è stata impugnata dall’amministrazione. Il relativo ricorso è stato trattato dal Consiglio di Stato Sezione IV nella camera di consiglio del 2 ottobre 2012. All’esito, con ordinanza n. 3967 del 3 ottobre 2012, il giudice di appello ha revocato la verificazione, da un lato ritenendo l’ordinanza di primo grado non istruttoria ma decisoria (in quanto integralmente satisfattiva per il ricorrente) e dall’altro richiamando la consolidata giurisprudenza che considera sufficiente l’espressione numerica del giudizio sulle prove scritte dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato.

12. Così riassunta la vicenda, si possono svolgere le considerazioni che seguono.

Sull’utilizzabilità dello strumento della verificazione

13. La stessa Corte Costituzionale, nella nota sentenza 8 giugno 2011 n. 175 in cui afferma espressamente che il giudizio numerico rappresenta una motivazione adeguata (in quanto la graduazione del dato numerico rende palese l’apprezzamento più o meno ampio che la commissione d’esame ha attribuito al singolo elaborato), si preoccupa, tuttavia, di tenere distinto il problema della sufficienza del voto numerico da quello della sindacabilità del giudizio espresso in forma numerica, specificando che il giudice amministrativo può sindacare il punteggio “nei casi in cui sussistano elementi in grado di porre in evidenza vizi logici, errori di fatto o profili di contraddizione ictu oculi rilevabili”.

14. La ricerca di errori di fatto nel giudizio della commissione d’esame è coerente con la natura sostanziale dell’interesse legittimo ormai riconosciuta dalla giurisprudenza (v. CS Ap 23 marzo 2011 n. 3, punto 3.1). Se l’interesse legittimo è una dimensione del bene della vita che il privato cerca di ottenere o di difendere quando entra in contatto con l’amministrazione, non vi sono ragioni per non estendere l’analisi svolta in sede processuale agli errori di fatto commessi dall’amministrazione nell’attività provvedimentale o valutativa che nega o sacrifica il suddetto bene. In questo modo anche nella giurisdizione di legittimità l’attenzione si sposta sul rapporto, ossia sulle condizioni che permettono al privato il conseguimento o la difesa del bene della vita al quale si collega il proprio interesse. Nello specifico, poiché il bene che il ricorrente intende conseguire è l’ammissione alla prova orale, in vista dell’ottenimento dell’abilitazione alla professione di avvocato, è necessario stabilire se l’ostacolo frapposto dall’amministrazione (il giudizio negativo) sia fondato sulla corretta lettura dei dati di fatto, ossia degli elaborati delle prove scritte.

15. In questo modo non viene modificata la tradizionale impostazione secondo cui il giudice amministrativo esercita sulla discrezionalità tecnica un sindacato debole. Fermo restando che né la parte ricorrente né il giudice amministrativo possono sostituire i propri apprezzamenti di merito a quelli della commissione d’esame, la differenza tra un sindacato debole e un sindacato meramente formale passa per i mezzi di prova che vengono impiegati. In effetti, proprio la consapevolezza che il processo amministrativo nella sua evoluzione è ormai focalizzato sul rapporto, e dunque sul fatto, impone di intendere estensivamente i poteri istruttori e di farne un uso adeguato alle caratteristiche della controversia (v. CS Sez. III 23 febbraio 2012 n. 1069).

16. I pareri pro veritate costituiscono elementi di prova attraverso i quali la parte ricorrente adempie all’onere imposto dall’art. 64 comma 1 cpa (v. TAR Lecce Sez. I 25 luglio 2012 n. 1354). Come tali, i suddetti pareri non soltanto sono ammissibili ma si devono ritenere indispensabili, nella generalità dei casi, ai fini dell’esito del ricorso. Naturalmente, essendo di norma contestati dall’amministrazione, non possono da soli essere posti a fondamento della pronuncia, tuttavia, assieme al resto delle argomentazioni inserite nel ricorso, rappresentano una base sufficiente per stabilire se vi sia spazio per ulteriori approfondimenti.

17. Affinché i pareri pro veritate acquistino rilievo sono necessarie due condizioni, una esterna e una interna. La prima è una condizione negativa: è necessario che gli elaborati giudicati insufficienti non presentino lacune o difetti talmente gravi ed evidenti da frustrare immediatamente ogni sforzo difensivo. La seconda condizione riguarda invece la qualità intrinseca dei pareri, che possono essere considerati credibili solo se si presentano equilibrati, completi e non reticenti su eventuali punti deboli degli scritti del candidato.

18. Una volta accertate le predette condizioni, sussiste il presupposto per utilizzare lo strumento della verificazione, in quanto vi sono convergenti elementi che fanno ritenere verosimile o almeno possibile un errore della commissione d’esame. La verificazione, affidata a soggetti altrettanto qualificati come sono certamente i componenti di una diversa commissione istituita per il medesimo esame, garantisce sia la parte ricorrente sia la parte resistente, in quanto consente di osservare a un livello più approfondito e in piena trasparenza il contenuto dei singoli elaborati. Per converso, senza la verificazione una decisione favorevole alla parte ricorrente non sarebbe possibile per mancato raggiungimento della prova, ma in una situazione di non liquet la reiezione del ricorso a causa del diniego dei mezzi istruttori a disposizione del giudice equivarrebbe a un esercizio incompleto della giurisdizione.

Sull’utilizzabilità della verificazione disposta con l’ordinanza n. 369/2012

19. Come si è visto sopra al punto 11, il Consiglio di Stato pronunciandosi sull’appello contro l’ordinanza di questo TAR n. 369/2012 ha revocato la verificazione. La revoca (3 ottobre 2012) è però intervenuta quando l’adempimento istruttorio era già stato espletato (21 settembre 2012) e acquisito al fascicolo di causa (1 ottobre 2012).

20. Poiché la verificazione ha raggiunto il suo scopo ed è entrata a far parte degli elementi di causa prima della decisione di revoca, è possibile applicare analogicamente il principio di conservazione di cui all’art. 156 comma 3 cpc. Dunque il contenuto della verificazione non può essere cancellato retroattivamente.

21. In ogni caso, la revoca della verificazione è stata disposta dal giudice di appello solo in sede cautelare, e dunque non condiziona la decisione di merito del giudice di primo grado, nella quale ogni singolo elemento acquisito precedentemente nel corso del processo può e deve essere nuovamente esaminato e qualificato. La cognizione piena propria della fase di merito non può essere condizionata o limitata da pronunce cautelari incidenti sui mezzi istruttori, non solo perché il giudicato cautelare è cedevole rispetto a quello del merito, ma anche perché l’istruttoria, ferme le eventuali preclusioni codificate, è sempre nella disponibilità del giudice finché la causa non è ritenuta matura per la decisione. In definitiva, non è la pronuncia cautelare resa in appello che può porre nel nulla l’esito di un mezzo istruttorio, nello specifico già acquisito al fascicolo di primo grado. Nella prospettiva del merito la verificazione espletata e acquisita agli atti di causa prima della pronuncia cautelare di revoca deve ritenersi del tutto ammissibile, in quanto apporta un contributo conoscitivo rilevante, la cui inclusione tra i materiali processuali appare, per le ragioni sopra esposte, utile e necessaria ai fini della decisione del merito della controversia.

Sulla presenza di un errore di valutazione nel giudizio della Terza Sottocommissione istituita presso la Corte d’Appello di Cagliari

22. Riprendendo quanto esposto sopra al punto 17 sulle condizioni necessarie per procedere alla verificazione e facendone applicazione al caso concreto, si osserva innanzitutto che gli elaborati del ricorrente soddisfano già a una prima lettura alcuni dei parametri stabiliti dalla Commissione Centrale per l’esame di Stato nella direttiva del 5 dicembre 2011. Si possono infatti riconoscere sia la correttezza sia la chiarezza dell’esposizione, e anche la coerenza con gli argomenti esposti nelle tracce.

23. I pareri pro veritate scavano più a fondo nel contenuto degli elaborati, evidenziando con riferimenti oggettivi la corretta trattazione dei singoli istituti giuridici (nel parere di diritto penale: qualificazione dell’ipotesi di reato, analisi della fattispecie concreta, individuazione di un’aggravante, profili civilistici, elemento psicologico, momento consumativo, procedibilità; nell’atto giudiziario in materia penale: intestazione dell’atto di appello, individuazione delle ipotesi di reato, circostanze attenuanti, sottoposizione al giudice di più ipotesi graduate, formulazione della procura speciale). Non mancano (in particolare nel terzo parere pro veritate) alcuni rilievi critici, e precisamente da un lato sulla possibilità di approfondire maggiormente l’ostacolo costituito dal decorso di un lungo intervallo di tempo prima della proposizione della querela, e dall’altro sulla possibilità di articolare più chiaramente le conclusioni. Nel complesso queste osservazioni non contraddicono però il giudizio positivo sugli elaborati ma confermano piuttosto lo sforzo dei consulenti di parte di fornire un’analisi precisa e un giudizio equilibrato.

24. La Sottocommissione incaricata della verificazione ha sostanzialmente replicato, come si è visto sopra al punto 9, il giudizio dei consulenti di parte riconoscendo la buona qualità degli elaborati del ricorrente e il superamento della soglia esigibile per l’ammissione alla prova orale. L’imparzialità della Sottocommissione è una garanzia di affidabilità delle conclusioni a cui la stessa è giunta, ma la conferma della tesi del ricorrente si ricava principalmente dall’articolata motivazione, che permette di apprezzare l’iter logico del giudizio e di verificarne la solidità nel confronto con i pareri pro veritate dei consulenti di parte.

25. A questo punto, l’unica deduzione plausibile è che il giudizio negativo originariamente espresso dalla Terza Sottocommissione istituita presso la Corte d’Appello di Cagliari sia viziato da fraintendimento del contenuto degli elaborati del ricorrente. Le ragioni di tale fraintendimento restano imperscrutabili, a causa della mancanza di motivazione, ma la prova dello stesso può dirsi raggiunta per effetto della corrispondenza tra le valutazioni dei consulenti di parte e quelle prodotte dalla verificazione. Considerata l’accuratezza dell’analisi svolta prima dai consulenti di parte e poi attraverso la verificazione non sembrano residuare zone d’ombra nelle quali possano insinuarsi ragioni contrarie alla valutazione positiva degli elaborati ai fini dell’ammissione alla prova orale.

Conclusioni

26. Il ricorso deve quindi essere accolto, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato e la declaratoria del diritto del ricorrente a sostenere la prova orale dell’esame in questione. La particolarità dei problemi trattati consente l’integrale compensazione delle spese di giudizio. Il contributo unificato è a carico dell’amministrazione ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 n. 115. Anche il compenso per la verificazione dovuto ai componenti della Prima Sottocommissione istituita presso la Corte d’Appello di Milano è a carico dell’amministrazione, e può essere liquidato complessivamente nell’importo di € 750, oltre agli oneri di legge, da ripartire in quote uguali tra i suddetti componenti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei sensi e agli effetti precisati al punto 26 della motivazione.

Spese compensate.

Contributo unificato e oneri della verificazione a carico dell’amministrazione, come precisato in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere, Estensore

Stefano Tenca, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/11/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza

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